martedì 27 agosto 2013

Giovani Talenti: Francesco Pastore


La straordinarietà delle persone, spesso non è legata direttamente alla carriera lavorativa, quanto al senso civile, alla cultura ed alla disciplina che le caratterizza.
È il caso di Francesco Pastore, laureando in Ingegneria Civile presso il Politecnico di Bari, che, tra i diversi impegni legati alla sua carriera universitaria, si destreggia nell’amministrazione di un blog davvero di qualità assieme alla sua fidanzata Alessia, ed al contempo si occupa (e si preoccupa) di sensibilizzare il popolo della sua città di origine ed in cui risiede, a comportamenti civili ed alla consapevolezza del patrimonio culturale di appartenenza.
Dico questo perché, essendo riconosciuta Canosa di Puglia, quale la più importante città archeologica della Puglia, così allo stesso tempo come una delle città in cui vige sino all’estremo un’anarchia di fondo se rapportata al modus vivendi della popolazione, spesso mi è capitato di rapportarmi a lui e conoscere progetti e idee volte al disciplinamento del cittadino medio.


D: Come anzidetto, una delle pecche della città in cui risiedi(amo) è appunto data dal mancato disciplinamento della popolazione ad un’educazione civica ed ambientale basata sul rispetto verso il prossimo. Ricordo a tal punto una discussione che riguardava una zona verde della zona 167 della città, inondata di bottiglie e immondizia, nella quale esponevi un tuo progetto volto ad una significativa dimostrazione del modo giusto di rapportarsi al problema, mettendoti in prima fila nella raccolta dell’immondizia da differenziare, documentando l’avvenuta pulizia e postando le foto sul gruppo ufficiale dell’amministrazione di Canosa, per dare il buon esempio al prossimo.
Cosa che mi porta a chiederti, notando una sviluppata coscienza legata al territorio: a tuo parere quali sono i punti deboli della città, ai quali l’amministrazione odierna dovrebbe porre attenzione?

R: Per onestà intellettuale è giusto precisare che l’iniziativa di cui si parlò in quella occasione è rimasta, a distanza di un mese, un chiacchiera da bar, a causa di impegni personali miei e di chi cercai allora di coinvolgere. Ma cercheremo di realizzarla, quanto prima. Tanto l’immondizia non manca.
Veniamo alla domanda. Con tutta franchezza ritengo che il punto debole di Canosa siano proprio i canosini, poco inclini al cambiamento, poco dotati di senso civico, perennemente in attesa di un intervento dall’alto (lo Stato? il “Comune”? Dio?) quasi fossero ospiti e non padroni della terra che calpestano. Un esempio a caso: ricordi il corteo per l’inceneritore? Quanti di quei presunti “ambientalisti” stanno ora svuotando spazzatura nelle periferie, magari per ripicca nei riguardi di un servizio di raccolta differenziata non condiviso o ritenuto insoddisfacente? E te li vedi che inveiscono contro chi amministra, a prescindere. Non è un problema di amministratori (che pure hanno avuto e certamente continueranno ad avere le loro lacune) ma di mentalità degli amministrati, su questo come su altri temi: l’archeologia abbandonata a se stessa (l’investimento dei privati, altrove presente e capace di produrre posti di lavoro e ritorno economico, qui a Canosa si ferma all’illuminazione della festa patronale); l’agricoltura orientata solo alla produzione di materia prima, con una perenne incapacità di chiudere la filiera a tutto vantaggio delle cantine e gli oleifici del Nord Italia; il lavoro nero, di cui tutti si lamentano come operai, ma a cui tutti fanno ricorso in veste di datori di lavoro. Poi c’è il settore industriale che, salvo sporadici esempi, praticamente è inesistente. Potrò sembrarti pessimista, ma qui le cose non cambieranno mai.
L’idea di raccogliere l’immondizia,visto che l’hai tirata in ballo, vuole essere un graffio nella coscienza di molti. Ma temo che, se mai qualcuno se ne accorgerà, finirà col pronunciare la classica frase: “ma a quelli chi gliel’ha fatta fare?”.   


D: Il fil rouge che unisce questa e le altre interviste è la domanda sul rapporto con il territorio. Sono del parere che il territorio formi, motivi, educhi e plasmi in qualche modo alcuni lati del carattere di una persona. Quanto ha inciso sul tuo essere, la terra in cui sei nato e hai vissuto? Qual è il rapporto che vivi con il paese in cui risiedi?

R: Come certamente avrai capito, il rapporto con il mio (amato) paese è tremendamente conflittuale. Hai presente la canzone “Pietre” di Antoine? Ecco, potrebbe essere la colonna sonora della vita qui a Canosa. Però se ci si rassegna alla realtà, se ne viene inghiottiti: da questa constatazione è nata, quindi, la mia volontà di diventare (ormai a breve) ingegnere, pur essendo (come ben sai) figlio di un contadino. Ma non dimentico da dove vengo: ogni anno a settembre la vendemmia la vivo da protagonista. Meglio, da umile operaio.


D: D’altronde il tuo interesse verso il territorio in cui vivi, si dimostra nella tesi intrapresa per il conseguimento della laurea triennale, in cui approfondisci gli studi sulla calcarenite di Canosa e sulla presenza di cavità sotterranee nella zona.
In che modo il territorio ha influito in secoli di popolamento della città? Su quali particolari elementi si è svolto il tuo lavoro?

