domenica 1 settembre 2013

Art Noveau, pubblicità e sensualità: Alfons Maria Mucha

Logo dei F.lli Steffanoni, abili
restauratori bergamaschi di inizio secolo.
Ritrovare tra le foto, le immagini e le postille che conservo in una cartella del pc chiamata Miscellanea d’arte, il logo della carta intestata di una ditta di fratelli restauratori bergamaschi, mi ha riportato alla bellezza dello stile sinuoso dell’Art Noveau; una corrente che avevo riposto in un cassettino della memoria da qualche anno, se non in occasione della svirgolettata sulla curiosa morte di Isadora Duncan.

Ebbene, l’ammirazione verso il logo, che ospita un esplosione di grovigli attorno ad un rettangolo, con tanto di scritta Belle Arti, il ricordo della svirgolettata sulla Duncan e l’ancora persistente sensazione di pseudo-melanconia che mi ha lasciato addosso il rapporto delicato tra il mercante d’arte Uhde e la dolcissima pittrice Seraphine Louis de Senlis, mi hanno ricordato un artista di quegli anni che in qualche modo ha qualcosa in comune con i tre, per un motivo o per l’altro: Alfons Maria Mucha.

A. Mucha, Moet e Chandon Champagne White Star,
1896, litografia
Dico questo perché l’artista ceco, nato  a Ivančice, in Repubblica Ceca un tempo Moravia, è senza dubbi uno dei massimi esponenti dell’Art Noveau di inizi novecento; un uomo diviso tra il conte Karl Khuen Belasi di Mikulov, che ne riconobbe a tempo debito il talento, lo assoldò come decoratore per il suo castello e gli finanziò gli studi, e l’affinità elettiva con Sarah Bernhardt, attrice rinomata nel vecchio continente, antagonista di Eleonora Duse e di Isadora Duncan.  

L’incontro con il conte Khuen Belasi, avvenne dopo una prima operosa fase sperimentale in cui plasmò quella che poi sarebbe stata la sua riconoscibilissima mano: nella nativa Moravia, dopo aver preso il diploma liceale infatti, già da subito si dedicò alla sua passione primordiale, lavorando come pittore decorativo di scenografie teatrali, sicuro di poter contare sulle sue doti e sugli studi di disegno, architettura e pittura.

Spinto dalla speranza concreta di riuscire ad affermarsi come tale, a soli 19 anni si trasferì quindi a Vienna, e non a caso: la capitale dell’Impero austroungarico, proprio a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, si rivelò essere una crocevia di artisti eccezionali, tutti sperimentanti le novità sull’utilizzo del disegno e della linea serpentinata e sinuosa, che si sarebbero poi tramutate nell’idealizzazione della corrente Art Noveau, in pittura come in architettura.

Qui l'artista, lavorò per un'importante compagnia di design teatrale, che gli permise di accrescere le sue conoscenze tecniche e artistiche, sino a quando un incendio, distruggendo il teatro presso cui operava, lo costrinse due anni dopo a ritornare in Moravia, dove continuò a svolgere saltuariamente l'attività di decoratore e di ritrattista, sino ad incappare casualmente nel suo mecenate, che gli finanziò la formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera.

Fu solo allora che si aprì il periodo fortunoso di Mucha, che nel 1887, a 27 anni, si trasferì a Parigi, dove affinò la tecnica e continuò gli studi, sino a godere di un discreto riconoscimento della sua arte. E sullo strascico di una fortuna che lo stava assistendo nel giusto modo, si ritrovò a ricevere la commissione di manifesti riguardanti la piece tratrale Gismonda, un'opera di Victor Sardou con protagonista Sarah Bernhardt.

A. Mucha, Springs, 1896,
litografia. 
Furono proprio la meticolosità del disegno e la delicatezza ma allo stesso tempo potenza della linea, a far si che Sarah Bernhardt si innamorasse della sua arte, tanto da contrattare con lui un sodalizio della durata di 6 anni; periodo in cui Mucha produsse quantità notevoli di manifesti teatrali.

Una volta conclusosi il periodo di collaborazione con la Bernhardt, Mucha, ormai affermato e riconosciuto come notevole professionista, si trasferì per qualche anno in America prima di tornare a Praga, dove continuò a produrre pannelli decorativi, cartelloni pubblicitari, illustrazioni librarie, copertine per riviste e calendari; tutti attestanti un Mucha attivo sul piano della propaganda, della pubblicità e dell’innovazione portata avanti dalla massmediologia.

Tipico dello stile Muchano è senza dubbio la raffigurazione della donna attraverso una linea decisa e precisa, che ne rivela le forse sinuose e sensuali ma allo stesso tempo morbide e delicate; donne spesso avvolte da veli leggeri, pepli e spesso inserite in contesti lontani dal mondo, dal tempo e dallo spazio.

Tutt’oggi Mucha gode di un museo che raccoglie buona parte delle sue opere artistiche, il Mucha Museum Prague, (sito a Praga come si evince dal nome) nonché di una fondazione a lui intestata, la Mucha Foundation che si occupa di trasmettere al mondo attraverso una accurata manovra di marketing, l’arte legata ad uno dei più grandi artisti pubblicitari di tutti i tempi. 

A. Mucha, Le fasi del giorno, 1899, litografia. 

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