Logo dei F.lli Steffanoni, abili restauratori bergamaschi di inizio secolo. |
Ritrovare tra le foto,
le immagini e le postille che conservo in una cartella del pc chiamata Miscellanea d’arte,
il logo della carta intestata di una ditta di fratelli restauratori bergamaschi,
mi ha riportato alla bellezza dello stile sinuoso dell’Art Noveau; una corrente
che avevo riposto in un cassettino della memoria da qualche anno, se non in
occasione della svirgolettata sulla curiosa morte di Isadora Duncan.
Ebbene, l’ammirazione
verso il logo, che ospita un esplosione di grovigli attorno ad un rettangolo,
con tanto di scritta Belle Arti, il ricordo della svirgolettata sulla Duncan e
l’ancora persistente sensazione di pseudo-melanconia che mi ha lasciato addosso
il rapporto delicato tra il mercante d’arte Uhde e la dolcissima pittrice Seraphine Louis de Senlis, mi hanno ricordato un artista di quegli anni che in
qualche modo ha qualcosa in comune con i tre, per un motivo o per l’altro: Alfons
Maria Mucha.
A. Mucha, Moet e Chandon Champagne White Star, 1896, litografia. |
L’incontro con il
conte Khuen Belasi, avvenne dopo una prima operosa fase sperimentale in cui
plasmò quella che poi sarebbe stata la sua riconoscibilissima mano: nella
nativa Moravia, dopo aver preso il diploma liceale infatti, già da subito si
dedicò alla sua passione primordiale, lavorando come pittore decorativo di
scenografie teatrali, sicuro di poter contare sulle sue doti e sugli studi di
disegno, architettura e pittura.
Spinto dalla speranza
concreta di riuscire ad affermarsi come tale, a soli 19 anni si trasferì
quindi a Vienna, e non a caso: la capitale dell’Impero austroungarico,
proprio a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, si rivelò essere una
crocevia di artisti eccezionali, tutti sperimentanti le novità sull’utilizzo
del disegno e della linea serpentinata e sinuosa, che si sarebbero poi
tramutate nell’idealizzazione della corrente Art Noveau, in pittura come in architettura.
Qui l'artista, lavorò per
un'importante compagnia di design teatrale, che gli permise di accrescere le
sue conoscenze tecniche e artistiche, sino
a quando un incendio, distruggendo il teatro presso cui operava, lo costrinse
due anni dopo a ritornare in Moravia, dove continuò a svolgere saltuariamente l'attività
di decoratore e di ritrattista, sino ad incappare casualmente nel suo mecenate, che gli
finanziò la formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera.
Fu solo allora che si
aprì il periodo fortunoso di Mucha, che nel 1887, a 27 anni, si trasferì a Parigi, dove affinò la tecnica e continuò gli studi, sino a godere di un discreto
riconoscimento della sua arte. E sullo strascico di una fortuna che lo stava assistendo nel giusto modo, si ritrovò a ricevere la commissione di manifesti riguardanti la piece tratrale Gismonda,
un'opera di Victor Sardou con protagonista Sarah Bernhardt.
A. Mucha, Springs, 1896, litografia. |
Una volta conclusosi
il periodo di collaborazione con la Bernhardt, Mucha, ormai affermato e riconosciuto come notevole professionista, si trasferì per qualche anno in America prima di tornare a Praga, dove
continuò a produrre pannelli decorativi, cartelloni pubblicitari, illustrazioni
librarie, copertine per riviste e calendari; tutti attestanti un Mucha attivo
sul piano della propaganda, della pubblicità e dell’innovazione portata avanti
dalla massmediologia.
Tipico dello stile
Muchano è senza dubbio la raffigurazione della donna attraverso una linea
decisa e precisa, che ne rivela le forse sinuose e sensuali ma allo stesso
tempo morbide e delicate; donne spesso avvolte da veli leggeri, pepli e spesso
inserite in contesti lontani dal mondo, dal tempo e dallo spazio.
Tutt’oggi Mucha gode
di un museo che raccoglie buona parte delle sue opere artistiche, il Mucha Museum Prague, (sito a Praga come si evince dal nome) nonché di una fondazione
a lui intestata, la Mucha Foundation che si occupa di trasmettere al mondo
attraverso una accurata manovra di marketing, l’arte legata ad uno dei più
grandi artisti pubblicitari di tutti i tempi.
A. Mucha, Le fasi del giorno, 1899, litografia. |
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