La
sostanziale differenza tra l’arte moderna e quella contemporanea, sta
nell’individuare la peculiarità del genio che le ha caratterizzate. L’arte
moderna vede l’exploit di un genio accademico ed imitatore della natura, un
genio che tende alla perfezione, che esagera negli artefizi e straborda nei
particolari; l’arte contemporanea è da identificarsi in un genio che studia le
scienze e le applica a questa, lavorando di concetti ancorché di maestria, come meglio spiegato nella svirgolettata L'arte tra accademismo e concetto.
È
premettendo questo, che è possibile delineare l’importanza della Fontana di
Marcel Duchamp, autore del ready-made sotto lo pseudonimo di R Mutt.
La
dicotomia di pensieri soggetti all’analisi ed alla valutazione di questa opera
d’arte non è da trascurare. Personalmente mi è accaduto di partecipare a
discussioni dove da un lato qualcuno elogiava il genio di Duchamp e dall’altro
qualcun altro, probabilmente amante dell'arte moderna anziché contemporanea, lo metteva alla berlina.
La
domanda focale della discussione era: Duchamp è un genio, un provocatore o è
solo un tizio X che capovolgendo un orinatoio si è trovato ad esser celebrato
dalla critica contemporanea?
J. Pollock, Convergence, 1952, olio su tela, Albright Knox Art Gallery, Buffalo. |
Quindi
perché accettare come assoluta verità che Duchamp sia un genio anziché no?
La
risposta a mio giudizio è da riscontrarsi nel modo in cui si vede l’opera, nel
modo in cui la si contestualizza e la si analizza. Non bisogna mai fermarsi
all’idea primordiale che abbiamo di un artista o di un’opera, al suo
significato primo o al nostro mero gusto estetico. La giusta via per interpretare
in modo lineare e il più possibile veritiero, sta nel metter da parte le nostre
convinzioni e cercare la chiave di volta – o di svolta – che dia il la ai
chiarimenti necessari.
M. Ray, Cadeau, 1972 (replica dell'originale del 1921), ferro, Tate, Londra. |
Nel
1917, già da un anno si andava delineando una nuova corrente, il Dadaismo, una
corrente che apportò alla storia dell’arte novità eclatanti: per la prima volta
arte era tutto e non era nulla, per la prima volta lo sgomento e il disagio erano
creati non attraverso un uso innovativo dei colori o attraverso nuovi
tecnicismi e nuove composizioni affatto accademiche, ma attraverso i ready –
made, ricomposizioni o fusioni, spesso
con fare provocatorio, di oggetti che, se presi individualmente avevano una
loro funzione, come un ferro da stiro e dei chiodi, ma se fusi tra loro
portavano ad un disagio esistenziale nell’utente.
Il Cadeau, di Man Ray, non era altro che
un ferro da stiro con impiantati dei chiodi sul verso.
G. Klimt, Judith II, 1909, pittura su tavola, Galleria Internazionale d'Arte moderna, Venezia. |
Come
immaginabile, ovviamente le previsioni dell’artista furono confermate: la
Fontana fu inizialmente rifiutata prima dai giudici, che non sapevano come
collocare una simile opera fuori dagli schemi anche per un salone dal sapore innovativo, poi
dalla critica e da una società non ancora pronta a questi apporti.
Una
fotografia di questa, fu tuttavia pubblicata sulla rivista «The Blind Man»,
edita dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di difendere l’ignoto autore
dell’opera, scrisse:
“Non
è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no.
Egli l’ha scelta. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni
giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso
sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di
pensare quell’oggetto”.
Cosa
significa tutto questo?
Innanzitutto
sarebbe auspicabile analizzare la validità dello pseudonimo. Perché R. Mutt tra
una miriade di possibili pseudonimi? È un caso?
R.Mutt,
racchiude la chiave di lettura dell’opera, essendo l’anagramma della prima
riconduzione all’opera. Anteponendo il cognome all’iniziale del nome, R,
abbiamo la parola Mutter, che significa madre, in tedesco.
La Fontana, con la
sua firma che anagrammata da la fonesi di Mutter, riprende il concetto della
Terra Madre che prolifera, - vedi la Venere di Willendorf , la Venere di Savignano
- dimostrando che questo non si perde
nei secoli, ma anzi, addirittura si evolve e si modifica nella geometrizzazione
dell’organo che ha le fattezze approssimative di un triangolo smussato quale la
Fontana, così come farà Klimt nelle sue tavole, i cui triangoli e rettangoli
diventano il simbolo degli organi genitali femminili e maschili.
Ancora,
soffermiamoci sul significato che Duchamp da al ready-made: prendere un articolo ordinario della vita di
ogni giorno e collocarlo in modo tale che il suo significato d’uso scompare
sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista, così da creare un nuovo modo di pensare
quell’oggetto.
M. Duchamp, Fontana, 1917 /1964, ceramica, Galleria d'Arte Moderna, Roma. |
L’orinatoio
è un oggetto atto a ricevere l’urina
espulsa dal nostro corpo: una sostanza che ha perso della sua organicità, che
non ha alcun valore, che non è necessaria al nostro organismo, tanto che questa
la espelle. Traslando l’orinatoio, sino a trasformarlo in fontana, non solo si
vede l’oggetto sotto un nuovo punto di vista, ma gli si da una nuova funzione
diametralmente opposta: lo stesso oggetto, adesso è utilizzabile come
dispensatore di acqua, linfa vitale per il nostro organismo. Non più riceve, ma
da.
L’orinatoio
originale utilizzato da Duchamp stranamente andò smarrito quando fu smontata la
mostra nel 1917. Solo nel 1964 Duchamp autorizzò una replica di quel suo
ready-made che fu acquistata dal collezionista milanese Arturo Schwarz. Da
qualche anno esso è esposto nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Dei
diversi ready-made da lui realizzati, questo rimane di certo il più provocatorio
ed irridente al mondo dell’arte. Opera che segna un punto di non ritorno:
accettarla tra i capolavori d’arte significa essere disponibili al gioco
ironico del non prendersi mai sul serio.
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