sabato 1 giugno 2013

Pif, Roberto Saviano e l'importanza di schierarsi

Il testimone, programma condotto magistralmente da Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è probabilmente uno dei programmi più interessanti e formativi che la tv italiana attualmente ci offre. Come tradisce il nome, Pif documentando con la sua videocamera a mano, le situazioni argomentanti il tema scelto della puntata, testimonia le diverse realtà presenti in Italia.

Pif, conduttore e ideatore de' Il Testimone, su MTV
Ricordo molto piacevolmente una delle puntate registrate dal comunicatore, incentrata sulla situazione italiana per quanto ne concerne il cambio di sesso: attraverso domande delicate e semplici da concepire, spiegò un mondo per alcuni versi ancora sconosciuto ai più; raccontò la vita di tutti i giorni di Giulio, Christian e Mattia, tre ragazzi nati donna, che nel pieno della maturità hanno trovato il coraggio di modificare il loro corpo e ricongiungerlo alla loro anima.

Probabilmente, almeno a mio avviso, la puntata de Il testimone più intensa, elegante ed educativa di sempre è stata quella che ha chiuso la quinta stagione, che ha avuto come oggetto Roberto Saviano, il noto giornalista vessato dalla camorra (essa non merita una maiuscola per quello che è, quindi il discorso varrà anche per le prossime volte in cui userò il termine) per aver raccontato la realtà mafiosa del suo paese.

Creando un leggero preambolo prima di affrontare la questione, per chi non conoscesse il giornalista, Roberto Saviano è l’autore di Gomorra - Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra, libro nel quale si racconta in modo nudo e crudo il mondo affaristico, imprenditoriale e soprattutto criminale della camorra, nel territorio in cui si esplica.  

Napoli, Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, l'agro aversano, sono tutti luoghi vissuti dallo scrittore, che, quindi, conoscendo le realtà che lo hanno condizionato, ha deciso nel 2006 di rivelarle alla gente, - sicuramente non ignara ma omertosa - come a volerla spronare a schierarsi nella vita a fianco di quello che per noi è il senso di giustizia e verità.

Il libro parla di boss malavitosi che si son creati a loro gusto un mondo lussuoso, di ville identiche a quelle Hollywoodiane, costruite coi soldi ottenuti dallo smaltimento di rifiuti tossici nelle campagne campane per conto di mezza Europa; di un popolo che ormai convive con questa criminalità organizzata, e che addirittura la protegge e ne approva l'operato.

Saviano nel suo libro narra di come agisce il Sistema (lui la camorra la chiama così), che adesca nuove reclute appena adolescenti, facendo loro credere che la loro sia l'unica scelta di vita possibile; narra della convinzione e dell’arroganza di questi boss-bambini nel pensare che l'unico modo di morire come un uomo vero sia quello di morire ammazzati.

Ovviamente con questa eclatante denuncia, il giornalista ha attirato a sé le attenzioni della camorra, che esplicitamente gli ha fatto pervenire messaggi minatori. Sin dal 2006 quindi, vive sotto scorta, lontano da Napoli, dalla Campania, senza poter avere fissa dimora, senza poter stilare un calendario a lungo termine per quanto ne concerne impegni lavorativi e professionali, senza poter vivere una vita degna, forse, di essere chiamata tale.

Pif e Saviano, alla presentazione di ZeroZeroZero alla Feltrinelli di Napoli
Nella puntata de’ Il testimone, Pif racconta una giornata con Saviano: una giornata speciale, perché documentante il ritorno in terra natia dell’autore del tanto chiacchierato libro, per presentare il nuovo libro incentrato sulla cocaina, ZeroZeroZero, un altro documento di denuncia da parte di chi non vuole arrendersi. E Pif lo fa con una delicatezza degna di nota, senza essere invadente, ponendo le domande giuste e tacendo quando il caso lo richiede.

D’altro canto, Saviano non si è risparmiato dal raccontarsi; ha spiegato le sue paure ed il suo dispiacere nel non poter vivere una vita normale: dietro ogni gesto, dietro ogni decisione che non sia di stampo professionale, si nasconde un mondo che attiva i meccanismi che permettono la sua concretizzazione.

Il giornalista spiega, nell'intervista fatta durante il viaggio per raggiungere la libreria di Napoli, che anche per uscire a prendere un gelato, bisogna attivare la “macchina” della scorta: giri di telefonate, agenti che devono mollare le famiglie per poterlo proteggere. E spesso questo lo ha indotto a rimanere a casa, a non “creare disturbo”, ben sapendo che è nei suoi diritti poterlo fare.

