La straordinarietà
delle persone, spesso non è legata direttamente alla carriera lavorativa,
quanto al senso civile, alla cultura ed alla disciplina che le caratterizza.
È il caso di Francesco
Pastore, laureando in Ingegneria Civile presso il Politecnico di Bari, che, tra
i diversi impegni legati alla sua carriera universitaria, si destreggia
nell’amministrazione di un blog davvero di qualità assieme alla sua fidanzata
Alessia, ed al contempo si occupa (e si preoccupa) di sensibilizzare il popolo
della sua città di origine ed in cui risiede, a comportamenti civili ed alla
consapevolezza del patrimonio culturale di appartenenza.
Dico questo perché,
essendo riconosciuta Canosa di Puglia, quale la più importante città
archeologica della Puglia, così allo stesso tempo come una delle città in cui
vige sino all’estremo un’anarchia di fondo se rapportata al modus vivendi della
popolazione, spesso mi è capitato di rapportarmi a lui e conoscere progetti e
idee volte al disciplinamento del cittadino medio.
D: Come anzidetto, una delle pecche della città in cui
risiedi(amo) è appunto data dal mancato disciplinamento della popolazione ad
un’educazione civica ed ambientale basata sul rispetto verso il prossimo.
Ricordo a tal punto una discussione che riguardava una zona verde della zona
167 della città, inondata di bottiglie e immondizia, nella quale esponevi un
tuo progetto volto ad una significativa dimostrazione del modo giusto di
rapportarsi al problema, mettendoti in prima fila nella raccolta
dell’immondizia da differenziare, documentando l’avvenuta pulizia e postando le
foto sul gruppo ufficiale dell’amministrazione di Canosa, per dare il buon
esempio al prossimo.
Cosa che mi porta a chiederti, notando una sviluppata
coscienza legata al territorio: a tuo parere quali sono i punti deboli della
città, ai quali l’amministrazione odierna dovrebbe porre attenzione?
R: Per onestà intellettuale
è giusto precisare che l’iniziativa di cui si parlò in quella occasione è
rimasta, a distanza di un mese, un chiacchiera da bar, a causa di impegni
personali miei e di chi cercai allora di coinvolgere. Ma cercheremo di
realizzarla, quanto prima. Tanto l’immondizia non manca.
Veniamo alla domanda.
Con tutta franchezza ritengo che il punto debole di Canosa siano proprio i
canosini, poco inclini al cambiamento, poco dotati di senso civico,
perennemente in attesa di un intervento dall’alto (lo Stato? il “Comune”? Dio?)
quasi fossero ospiti e non padroni della terra che calpestano. Un esempio a
caso: ricordi il corteo per l’inceneritore? Quanti di quei presunti
“ambientalisti” stanno ora svuotando spazzatura nelle periferie, magari per
ripicca nei riguardi di un servizio di raccolta differenziata non condiviso o
ritenuto insoddisfacente? E te li vedi che inveiscono contro chi amministra, a
prescindere. Non è un problema di amministratori (che pure hanno avuto e
certamente continueranno ad avere le loro lacune) ma di mentalità degli
amministrati, su questo come su altri temi: l’archeologia abbandonata a se
stessa (l’investimento dei privati, altrove presente e capace di produrre posti
di lavoro e ritorno economico, qui a Canosa si ferma all’illuminazione della
festa patronale); l’agricoltura orientata solo alla produzione di materia prima,
con una perenne incapacità di chiudere la filiera a tutto vantaggio delle
cantine e gli oleifici del Nord Italia; il lavoro nero, di cui tutti si
lamentano come operai, ma a cui tutti fanno ricorso in veste di datori di
lavoro. Poi c’è il settore industriale che, salvo sporadici esempi,
praticamente è inesistente. Potrò sembrarti pessimista, ma qui le cose non
cambieranno mai.
L’idea di raccogliere
l’immondizia,visto che l’hai tirata in ballo, vuole essere un graffio nella
coscienza di molti. Ma temo che, se mai qualcuno se ne accorgerà, finirà col
pronunciare la classica frase: “ma a quelli chi gliel’ha fatta fare?”.
D: Il fil rouge che unisce questa e le altre interviste è la
domanda sul rapporto con il territorio. Sono del parere che il territorio formi,
motivi, educhi e plasmi in qualche modo alcuni lati del carattere di una
persona. Quanto ha inciso sul tuo essere, la terra in cui sei nato e hai
vissuto? Qual è il rapporto che vivi con il paese in cui risiedi?
R: Come certamente
avrai capito, il rapporto con il mio (amato) paese è tremendamente
conflittuale. Hai presente la canzone “Pietre” di Antoine? Ecco, potrebbe
essere la colonna sonora della vita qui a Canosa. Però se ci si rassegna alla
realtà, se ne viene inghiottiti: da questa constatazione è nata, quindi, la mia
volontà di diventare (ormai a breve) ingegnere, pur essendo (come ben sai)
figlio di un contadino. Ma non dimentico da dove vengo: ogni anno a settembre
la vendemmia la vivo da protagonista. Meglio, da umile operaio.
D: D’altronde il tuo interesse verso il territorio in cui vivi, si
dimostra nella tesi intrapresa per il conseguimento della laurea triennale, in
cui approfondisci gli studi sulla calcarenite di Canosa e sulla presenza di
cavità sotterranee nella zona.
In che modo il territorio ha influito in secoli di
popolamento della città? Su quali particolari elementi si è svolto il tuo
lavoro?
