“Una rosa, è una rosa,
è una rosa”.
Un verso che per molti
è solo la banale constatazione di quello che è un elemento che può solo essere quello in quanto tale; un verso che per gli
estimatori delle belle cose e delle belle persone, raffigura l’essenza di
Gertrude Stein, la scrittrice che lo vergò nel 1913 nel suo poema Sacred Emily.
Kathy Bates interpreta Gertrude Stein in Midnight in Paris |
Gertrude Stein non è
un nome familiare a molti, ma forse tutti ricorderete quella grassoccia donna
magistralmente interpretata da un’impeccabile Kathy Bates nel film di Woody
Allen, Midnight in Paris, già oggetto dei miei giudizi nella svirgolettata riguardante la critica del film; matrona del salotto che apriva a poeti, scrittori e
artisti nella sua Parigi dei primi decenni del Novecento.
Detto ciò, inquadrare
la poliedrica figura di Gertrude Stein, potrebbe rivelarsi cosa non così
semplice: il genio di un artista (qualunque sia la materia umanistica di
riferimento) spesso, ma non sempre, esula per alcuni versi da quella che è la
sua biografia o fortuna critica contemporanea alla sua vita.
Infatti, se da un lato
la memorabile donna è figura da immortalare nella storia dell’arte contemporanea,
dall’altro come scrittrice non fu mai apprezzata e amata a tal punto da
diventare un’icona di riferimento. Perché Gertrude Stein, nata ad Allegheny in
Pennsylvania nel 1874, fondamentalmente nacque scrittrice e poetessa,
se volessimo guardare alle sue ambizioni professionali, per quanto sia
riconosciuta dalla critica come talent scout di artisti e scrittori.
Figlia di immigranti
tedeschi di origine ebraica, Gertrude visse l’amore per l’arte e la letteratura
grazie al contatto, ai confronti ed alle discussioni avuti con due dei suoi
quattro fratelli, Leo e Michael, critici d’arte.
Un amore che nacque
con la partenza di Leo Stein, grande appassionato dell’arte italiana
rinascimentale, a Parigi nel 1902 per tentare una doppia carriera di pittore e
di critico e mercante d’arte attraverso la creazione di una sua collezione
privata di arte moderna. Fu in questa occasione che Gertrude infatti, interruppe
gli studi di psichiatria e psicologia per raggiungere il fratello nel 1903,
anno in cui in pieno clima artistico letterario parigino, approcciò alla
scrittura.
H Matisse, Donna con cappello, 1905, olio su tela, Museo Ermitage, San Pietroburgo. |
In pochissimo tempo le
intuizioni degli Stein iniziano a fruttare denaro e notorietà: questi furono
riconosciuti come collezionisti formidabili dell’arte moderna del loro tempo,
tanto che il loro salotto artistico letterario all’avanguardia ospitava artisti
del calibro di Matisse e Picasso: proprio dal primo, Leo acquisto il dipinto Femme au chapeau, poichè affascinato dai colori sgargianti del cappello di Amelie Matisse, che in realtà non era variopinto ma nero, nonostante il dipinto fosse stato oggetto di riluttanza da parte dei giudici del Salon dove il pittore espose.
P. Picasso, Ritratto di Gertrude Stein, 1906, olio su tela, Metropolitan Museum, New York. |
Un sodalizio, quello
tra lei e l’artista, che la spinse a scrivere The Making of americans,
opera monumentale profondamente influenzata dalla pittura di Cézanne, uno dei
pittori che ella maggiormente amava, e dagli scambi di opinioni proprio con
Picasso, che però non ebbe mai il riconoscimento che ella sperava.
Ma l’amore per l’arte
e la scrittura non la fermò dall’amare carnalmente e incondizionatamente un suo
pari. Nel 1907, Gertrude, che non aveva mai fatto mistero del suo lesbismo,
incontrò Alice B. Toklas, ebrea ed americana come lei, che non l’abbandonò più per
tutta la vita restante.
Assieme ad Alice,
Gertrude quindi plasmò definitivamente il suo salotto, aprendo negli anni a
seguire la sua casa ad altri artisti e scrittori del calibro di Matisse, - che
mantenne comunque i rapporti con la critica e mecenate – Braque, Pound,
Hemingway, Thornton e la coppia più ambita degli anni ruggenti francesi, Zelda e Francis Scott Fitzgerald.
Fotografia di Gertrude Stein. |
Un salotto che la
relegò a musa dell’arte; permettendole di salvarsi dall’Olocausto - rimanendo ella
nella Francia occupata dai nazisti dopo aver rifiutato di rifugiarsi in
Svizzera – e di morire beatamente nel 1946, assistita dalla sua cara Alice,
moglie sempre servizievole e amorevole, che non di rado aveva anteposto le sue
ambizioni a quelle della più forte, prorompente ed arrivista Gertrude.
Perciò, è alla visione
di quanto detto che vi rinviterei a riguardare quel verso di Sacred Emily, “Una
rosa, è una rosa, è una rosa”. Probabilmente benché la poetica dell’autrice
tende a spiegarlo come la presa visione di quello che quella cosa è in primis,
senza fronzoli o simbolismi – la rosa può essere vista come una rosa ma anche
come il simbolo della poesia romantica, ma pur sempre una rosa è a tutti gli effetti – io penso che in fondo la
sua ripetitività ben si fonda con la poetica del suo pittore cubista tanto
amato, secondo cui, per quanto puoi scomporre ciò che vedi e ricomporlo sotto
tutti i punti di vista, quello che apparirà non è che comunque l’oggetto reale.
Per cui una rosa, è una rosa, è una rosa.
Anche qui c'è un articolo interessante sulle rose: http://www.cavernacosmica.com/simbologia-della-rosa/
RispondiEliminaUna rosa è così straordinaria che può essere presa come simbolo di tutte le cose belle e quindi una rosa è una rosa è una rosa.Marianna
RispondiEliminauna frase che non ho mai capito
RispondiEliminaho letto con interesse, grazie
RispondiEliminaDapabi ha coniato questa frase " sei come sei perché sei"
RispondiEliminauna rosa può essere bella,può essere rossa ,,può essere profumata,ma la parola rosa e più bella del ,rossa ,profumata o bella ,perciò una rosa e una rosa e una rosa
RispondiEliminaUna rosa e' talmente bella e perfetta da non aver bisogno di commenti,generosa , varia nelle sfumature, profumata.che dire ancora? E' una rosa e' una rosa e' una rosa
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