giovedì 14 marzo 2013

La "vera" nascita del MoMA di New York


MoMA di New York, facciata. 
So già dove andare a parare. Ma per pacare curiosità ed abbracciare il sapere, guarderò ad una panoramica un po’ più ampia, prima di incanalare l’argomento che tratterò: la nascita del MoMA.

Acronimo di Museum of Modern Art, è uno dei musei più celebri e fantastici del mondo. 
Collocato in Midtown Manhattan, sulla 53a strada a New York, il MoMA non è solo rinomato, ma è soprattutto uno dei musei d’arte moderna che senza dubbio hanno più inciso sulla diffusione e fruizione di un’arte sempre in costante evoluzione.

Ricercando info su Wikipedia, è possibile aver una visione d’insieme circa le opere contenute nel museo, che spaziano da progetti d'architettura e oggetti di design, a dipinti, sculture, fotografie, serigrafie, film, illustrazioni,  disegni e opere multimediali. Inoltre la biblioteca e gli archivi, raccolgono più di 300.000 libri e periodici, oltre alla schedatura di più di 70.000 artisti; non a caso ho cercato su Wikipedia nozioni a riguardo. 

Ufficialmente il sito enciclopedico, riporta, qualunque sia l’argomento trattato, spiegazioni coadiuvate da fonti certe.  
E allora su questa base, leggendo sul profilo dedicato al MoMA, di come è nato, mi sorge qualche dubbio (Per un riscontro: http://it.wikipedia.org/wiki/Museum_of_Modern_Art) : 

P. Picasso, Les Deimoselles d'Avignon, 1907,
olio su tela, MoMA, New York. 
L'idea originale di un museo di arte moderna fu sviluppata nel 1928 principalmente da Abby Aldrich Rockefeller (moglie di John D. Rockefeller Jr.) e da due delle sue amiche, Lillie P. Bliss e Mary Quinn Sullivan. Il loro gruppo divenne noto con vari soprannomi, tra cui "the Ladies", "the daring ladies", e "the adamantine ladies". Come sede del museo da loro ideato affittarono un edificio piuttosto modesto e lo aprirono al pubblico il 7 novembre1929, 9 giorni dopo il crollo di Wall Street. Abby invitò A. Conger Goodyear, in precedenza presidente del consiglio di amministrazione della Albright Art Gallery di Buffalo, a diventare presidente del nuovo museo. La Rockefeller stessa assunse l'incarico di tesoriere. Si trattò di uno dei primi musei statunitensi ad essere dedicato interamente all'arte moderna e d'avanguardia  europee.

J. Pollock, Echo: Number 25, 1951,
olio su tela, MoMA, New York.  
Goodyear convinse Paul J. Sachs e Frank Crowninshield ad unirsi a lui come membri del consiglio di amministrazione. Sachs, condirettore e curatore della sezione stampe e disegni del Fogg Art Museum presso l'Università Harvard, fu incaricato di reperire i curatori. Goodyear gli chiese di suggerire un direttore e lui propose Alfred H. Barr Jr., un suo promettente giovane pupillo. Sotto la guida di Barr la collezione del museo, che in origine era composta di sole otto stampe e un disegno avuti grazie ad una donazione, si ampliò velocemente. Nel novembre del 1929 si tenne la prima mostra di successo, in cui furono esposte opere di Van Gogh, Gauguin, Cézanne, and Seurat.

Nulla di più vero, senza dubbio. Però il vero sarebbe stato ancora più vero se avessi riscontrato la presenza delle motivazioni che hanno indotto i Rockefeller a fondare il museo. Motivazioni che ovviamente non è possibile neanche riscontrare sul sito ufficiale del MoMA, (http://www.moma.org/).

V. Van Gogh, Notte stellata, 1889, olio su tela, MoMA, New York. 
E allora, fiero del mio “Autocritico Automobile” di Bonito Oliva sul comodino, racconterò di una verità scomoda che ha permesso la nascita di un progetto grandioso.
Quando Bonito Oliva introduce il discorso sulla mostra American Art al Whitney Museum, durante il bicentenario della nascita dello stato nel 1974, ricorda l’impegno effettivo dei Rockefeller nel mondo dell’arte, essendo questi presidenti, vicepresidenti e membri associati dei più grandi musei americani, tra cui proprio il Whitney.

R. Lichtenstein, Drowing girl, 1963, olio e polimero sintetico su tela,
MoMA, New York. 

Lo storico dell’arte, ricollocando la mostra in un periodo di forte consapevolezza della tutela verso la diversità quale autenticità, non fa tanto leva sulla protesta derivante dal fatto che alla mostra avesse aderito solo una donna e nessun artista di colore, quanto sul fatto che nessuno avesse protestato per la presenza opprimente dei Rockefeller, quali artefici di un evento spiacevole accaduto nel 1914, nascosto dal muro figurato MoMA, erto proprio per relegare quell'evento nell’oblio.

Ebbene nel 1914, il padre di John D. Rockfeller, l’allora presidente del MoMA, fu costretto a reprimere uno sciopero scoppiato in una sua miniera a Ludow, nel Colorado. Per farlo utilizzò il suo esercito privato e richiese la collaborazione dell’esercito federale: il risultato fu la morte di alcuni minatori, di due donne e undici bambini.

M. Rotkho, N.10, olio su tela,
MoMA, New York. 
Quindi, caduto nell’onta del disgusto, per far dimenticare l’eccidio decise di consultare un public relations man, Ivy Lee, per cercar di rilanciare la testata della grande famiglia.
Il consiglio che ne ricevette fu quello di associare il nome della sua famiglia ad opere di beneficienza e cultura, magari verso un’arte ancora poco capita, che meritava di una spinta verso la totale fruizione pubblica.
E fu così che arrivò la Rockefeller Foundation ed il Museum of Modern Art.

Beh si, decisamente alla luce di questa realtà è più facile mostrare ora una reticenza, una sorta di delusione, verso quella che è oggi un’istituzione indiscutibilmente straordinaria.  

Ma è anche vero che l’arte non è colpevole; lo è piuttosto, l’uomo. Quindi se doveste andarci in futuro, (io mi auguro di poterlo fare quanto prima) godetevi Picasso, Cezanne, Dalì, Chagall, Degas, Monet, Pollock, Rothko o Kandinskij senza riserva e ragionate sul fatto che, anche se come rimedio ad un gesto aberrante, in fondo il magnate americano simbolo del capitalismo temuto, qualcosa di buono per l’umanità  è riuscito a farla. 


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