sabato 17 agosto 2013

Papa Leone X: Voci di corridoio lo dicevano gay.

Quella che segue sarà una svirgolettata un po’ atipica per contenuto, dato che andrò a toccare un argomento delicato ai più, disciplinati per l’appunto al cattolicesimo e probabilmente contrari a prescindere, a qualunque accusa riguardi anche uno solo dei massimi esponenti della Chiesa.

Anche se non ci sono documenti certi che lo attestino, per cui mi baserò solo su aneddoti di corte documentati e pasquinate (le celeberrime poesie di Pasquino, poeta che denunciava la società del suo tempo), è comunque doveroso in quanto storico dell’arte, riportare alla luce quelle che erano le dicerie del tempo di Leone X, uno dei più importanti ed influenti papi che la storia abbia mai conosciuto. D’altronde non di rado, le dicerie hanno sempre un fondo di verità.

Raffaello e aiuti, Incendio di Borgo, 1514, affresco,
Musei Vaticani, Città del Vaticano. 
Per i più che non lo conoscessero, Leone X, all’anagrafe Giovanni Lorenzo De’ Medici, fu papa dal 1513 al 1521, gli anni clou del Rinascimento romano, per cui, seguendo la politica di Papa Giulio II Della Rovere, condusse Roma a nuovo splendore attraverso innumerevoli commissioni ad artisti, tra i quali Michelangelo e Raffaello.

Sotto di lui, Raffaello dipinse gli affreschi delle Stanze vaticane, - l’Incendio di Borgo è una chiara allusione all’opera pacifica di Leone X, che col suo pontificato era atto a spegnere le continue divampanti guerre tra gli stati cristiani – i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina, - poi tessuti a Bruxelles – e Michelangelo progettò e scolpì la Tomba di Giulio II a San Pietro in Vincoli, nel quale configurava quel Mosè, uscito così perfettamente che lo stesso artista in uno scatto d’ira, martellandogli il ginocchio, esclamò: “Perché non parli?”.

Michelangelo, Mosè, 1513 - 1515,
marmo, Basilica di S. Pietro in
Vincoli, Roma.
Sul piano politico invece, Leone X viene ricordato sia per la sua politica di pace, sia per la questione inerente alla vendita delle indulgenze ad Alberto di Hohenzollern sancita dalla bolla Sacrosancti Salvatoris et Redemptoris, che scatenò l’indignazione di quel Martin Lutero che, nel 1517, attaccando le sue 95 tesi sul portone della chiesa di Wittemberg sancì l’avvio di una nuova riforma a carattere protestante.

Nel 1521 Papa Leone X scomunicava Martin Lutero, reo di non aver ritrattato le sue tesi, e moriva all’età di 46 anni; la causa della sua morte non fu mai accertata, per quanto si sospettasse il decesso per avvelenamento. Ma il popolo, per le vie, raccontava ben altro.

Pare infatti, come appunto desunto dalle pasquinate di cui vi accennavo all’inizio, che Leone X fosse un uomo lussurioso, dedito al sesso promiscuo e sodomita, nonché omosessuale per di più passivo. A raccontarlo sono diverse pasquinate che recitavano:

- “fiorentin, baro, cieco e paticone” (Pasquinata del 1522). Paticone indica lo stato di sodomita passivo.
 - “Morì el meschino, e non te dir bugia, per fotter troppo in cul un suo ragazzo” (Pasquinata del 1521, scritta a ridosso della sua morte).
-quando papa Leon v'ebbe per sposa (...) / sol bardass'e buffon [sodomiti passivi e buffoni] eran in stima” (Pasquinata tarda del 1533, quando ancora riecheggiava il mito di Leone X omosessuale).

Ovviamente le pasquinate raccontavano le dicerie popolari in forma poetica e spesso rimata, non di rado inveendo contro uomini illustri del tempo attraverso insulti, frecciatine e racconti di aneddoti piccanti. Ma a confermare la tesi di un Leone X dedito alla lussuria non vi erano solo pasquinate: lo dimostra la vicenda di Gian Antonio Flaminio.

Raffaello, Ritratto di Leone X tra i cardinali
Giulio de'Medici e Luigi de' Rossi, 1518,
olio su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze.
 
Gian Antonio Flaminio, era un ragazzetto sedicenne (al 1514, pontificato fresco di Leone X), inviato da suo padre, un letterato veneziano, alla corte romana per omaggiare il papa di un poema esortatorio a dichiarare guerra ai turchi. Pare che il papa se ne fosse invaghito, e per convincere il padre del giovincello a lasciarglielo a corte, gli promise che avrebbe dato al ragazzetto i migliori insegnamenti e gli avrebbe procurato i migliori maestri, ma questo non accettò.

Allora, ancora, per mezzo di Beroaldo, segretario del papa, si premurò di far sapere al padre del giovincello che avrebbe associato il ragazzo all’Ufficio di Segretario Pontificio, un escalation di potere per un ragazzetto di 17 anni, non indifferente. Ma l’ordine del padre di Gian Antonio a partire, fu categorico e il ragazzo dovette rinunciare ad una carriera brillante, forse per via della titubanza di suo padre a fidarsi della condotta del pontefice.

Ovunque sia la verità, ripeto, non è da sottovalutare che le dicerie siano arrivate sino ai giorni nostri, coadiuvate da testimonianze scritte, fonti più o meno certe, veritiere e attendibili. In fondo Giovanni De’ Medici, erede illustre della nobile casata, non scelse il suo futuro, né il suo destino: gli fu imposto.
E magari, proprio l’elezione a pontefice fu lo sfogo di tanti anni di repressione. D’altronde era lui quello che appena eletto affermò: “Poiché Dio ci ha dato il Papato, godiamocelo”.

Ps: Per una visione più dettagliata circa le Pasquinate e il testo inerente alla vicenda di Gian Antonio Flaminio, invito a linkare: Leone X. Di: Giovanni Dall'Orto

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