R: Vedo che sei ben informato. Sostanzialmente il problema delle cavità è riassumibile nel seguente schema: chi abitava in superficie se ne fregava di chi scavava in sotterraneo; chi scavava, a sua volta, se ne fregava di chi abitava in superficie. In perfetto stile canosino, insomma. Agli inizi (almeno a partire dal Seicento, stando ai documenti storici da me consultati, ma certamente da molto tempo prima), quando la popolazione viveva arroccata sul Rione Castello, le due realtà (quella abitativa e quella estrattiva), vivevano in perfetto equilibrio: si estraevano conci di calcarenite nelle zone “periferiche” dell’epoca (il Quartiere Rosale, il Rione Capannoni, la Via Lavello, Via agli Avelli, ecc…), un po’ dove capitava, purché la calcarenite fosse affiorante in modo da limitare gli sforzi di estrazione. Per darti un’idea circa il volume di materiale estratto, pensa che i “tufi” canosini venivano venduti a Cerignola, Trinitapoli e San Ferdinando, oltre che alimentare il mercato edilizio locale.
Il problema emerse nel momento in cui l’espansione urbanistica superficiale e l’estensione degli scavi in sotterraneo giunsero ad un punto di conflitto: nel 1925 si ebbe il primo crollo, in via Saffi, e da allora fu il panico. Si scoprì che alcune leggi erano state ignorate e si finì, bruscamente, con l’interrompere gli scavi. Ma il problema era ed è ancora lì, con strade che sprofondano e case sospese sulle volte di questi immensi vuoti sotterranei.
Il mio lavoro si concentrava sulle verifiche di stabilità (statica e sismica) di una delle decine di cavità rinvenute negli anni: insomma, cose noiose da ingegneri. Però devo ammettere che l’indagine storica ha avuto un fascino innegabile. Ovviamente ti ringrazio per avermi dato occasione di parlare di un tema sconosciuto ai più, spesso confuso con gli ipogei archeologici che nulla hanno a che vedere con gli scavi in questione.


D: Rimanendo in tema di rapporto col territorio, è recente un articolo che hai postato sul tuo blog A destra e a manca, nel quale descrivi diversi luoghi da voi visitati in qualità di turisti, in cui discuti circa la presenza dell’Ipogeo Monterisi – Rossignoli, una struttura dimenticata dal mondo e lasciata all’aggressione climatica e della micro fauna, nei pressi del camposanto canosino. Ma non solo. Da turisti curiosi, tu e Alessia viaggiate saltuariamente in cerca di nuove realtà da raccontare, quasi come se foste i nuovi Susy Blady e Patrizio Roversi. Ma a differenza loro, se e quando necessario, aprite a riflessioni legate a tutela e valorizzazione del territorio. Da dove nasce l’idea della gestione a quattro mani del blog A destra e a manca?

R: Precisiamo, si tratta di viaggi “low cost”. Nell’era del redditometro la precisazione è doverosa.
Il blog nasce da una banale constatazione: prima di andare in posti esotici, impariamo a conoscere il territorio che ci circonda. E dato che molte mete si sono rivelate difficili da raggiungere, anche a causa di una scarsa disponibilità di informazioni a riguardo sul web (mi vengono in mente le Terme di Cerchiara, ad esempio, che non a caso sono ad oggi il post più visualizzato del nostro blog) abbiamo deciso di facilitare la fruibilità delle bellezze che abbiamo visitato, indicando la strada da percorrere e fornendo una descrizione accurata dell’attrazione.
Non aspettatevi viaggi rilassanti: abbiamo risalito torrenti controcorrente, percorso sotto il sole cocente di Ferragosto la Gravina di Matera per raggiungere le chiese rupestri, visitato ipogei infestati dalle pulci. Potremo sembrare un po’ fuori di testa, ma partendo dalla banale considerazione che certi monumenti oggi ci sono, domani non si sa, l’istinto ad intraprendere il viaggio ci viene immediato.


D: L’ultima domanda è destinata ad indagare circa i tuoi progetti futuri in materia professionale. Hai progetti avviati o idee in programma da sviluppare dopo la laurea? Quanto credi incida la crisi economica di stampo nazionale, ma anche locale, nonché la sempre più palese limitata possibilità di fare carriera nel settore di formazione?

R: Sinceramente non è facile leggere i segnali che la società di oggi lancia a noi giovani: parlano di noi come di una risorsa, ma a ben vedere siamo per molti solo un problema.
Si parla di tutto, spesso a vanvera, ma la realtà è che ad un giovane di oggi (ritenuto un “bamboccione” da chi ha la pancia piena, avendo vissuto nell’epoca delle due sedie disponibili per un solo sedere) viene richiesto ingiustamente di accontentarsi.
Quello che i nostri genitori potevano fare con un diploma o la terza media, noi siamo obbligati a farlo previa laurea. E una volta ottenuta, ci dicono che serve esperienza, ferma restando un’età del candidato non superiore ai 29 anni. Il tutto ad uno stipendio da fame. Sempre che sia previsto. E nel frattempo c’è chi riscuote pensioni senza mai aver versato un contributo all’INPS, lamentandosi che non arriva a fine mese. Mentre per noi la pensione potrà solo esserci a patto di una reincarnazione.
In questa realtà idilliaca (sono sarcastico), non escludo la possibilità di lasciare il mio paese natale o addirittura l’Italia. D’accordo che c’è crisi, ma noi questa crisi l’abbiamo ereditata. Guai a dimenticarlo. 

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