domenica 26 aprile 2015

L'arte vittima del nazismo tra messa all'indice, trafugamento e distruzione.

È indubbio che storicamente parlando gli anni in cui si sono sviluppati l’avvento dei regimi totalitari prima e lo sviluppo della Seconda Guerra Mondiale poi, abbiano visto in prima linea anche la storia dell’arte quale protagonista non solo dell’evoluzione della società e del pensare comune di quel lasso di tempo, ma anche come vittima in prima persona degli errori (ed orrori) che questi hanno generato.

Caravaggio, Ritratto di cortigiana, 1597,
olio su tela, già al Kaiser Friedrich Museum,
perso durante l'incendio del 1945 al
Flakturm Friedrichshain di Berlino. 
Caravaggio, San Matteo e l'Angelo, 1601,
olio du tela, già al Kaiser Friedrich Museum,
perso durante l'incendio del 1945 al
Flakturm Friedrichshain di Berlino. 

E se in Italia non possiamo parlare di un vero e proprio dolo nei confronti dell’arte, per quanto questa sotto il fascismo sia diventata meramente propagandista attraverso la pittura e scultura futuriste e l’architettura di regime, sotto la Germania Nazista l’arte subisce una vera e propria pugnalata, essendo soggetta a decisioni derivanti da una politica scellerata a riguardo.

G. Dottori, Polittico della Rivoluzione Fascista, 1939, tempera su tavola, Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma

È il caso dell’ideale nazista dell’arte degenerata, secondo il cui pensiero, ogni opera d’arte contemporanea che si discostasse dagli ideali e dai canoni di bellezza e veridicità del passato, non meritava di dover esser contemplata o ricordata: di qui la messa all’indice delle opere degli artisti contemporanei nelle diverse mostre sull’arte degenerata, una tra tutte quella di Monaco del 1937, poi successivamente il rogo pubblico degli stessi dipinti.

Spettatori della mostra sull'arte degenerata tenutasi a
Monaco nel 1937. Nello specifico le due signore sono
intente ad "ammirare" Strada di Berlino di E. L. Kirchner
Dipinti di Mark, Munch, Ernst, Kirchner, Nolde, Dix, Chagall, Grosz, Picasso e molti altri artisti appartenenti alle nuove avanguardie che a inizio secolo si svilupparono in Francia, Russia e Germania, come il Fauvismo, la Nuova Oggettività, l’Espressionismo Tedesco, o il Cubismo. Dipinti andati irrimediabilmente, purtroppo perduti, nonostante ancor oggi capiti che si affacci speranzoso qualche caso di ritrovamento presso abitazioni private degli ereditari di grandi collezionisti o funzionari nazisti che preferirono, in una piena visione lungimirante della cosa, conservare piuttosto che ardere le preziose tele e disegni (si veda il ritrovamento a Monaco di 1500 opere nell’appartamento di Cornelius Gurlitt, figlio del noto collezionista Hildebrand, datato al novembre 2013).

Allestimento di una delle sale della mostra sull'arte degenerata tenutasi a Monaco nel 1937.

Michelangelo,
Madonna di Bruges,
1503 – 1505, marmo,
Chiesa di Nostra Signora,
Bruges
O ancora come nel caso del trafugamento delle opere dai musei delle città conquistate volta per volta dall’esercito tedesco, opere che, vittime di una vera e propria requisizione, furono imballate e inviate nelle miniere di alcune cittadine tedesche per essere esposte nel grande museo di arte che Hitler avrebbe voluto creare a Linz una volta finita la guerra.

Tra queste configuravano opere provenienti dal Louvre e dai musei francesi e italiani, dalle cattedrali belga, olandesi e francesi; opere del calibro della Madonna di Bruges di Michelangelo, trafugata nel 1944 dalla Chiesa di Nostra Signora presso la città fiamminga e del Trittico dell’Agnello Mistico – altrimenti Pala di Gand – di Jan Van Eyck, inviata preventivamente al Vaticano dai sacerdoti della cattedrale per evitare che finisse nelle mani dei nazisti, ma intercettata e trafugata.


J. Van Eyck, Trittico dell’Agnello Mistico, 1426 – 1432, olio su tavola, Cattedrale di San Bavone, Gand

Stephen Kovalyak, George Stout e Thomas Carr Howe 
mettono in salvo la Madonna di Bruges di Michelangelo
rinvenuta presso una miniera tedesca nel 1945.
Opere che sono le protagoniste del film del 2014 Monuments Men, basato su una storia vera, secondo cui una troupe di storici dell’arte, direttori di musei, architetti e collezionisti anglo- franco-americani provvide negli ultimi anni della guerra a cercare, salvaguardare, catalogare e riconsegnare tutte le opere depredate dai nazisti.

Ovviamente essendo alquanto veritiero, il film racconta anche l’orrore derivante dalla bolla emanata da Hitler di distruggere qualunque cosa sopravvivesse alla sua morte: infrastrutture, armamenti e non meno opere d’arte. Cosa che effettivamente fu eseguita dai plotoni nazisti a guerra quasi ultimata, che con la loro decisione condannarono migliaia di opere d’arte all’oblio e al mancato godimento di un pubblico futuro.

Soldato americano osserva alcune opere trafugate dai nazisti

Piccolo caso emblematico del film è dato dall’appicco del fuoco su un’opera ritenuta di Raffaello, il Ritratto di Giovane Uomo (che taluni studiosi credono essere un suo autoritratto giovanile), depredato dai nazisti durante l’invasione della Polonia nel 1939, dal Museo Czartoryski di Cracovia assieme alla Dama con l’ermellino di Leonardo, seconda di un “dittico” acquistato dai conti Czartorysky nel 1798 per la propria collezione. Quest’ultima oggi è sita nel Castello Wawel, dopo esser stata ritrovata in una miniera di sale, godendo per l’appunto di una sorte migliore rispetto al primo dipinto.

Leonardo da Vinci, Dama con l’ermellino,
 olio su tavola, 1490, Castello di Wawel, Cracovia
I Monuments Man ripongono la Dama con l’Ermellino
nella cassa, per rispedirla in Polonia, Aprile 1946





Un dipinto che si credeva perduto sino al luglio del 2012, quando un portavoce dell’Ufficio per la Restituzione dei Beni Culturali del Ministero polacco degli Affari Esteri ha dichiarato alla stampa la lieta notizia secondo cui il ritratto sarebbe stato ritrovato nel bunker di una banca di una Nazione le cui leggi sono favorevoli alla restituzione, non specificando però di quale stato si tratti; dichiarazione che quindi renderebbe del tutto fuorviante la vicenda narrata nel film hollywoodiano.

Ma la notizia apparsa su tutti i giornali nei primi di agosto dello stesso anno, ancor oggi non ha avuto un seguito. Ad onor del vero però è molto probabile che, essendo il caso molto delicato dato che si parla di un dipinto di inestimabile valore, le trattative per riaverlo in Polonia non siano ancora concluse e che quindi a riguardo viga il silenzio stampa più assoluto. Di sicuro attendiamo fiduciosi l’evoluzione della vicenda, sperando che il ritratto dell’artista urbinate torni a brillare di luce propria nel castello di Wawel accanto alla Dama con l’ermellino, dopo 70 anni di riposo in un bunker.

Raffaello, Ritratto di giovane, 1516 – 1517, olio su tavola, già nel Museo Czartoryski, Cracovia