Romano di origini, leccese di adozione, Christian Sanità, classe 1990, è uno studente attualmente iscritto presso il DAMS di Roma, Facoltà di Lettere di Roma Tre.
Una delle
caratteristiche peculiari che connotano Christian, è sicuramente la curiosità
verso la conoscenza, che lo ha portato a convertirsi al Buddismo, a fondare ed amministrare un’Associazione culturale, “Salenzia”, presso il paese in cui
risiede quando non è a Roma per studiare ed a partecipare alla stesura di
sceneggiature e drammaturgie teatrali.
All’attivo, oltre che
tutto questo, Christian è autore di un libro che ha riscosso notevole successo,
edito da Aletti Editore: Nel Silenzio.
D: Christian, partiamo con la conoscenza della tua persona,
proprio dalla religione che hai scelto di seguire, religione probabilmente
desta curiosità nella gente con cui ti approcci: da dove nasce la volontà di
aderire ad un orientamento religioso così differente dalle religioni con le
quali ci rapportiamo quotidianamente?
R: Ci sono momenti
nella vita in cui ti chiedi verso quale direzione stai andando e che ne è stato
di te fino ad allora. E questo rapportarsi con noi stessi ci spaventa, come il
non saper rispondere alle domande. Questo, nella maggior parte delle persone,
crea sconforto. Io, in quel momento, ho sentito il bisogno di una nuova guida
spirituale. Il buddismo fortifica dall’interno, senza seguire misticismi o dei,
senza rispondere a “formule magiche”: parte dal cuore, dalla tua anima e si
espande nei rapporti interpersonali, illuminandoti, innalzando la tua vita al
massimo potenziale. E mi ha aiutato molto, in questo senso, nel prendere per
mano la mia vita, condurla su strade sicure e avere fiducia nelle mie capacità.
Da quando ho sposato questa pratica, mi sento un uomo nuovo, più innamorato di
me stesso e della vita in generale.
D: Essendo tu romano di nascita e leccese di
adozione, hai vissuto sicuramente sulla tua pelle due realtà che presentano un
attaccamento al territorio molto forte.
A tal proposito, la prossima domanda ha una
valenza doppia: il fil rouge che unisce questa e le altre interviste è la
domanda sul rapporto con il territorio.
Sono del parere che il territorio formi,
motivi, educhi e plasmi in qualche modo alcuni lati del carattere di una
persona. Quanto ha inciso sul tuo essere, la terra in cui sei nato e quella in
cui hai vissuto? Qual è il rapporto che vivi con i paesi in cui risiedi?
R:
Sicuramente il rapporto con il territorio è molto forte. Lecce e Roma sono due
realtà completamente differenti ma di forte impronta culturale ancora
percepibile sotto la polvere. La prima solare, esotica e pacata, Roma invece è
magia pura, una città incantevole. Respirando la storia, le tradizioni, le
gesta tramandate da padre in figlio è inevitabile non acquisirle, non renderle
tue. Per quanto mi riguarda, mi piace pensarmi come un “melting pot” umano,
essendo, soprattutto a Roma, entrato in contatto con tantissime persone di
paesi e nazionalità diverse; e osservandoli, da tutti loro ho “rubacchiato”
qualche aspetto peculiare della loro terra, della loro cultura che ho imparato
ad amare e portarmi dentro. Ma ovviamente senza mai dimenticare quali sono le
mie radici, a cui devo davvero tanto.
D: In una terra come quella salentina, che
ultimamente si sta riscoprendo meta non solo turistica, ma anche culturale (il
Barocco leccese, la taranta, la cucina), da dove deriva l’idea di fondare e
gestire un’associazione di stampo culturale, quale “Salenzia”? Che mondo si respira in questa associazione?
R:
L’idea nasce da un gruppo di persone, capeggiati dal grande regista salentino
Giulio Neglia, con la passione per
l’arte e questa terra, da qui anche il nome Salenzia,
anticamente polis greca da cui partirono i primi coloni che diedero il nome
all’attuale provincia.
L’associazione
si occupa prevalentemente di cinema ma ci destreggiamo in modo ottimale anche
nel mondo teatrale (di cui sempre nostra è la Compagnia teatrale Salenzia che sta formando ragazzi e adulti in
grandi attori con ottimi risultati già raggiunti) e nel mondo artistico, interessandoci
anche di presentazioni di libri, mostre d’arte, produzione ed organizzazione di
eventi culturali, come concerti, cortometraggi e similari. Abbiamo - e stiamo -
collaborando con Rai e Mediaset, oltre che con altre tv ed enti privati,
abbiamo portato a Lecce e provincia “colleghi” da tutt’Italia in co-produzioni
che hanno riscosso molto successo, abbiamo creato il “SalenziArt”, interi giorni gratuiti dove artisti di vario genere
hanno potuto mostrare, suonare o presentare le loro opere, in una mescolanza
raffinata di talenti... Insomma, l’obiettivo è quello di rendere il Salento un
polo di formazione e produzione artistico - culturale e devo dire che, essendo
nati nel 2011, tanto abbiamo fatto e tanto stiamo continuando a fare con grande
soddisfazione e umiltà. Ma quel che fa ancora più piacere è constatare che, se
all’atto della costituzione eravamo pochi artisti, oggi possiamo contare su
oltre una cinquantina di validissimi collaboratori.