E sempre nella stessa occasione racconta della sicurezza datagli dalla visiera del suo cappellino, che quando la abbassa sugli occhi si sente raccolto in se stesso, lontano dagli sguardi, dalla paura.
Perché è una eterna paura la sua vita. Devi abituarti ai viaggi ansiosi ed ai repentini sballottamenti in auto, devi superare il timore di agguati, devi attendere che ogni luogo in cui entrerai sia prima controllato dagli artificieri. Non è un bel vivere questo.

Eppure nonostante ciò la sua vita continua. È sicuramente stata un’emozione vederlo camminare nella sua amata Napoli, respirare finalmente l’aria di casa. Anche se solo per qualche secondo, anche se solo per qualche tratto. E' percepibile dal video trasmesso, l’ansia del giornalista, la tensione di parlare ai suoi concittadini e la paura che qualcosa andasse storto. Noi non ci pensiamo perché diamo per scontato che vivremo a lungo, ma per chi la morte la sente ogni volta che esce di casa e spesso anche quando vi è dentro, ogni minimo palpito è un boato.

Roberto Saviano 
Ma Saviano l’eroe, Saviano il diffusore della verità, non è una corazza di ferro. È un uomo che sorride, un uomo che ride, giudica e alza le spalle a chi fa finta di non conoscerlo per la paura di ritorsioni. E ride ancora quando Pif gli fa vedere i luoghi e le persone che ha vissuto prima dello stress post Gomorra, la libreria in cui è cresciuto, il museo archeologico in cui perdeva interi pomeriggi e ancora, casa sua.

Rimango basito quando penso che molte persone si chiedono come egli ancora non sia stato ucciso dalla camorra; non capisco come solo si possa pensare una cosa così aberrante, però poi mi rispondo confermando a me stesso che è comunque una domanda lecita: anche se la mafia non esiste, esiste. Ed è potente, spregiudicata, non ha freni; ha talpe ovunque. In effetti può farlo fuori quando vuole.
Poi penso a quella che è la considerazione di un amico, che discutendo su questo, pensa che in fondo alla mafia conviene non uccidere Saviano: sarebbe come ammettere che ciò che dice è vero.

Non so qual è la verità. Forse la verità è che se è possibile aprire un discorso - molto surreale – sulle future sorti di un uomo, quotando la sua tragica fine o serena continuazione della vita, allora siamo alle pezze. Probabilmente ha ragione Pif: se ci fossero più Saviano e meno omertosi, se anche noi nel nostro piccolo facessimo qualcosa per debellare questo male, per schierarci attivamente a protezione di ideali e di giustizia, la nostra coscienza di cittadini sarebbe serena e magari il mondo, l’Italia, sarebbe un po’ diversa.

E invece oggi ci ritroviamo qui, a rimpiangere Borsellino e Falcone, a ricordare Peppino Impastato e a dirci che questo non deve più accadere. Facendo però finta allo stesso tempo, magari, che i casi Saviano non esistano, che sia normale che chi ha cresciuto il giornalista, che chi lo ha visto in giro per le strade sin da piccolo, alla domanda di Pif: “Conosce Saviano? Se lo ricorda?”, rispondano: “Certo! Sta parlando del salumiere, no?”.

Suvvia, Saviano lo conoscono tutti. Lo conosco io, che sono canosino, lo conosce chi vede Che tempo che fa, lo conosce chi vede assiduamente Il testimone e lo conosci tu, che stai leggendo questo post. Figurati se non  lo conoscono i suoi concittadini, che hanno le loro attività e le loro case sulla stessa strada della sua.

Meno male che Roberto Saviano ride quando assiste a questa “paura”; lo capisce, la giustifica in qualche modo: non tutti hanno il suo coraggio, non tutti sono capaci di schierarsi.

Ride Saviano e quando ride sembra un bambino. Perché è sempre emozionante rivivere i luoghi e le persone della propria infanzia, anche quando parte di questi ti rinnega, anche quando sai che non potrai tornarci forse mai più. 

Posto a seguire la puntata de Il testimone appena discussa. Se avete 45 minuti da dedicare alla causa fatelo. Anche solo questo gesto potrebbe rivelarsi uno schieramento. Fidatevi.