giovedì 28 febbraio 2013

Rimedi per la cura all'invecchiamento direttamente dal 1915


In un mondo sempre più multimediale, la donna senza dubbio ricopre un ruolo importantissimo se non fondamentale solo apportando la sua presenza.
Non è un mistero che le pubblicità più seguite siano quelle che ripropongono top model e bellezze fulgide seminude o coperti da veli semitrasparenti, o che i programmi ed i film più seguiti siano quelli che prevedono nel casting donne statuarie, dai sorrisi smaglianti ed ammalianti.


Irina Shayk, modella di Intimissimi


La taglia 90 – 60 – 90 oggi è il canone standard per definire la bellezza, sempre contraddistinta da un make up perfetto ed un look sempre curato nei minimi dettagli. Tanto da dedicare interi programmi televisivi su trucco, parrucco e abiti (tipo Clio make up, seguitissimo su Real Time o Bucce di Banana su La7D, in cui Giusy Ferrè da consigli su abbinamenti e moda da seguire).

In fondo la donna è sempre stata la versione perfetta dell’essere umano, denudata dai più celebri artisti e laudata dai poeti di ogni epoca; è sempre stata il prototipo più vicino alla visione della divinità. Per quanto, la visione della figura femminile nel passato probabilmente non collima con quella più spregiudicata, femminista e fatale di oggi.

Ritrovandomi casualmente il Corriere della Domenica datato 15 – 21 febbraio 1915 (ebbene lavorare in Archivio porta a questi benefici elitari), mi son imbattuto in un articolo che mi ha dato modo di ragionare e poter paragonare a distanza di un secolo, il modo di curarsi di una donna, i consigli su trucchi e maschere, la via per poter sembrare più belle.

L’articolo, intitolato “La donna imbruttisce? Una società pro bellezza muliebre”, già apre a quella che era la visione della donna, improntata sul suo ruolo di moglie.


L'articolo di giornale suddetto, custodito all'ACS di Roma

Il primo interrogativo pare provenire dalla presa visione di una rivista americana: The family, che agli albori del 1915, lanciò un’evidente grido alle donne del continente oltreoceano, ricordando loro che la donna imbruttisce invecchiando (che strano che nessuno lo avesse pensato prima) e spingendo queste a pubblicare (in un periodo di presa consapevolezza delle proprie capacità e dei propri diritti) migliaia di opuscoli densi di consigli su come limitare la bruttezza, o meglio preservare la bellezza con l’avanzare dell’età.

Ivi, particolare attenzione veniva concessa all’igiene e ad una dieta ragionevole, alla pulizia ed all’esercizio; importante si rivelava anche respirare aria pura e dormire il giusto necessario. Probabilmente per noi sembrano affermazioni scontate, ma contestualizzandole ad un secolo di distanza, in un periodo in cui non vi era una fluida fruizione e circolazione di opuscoli e libri, ed il parere di un dottore costava sin troppo, consigli del genere erano da carpire come oro colato.

Anche per le rughe veniva apportato il giusto metodo per evitare che queste si manifestassero il prima possibile e solcassero i visi perfetti delle lettrici. Era auspicabile che la donna non contraesse il viso esageratamente in risa e smorfie ed imparasse a regolarsi sin da bambina: la lungimiranza in questo caso si sarebbe rivelata l'unica via di salvezza. Ma quale bambina di sei anni, pensa a non smorzare un sorriso pensando all'effetto che questo gesto si possa ripercuotere a distanza di quarant'anni?

Ancora, i vestiti attillati, le scarpe ed i guanti stretti non erano consigliati, poiché impedivano la circolazione del sangue in modo fluido, che si tramutava in un colorito del volto anomalo.
Anche la cura dei capelli non veniva lasciata al caso: la spazzolata veniva descritta come l’operazione principale ad ottenere una capigliatura perfetta; seguivano consigli sulla giusta acconciatura al fine di favorire il giusto equilibrio tra viso, fronte e capelli e sulla miscela migliore (l'equivalente dello shampoo dei giorni nostri) da apportare ai capelli durante il lavaggio: no all’ammoniaca ed ai saponi, si al succo di limone nell’acqua.

La cosa divertente è data dal riscontro delle cose che assolutamente andavano evitate per poter apparire sempre belle a prescindere dall’età, per cui era sempre meglio non asciugarsi con asciugamani grossi e ruvidi ed evitare di adoperare per il viso acqua troppo fredda. 
Ma piuttosto, udite udite donne del XXI secolo! Pare che applicare una maschera di farina di avena polverizzata, mescolata ad un po’ d’acqua, per tre volte a settimana rendesse la pelle vellutata; metodo sicuramente preferibile al lavaggio del viso con acqua e sapone, che veniva fortemente sconsigliato.
E allora fermi tutti! La domanda qui diviene lecita: se la pratica di una lavatura sobria era assolutamente deleterea, da dove deriva il luogo comune per cui la donna più bella è quella acqua e sapone?! 

Nessun commento:

Posta un commento