R. Lichtenstein, M-Maybe, 1965, olio su tela, Museo Ludwig, Colonia. |
Se scrivessi Lichtenstein
su Google Immagini, apparirebbero pagine su pagine, - almeno le iniziali – in cui
dipinti di donne con la tecnica del puntinato Ben-Day, si sovrappongono una
sull’altra, una dopo l’altra. E ovviamente non è un caso, soprattutto se si
stanno cercando informazioni iconografiche sull’artista contemporaneo ancor più
che sullo staterello europeo, che è il Liechtenstein.
L’artista americano
infatti, nato nel 1923 a New York e morto nella stessa nel 1997, è conosciuto
soprattutto per aver avuto il genio di trascinare la tecnica fumettistica del puntinato
ad un settore più selettivo ed elitario quale l’arte, permettendo così una
sorta di fusione straordinaria tra l’arte del popolo, il fumetto, e l’arte
degli estimatori, ritraendo molto spesso figure femminili.
Guardando attentamente
oltre alla tecnica, è facile notare come l’artista ami molto riprodurre i primi
piani delle donne. Donne che per quanto appartengono alla generazione anni ’60,
non ricordano Sandy di Grease o la signora Cunningham di Happy Days: sono donne
moderne, proiettate in un mondo che le vede protagoniste al pari degli uomini;
donne dai baveri delle camicie alti e dallo sguardo fiero. Ma pur sempre
sensuali nei loro rossetti fatiscenti e fragili nelle loro lacrime.
R. Lichtenstein, Look Mickey, 1961, olio su tela, National Gallery of Art, Washington D.C. |
Ma, affermato ciò, ampliando
la cosa ad una visione generica che riguarda un po’ tutti gli artisti, sarebbe
sbagliato etichettare l’artista soltanto alla corrente che lo ha reso noto,
perché Lichtenstein non è solo donne, puntinato e fumetto, per quanto questa
sia da considerarsi una fase molto importante – se non la più importante – del
suo operato.
Premesso quindi che, senza
dubbio Liechtenstein deve la sua fortuna critica all’idea di rendere
“artistico” il fumetto, perché la sua idea di riprodurre su una tela, una parte
(quale un quadrato) della pagina di Topolino, letto da milioni di persone, ha
reso possibile una sorta di fusione tra due interessi simili ma diametralmente
opposti - il fumetto, amato dalla gente, e l’arte, spesso denigrata, non
capita, contemplata da gruppi di nicchia ed elite, – è giusto rendere giustizia
a quella che è stata la sua esperienza artistica e lavorativa nel corso della
sua vita, che quasi sempre ha esulato da tutto ciò.
R. Lichtenstein, Femme d'Alger, 1963, olio su tela, The Eli and Edythe L. Broad Collection, Los Angeles. |
Perché Roy Lichtenstein,
come dimostra la sua storia, nella sua longeva carriera di pittore e scultore, prima
di arrivare all’intuizione che gli ha fruttato l’immortalità, ha fortemente
voluto intraprendere la strada della conoscenza e dell’approccio di diversi
metodi e tecniche che, di volta in volta lo hanno portato a sperimentare sempre
più nuovi soggetti e nuove idee.
L’artista infatti, per
quanto va probabilmente collocato tra i precursori della Pop Art, vide articolare la sua formazione nel periodo
prebellico, sino ad ultimarla a ridosso degli anni ’50.
Quegli anni ’50 che a
New York sono gli anni del tardo dopoguerra ed i primissimi anni del boom, gli
anni dell’avanguardia. Quegli anni che plasmano una prima cellula della Pop
Art, ma non per Liechtenstein, che ancora in cerca di una sua collocazione ed
identità, sperimentava idee approcciando dapprima al cubismo e ancora
all’espressionismo.
R. Lichtenstein, Autoritratto, 1951, olio su tela, collezione privata. |
Persino la strada del De Stijl venne percorsa da Roy Liechtenstein, che non si
lasciò rimpianti alle spalle: le diverse fasi di Lichtenstein sono continue
prove di una sua voglia di sperimentare, di conoscere, di incorporare ed
evolvere stili conosciuti, ma mai per propria mano. Fanno parte di quella che
si può definire “l’eterna fase accademica” dell’artista.
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