R: Vedo che sei ben
informato. Sostanzialmente il problema delle cavità è riassumibile nel seguente
schema: chi abitava in superficie se ne fregava di chi scavava in sotterraneo;
chi scavava, a sua volta, se ne fregava di chi abitava in superficie. In
perfetto stile canosino, insomma. Agli inizi (almeno a partire dal Seicento, stando
ai documenti storici da me consultati, ma certamente da molto tempo prima),
quando la popolazione viveva arroccata sul Rione Castello, le due realtà (quella
abitativa e quella estrattiva), vivevano in perfetto equilibrio: si estraevano
conci di calcarenite nelle zone “periferiche” dell’epoca (il Quartiere Rosale, il
Rione Capannoni, la Via Lavello, Via agli Avelli, ecc…), un po’ dove
capitava, purché la calcarenite fosse affiorante in modo da limitare gli sforzi
di estrazione. Per darti un’idea circa il volume di materiale estratto, pensa
che i “tufi” canosini venivano venduti a Cerignola, Trinitapoli e San
Ferdinando, oltre che alimentare il mercato edilizio locale.
Il problema emerse nel
momento in cui l’espansione urbanistica superficiale e l’estensione degli scavi
in sotterraneo giunsero ad un punto di conflitto: nel 1925 si ebbe il primo
crollo, in via Saffi, e da allora fu il panico. Si scoprì che alcune leggi
erano state ignorate e si finì, bruscamente, con l’interrompere gli scavi. Ma
il problema era ed è ancora lì, con strade che sprofondano e case sospese sulle
volte di questi immensi vuoti sotterranei.
Il mio lavoro si
concentrava sulle verifiche di stabilità (statica e sismica) di una delle
decine di cavità rinvenute negli anni: insomma, cose noiose da ingegneri. Però
devo ammettere che l’indagine storica ha avuto un fascino innegabile. Ovviamente
ti ringrazio per avermi dato occasione di parlare di un tema sconosciuto ai
più, spesso confuso con gli ipogei archeologici che nulla hanno a che vedere
con gli scavi in questione.
D: Rimanendo in tema di rapporto col territorio, è recente un
articolo che hai postato sul tuo blog A destra e a manca, nel quale descrivi
diversi luoghi da voi visitati in qualità di turisti, in cui discuti circa la
presenza dell’Ipogeo Monterisi – Rossignoli, una struttura dimenticata dal
mondo e lasciata all’aggressione climatica e della micro fauna, nei pressi del
camposanto canosino. Ma non solo. Da turisti curiosi, tu e Alessia viaggiate
saltuariamente in cerca di nuove realtà da raccontare, quasi come se foste i
nuovi Susy Blady e Patrizio Roversi. Ma a differenza loro, se e quando
necessario, aprite a riflessioni legate a tutela e valorizzazione del
territorio. Da dove nasce l’idea della gestione a quattro mani del blog A
destra e a manca?
R: Precisiamo, si
tratta di viaggi “low cost”. Nell’era del redditometro la precisazione è
doverosa.
Il blog nasce da una
banale constatazione: prima di andare in posti esotici, impariamo a conoscere
il territorio che ci circonda. E dato che molte mete si sono rivelate difficili
da raggiungere, anche a causa di una scarsa disponibilità di informazioni a
riguardo sul web (mi vengono in mente le Terme di Cerchiara, ad esempio, che non
a caso sono ad oggi il post più visualizzato del nostro blog) abbiamo deciso di
facilitare la fruibilità delle bellezze che abbiamo visitato, indicando la
strada da percorrere e fornendo una descrizione accurata dell’attrazione.
Non aspettatevi viaggi
rilassanti: abbiamo risalito torrenti controcorrente, percorso sotto il sole
cocente di Ferragosto la Gravina di Matera per raggiungere le chiese rupestri,
visitato ipogei infestati dalle pulci. Potremo sembrare un po’ fuori di testa,
ma partendo dalla banale considerazione che certi monumenti oggi ci sono,
domani non si sa, l’istinto ad intraprendere il viaggio ci viene immediato.
D: L’ultima domanda è destinata ad indagare circa i tuoi
progetti futuri in materia professionale. Hai progetti avviati o idee in
programma da sviluppare dopo la laurea? Quanto credi incida la crisi economica
di stampo nazionale, ma anche locale, nonché la sempre più palese limitata
possibilità di fare carriera nel settore di formazione?
R: Sinceramente non è
facile leggere i segnali che la società di oggi lancia a noi giovani: parlano
di noi come di una risorsa, ma a ben vedere siamo per molti solo un problema.
Si parla di tutto,
spesso a vanvera, ma la realtà è che ad un giovane di oggi (ritenuto un “bamboccione”
da chi ha la pancia piena, avendo vissuto nell’epoca delle due sedie
disponibili per un solo sedere) viene richiesto ingiustamente di accontentarsi.
Quello che i nostri
genitori potevano fare con un diploma o la terza media, noi siamo obbligati a farlo
previa laurea. E una volta ottenuta, ci dicono che serve esperienza, ferma
restando un’età del candidato non superiore ai 29 anni. Il tutto ad uno
stipendio da fame. Sempre che sia previsto. E nel frattempo c’è chi riscuote
pensioni senza mai aver versato un contributo all’INPS, lamentandosi che non
arriva a fine mese. Mentre per noi la pensione potrà solo esserci a patto di
una reincarnazione.
In questa realtà idilliaca
(sono sarcastico), non escludo la possibilità di lasciare il mio paese natale o
addirittura l’Italia. D’accordo che c’è crisi, ma noi questa crisi l’abbiamo
ereditata. Guai a dimenticarlo.
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