Non volevo arrivare a
tanto, ma giunti a questo punto, devo proprio asserire che l’Italia non merita
quanto ha da offrire in materia di arte.
La mia affermazione ovviamente
non è fine a se stessa: nell’ultimo mese diverse realtà analizzate in prima
persona e storie di cronaca mi hanno colpito in prima linea, tanto da
sviluppare ulteriormente una coscienza già abbastanza persistente, in materia di
preservazione, conservazione, tutela e valorizzazione di beni culturali.
La mano della statua del gruppo de' L'Annunciazione di Giovanni d'Ambrogio,danneggiata da un turista americano. |
Già come denunciato in
altre occasioni, in una visione che spazia dal territorio di residenza all’intera
nazione, ho avuto modo di notare spiacevolmente le politiche attuate in materia
di beni culturali. In primis nella mia terra natale, Canosa di Puglia, in cui
monumenti del calibro di un ipogeo del V secolo A.C. vengono tutt’oggi lasciati
al degrado assoluto,mentre enti pseudo-museali sono abbandonati all’anarchia; ancora
nelle diverse regioni della nazione, come in Sicilia, il cui il Museo Regionale di Messina non
dispone di una struttura adibita, da ben 105 anni.
Storie, quelle citate,
che lasciano il tempo che trovano, essendo realtà ormai consolidate da anni, in
una nazione che ancora ai giorni nostri non presenta particolari cambiamenti. È notizia del 5 agosto 2013, quella
riguardante il danneggiamento di una statua rappresentante la Vergine, parte integrante
di un gruppo scultoreo in marmo di Giovanni d'Ambrogio, raffigurante
un'Annunciazione.
Cattedrale di Trani, XII secolo. |
E laddove non vi è
neanche segnale di vigilanza, si arriva allo scempio: qualche giorno prima del
deturpamento della mano della Vergine, la scritta “Shotty#1 crew” eseguita con
pennarello nero, campeggiava sui marmi di una delle facciate del Battistero di
Firenze, mentre scritte inneggianti a Juventus e Inter, sporcano tutt’oggi le
mura di una delle nicchie della Cattedrale di Trani, uno degli esempi più
ammirati e sensazionali del romanico pugliese.
Però ad onor del vero,
la mancanza o inefficienza di vigilanza non è l’unica persistente lacuna in
rapporto alla tutela. Altro dato preoccupante è senza dubbio quello inerente
alla superficialità con cui si concedono prestiti di opere d’arte, ed alla poca
meticolosità in materia di trasporto. Come dimostra il caso dell’ormai
irrecuperabile bassorilievo canoviano di Perugia, datato 2 agosto dello stesso
anno.
A. Canova, L'uccisione di Priamo, 1787 - 1792, calco in gesso, Accademia d'Arte, Perugia. |
A. Canova, Stele funebre a Giovanni Volpato, 1805, marmo, Basilica dei Santi Apostoli, Roma. |
Probabilmente nessun
restauro potrebbe riportare l’opera allo splendore di qualche settimana fa, per
cui si può affermare che un pezzo di storia dell’arte italiana sia tristemente
perso; così come penso possa perdersi con gli anni, un’altra opera del giovane
Canova, la stele funebre a Giovanni Volpato esposta nell’esonartece della Basilica
dei Santi Apostoli a Roma, che andrebbe piuttosto preservata da ogni aggressione
climatica, vandalica e microbica, perché documento importantissimo dei primi
approcci dell’artista con lo stile Neoclassico.
Di tutta quest’ultima
storia probabilmente la cosa più triste è che la notizia è stata nascosta all’attenzione
dei cittadini per non creare ulteriori allarmi: in un periodo in cui il governo
si tiene in piedi col rotto della cuffia, un disastro del genere avrebbe senza
dubbio screditato il Ministero per i Beni e le Attività Culturali di Massimo
Bray e denunciato la politica di interessi che si aggira dietro al mercato dell’arte.
Rovine di Pompei. |
Ad ogni modo tutte
queste piccole perle di negatività fanno capire come il paese che detiene il
70% dei beni patrimonio dell’Unesco non sappia gestire ciò che è di proprio
possesso. Un dato di fatto che oggi più che mai lascia sgomento e tristezza alla
luce di quanto deciso per il sito archeologico di Pompei, affidato all’Università
di Monaco, che, attraverso la “Pompeii Sustainable Preservation Project",
si propone di
salvare Pompei in 10 anni densi di restauri,
ricerca e formazione.
Germans do it better.
RispondiEliminaBy the way, "plììs-visit-Italy" (cit.)
Not only Germans, do it better. Even English.
RispondiEliminaPare infatti che anche i cugini anglosassoni ci sappiano fare in materia di valorizzazione: linko qui un articolo scritto ad otto mani con altri tre colleghi ed amici e pubblicato sul blog del mio amico Stefano, che racconta una realtà a cui non siamo abituati:
http://stefanocominale.blogspot.it/2013/04/ops21-2013-dc-welcome-pompei.html
Come vedi tutt'altra storia.
Tu hai citato Rutelli ed il suo inglese maccheronico con cui invitava gente dal mondo a visitare il biutiful cauntri, io ti cito i tre B: Bray, Bondi e Buttiglione.
E direi che possiamo fermarci qua, dato che è ora di cena.