D: Una delle tue passioni è il mondo dello
spettacolo multimediale. A dimostrazione di ciò, il percorso di studi che hai
deciso di intraprendere.
Se dovessi scindere l’arte dello spettacolo in
cinema, musica e teatro, quale di questi connoteresti come passione
predominante?
Le sceneggiature che hai scritto in diverse
occasioni o quelle che hai custodite nel cassetto per un prossimo progetto,
trattano temi particolari?
R: La
mia grande passione segreta è il teatro, perché è qualcosa di vero e unico. C’è
il connubio attore - spettatore che nel cinema viene meno, oscurato dai trucchi
scenici e dalla finzione di guardare delle immagini riprodotte su di un telo
bianco. Ho scritto anche varie drammaturgie teatrali, alcune hanno riscosso
enorme successo, come “Oceano”, replicato
più volte con sempre la sala piena. Ma non è di certo il periodo d’oro per
questa forma d’arte e il bilancio dice troppe spese per sempre meno spettatori.
Il cinema è, a parer mio, qualcosa che se fatto bene ti aiuta a mangiare e le
storie, spesso, vengono dettate dal produttore o secondo le necessità del caso.
Non sei mai veramente libero quando scrivi una sceneggiatura, troppi vincoli e
poche libertà. In questo senso siamo ancora “troppo americani”...
D: Ami leggere e scrivere. Una volta ricordo,
mi consigliavi di leggere “Il piacere”
di D’Annunzio, che immagino sia uno dei tuoi scrittori preferiti. Proprio la
passione per la letteratura, per la scrittura, ti ha portato a scrivere un
romanzo, Nel Silenzio: la storia racconta
di Ventuno, un ragazzo messicano che nei primi decenni del Novecento, vive
diverse esperienze logoranti, tra cui la Prima Guerra Mondiale in Francia, che
lo debilitano ma lo rafforzano al tempo stesso. Cosa vuol insegnare Nel
Silenzio? Perché varrebbe la pena leggerlo?
R: Certo,
D’Annunzio è un mio grande mentore letterario, e aggiungerei, tra gli altri,
Alessandro Baricco e Malcolm Lowry da cui ho imparato tanto e ne ho assunto marginalmente
i caratteri principali. Credo che il mio romanzo si rifaccia molto al loro modo
di scrittura e di visione del mondo. Il libro è nato in quel periodo di grande
frustrazione come una lunga poesia laconica, parlando di questo ragazzo
inghiottito da una vita farabutta, catapultato in una guerra dalla quale non
riesce ad uscire. Ma il paradosso, come spesso succede, è la guerra reale che
lui combatte ogni giorno con sé stesso, in quelle trincee logoranti, nella sua
storia passata combattuta tra un padre che lo ripudia e un professore che s’intende
di poesia, oltre che un suo ricercato mutismo – infatti la particolarità è che
il protagonista dice, per sua scelta personale, solo una frase al giorno, come
una fiammella nel buio ma che riesce ad illuminare tutto ciò che c’è intorno. E
il romanzo si snoda in queste emozioni forti e silenziose, in un crescendo di
drammaticità fino alla fine, dove il ragazzo capisce che da qualche parte una
via di fuga forse si riesce sempre a trovare, basta solo riuscire a guardare la
vita da un’altra prospettiva e trovare il coraggio di riuscire ad evadere,
prima dal mondo esterno e poi da sé stessi.
D: Sei quasi agli sgoccioli. Tra qualche esame
e la tesi sarai laureato. Hai progetti già definiti per il futuro?
R: Il
progetto più grande che uno scrittore possa avere è quello di razziare
emozioni, perché è il suo modo di essere in vita: ascoltare storie, osservare
il mondo per raccontarlo a chi non ha orecchie ma solo occhi per leggere. E un
buon punto di partenza è il varcare i confini nazionali, assaporare altre civiltà,
altri modi di vedere la stessa cosa... diciamo che questo è un progetto che
vale la pena inseguire! Mi piacerebbe andare nel nord Europa, in Scandinavia.
Sono terre culturalmente molto ricche ma ancora poco conosciute. Poi, come si
suol dire, chi vivrà vedrà!
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