È indubbio che
storicamente parlando gli anni in cui si sono sviluppati l’avvento dei regimi
totalitari prima e lo sviluppo della Seconda Guerra Mondiale poi, abbiano visto
in prima linea anche la storia dell’arte quale protagonista non solo dell’evoluzione
della società e del pensare comune di quel lasso di tempo, ma anche come
vittima in prima persona degli errori (ed orrori) che questi hanno generato.
Caravaggio, Ritratto di cortigiana, 1597, olio su tela, già al Kaiser Friedrich Museum, perso durante l'incendio del 1945 al Flakturm Friedrichshain di Berlino. |
Caravaggio, San Matteo e l'Angelo, 1601, olio du tela, già al Kaiser Friedrich Museum, perso durante l'incendio del 1945 al Flakturm Friedrichshain di Berlino. |
E se in Italia non
possiamo parlare di un vero e proprio dolo nei confronti dell’arte, per quanto
questa sotto il fascismo sia diventata meramente propagandista attraverso la
pittura e scultura futuriste e l’architettura di regime, sotto la Germania Nazista
l’arte subisce una vera e propria pugnalata, essendo soggetta a decisioni
derivanti da una politica scellerata a riguardo.
G. Dottori, Polittico della Rivoluzione Fascista, 1939, tempera su tavola, Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma |
È il caso dell’ideale
nazista dell’arte degenerata, secondo il cui pensiero, ogni opera d’arte
contemporanea che si discostasse dagli ideali e dai canoni di bellezza e
veridicità del passato, non meritava di dover esser contemplata o ricordata: di
qui la messa all’indice delle opere degli artisti contemporanei nelle diverse
mostre sull’arte degenerata, una tra tutte quella di Monaco del 1937, poi
successivamente il rogo pubblico degli stessi dipinti.
Spettatori della mostra sull'arte degenerata tenutasi a Monaco nel 1937. Nello specifico le due signore sono intente ad "ammirare" Strada di Berlino di E. L. Kirchner |
Dipinti di Mark, Munch,
Ernst, Kirchner, Nolde, Dix, Chagall, Grosz, Picasso e molti altri artisti
appartenenti alle nuove avanguardie che a inizio secolo si svilupparono in
Francia, Russia e Germania, come il Fauvismo, la Nuova Oggettività, l’Espressionismo
Tedesco, o il Cubismo. Dipinti andati irrimediabilmente, purtroppo perduti,
nonostante ancor oggi capiti che si affacci speranzoso qualche caso di
ritrovamento presso abitazioni private degli ereditari di grandi collezionisti
o funzionari nazisti che preferirono, in una piena visione lungimirante della
cosa, conservare piuttosto che ardere le preziose tele e disegni (si veda il ritrovamento a Monaco di 1500 opere nell’appartamento di Cornelius Gurlitt, figlio del noto collezionista Hildebrand, datato al novembre 2013).
Allestimento di una delle sale della mostra sull'arte degenerata tenutasi a Monaco nel 1937. |
Michelangelo, Madonna di Bruges, 1503 – 1505, marmo, Chiesa di Nostra Signora, Bruges |
O ancora come nel caso
del trafugamento delle opere dai musei delle città conquistate volta per volta
dall’esercito tedesco, opere che, vittime di una vera e propria requisizione,
furono imballate e inviate nelle miniere di alcune cittadine tedesche per
essere esposte nel grande museo di arte che Hitler avrebbe voluto creare a Linz
una volta finita la guerra.
Tra queste
configuravano opere provenienti dal Louvre e dai musei francesi e italiani,
dalle cattedrali belga, olandesi e francesi; opere del calibro della Madonna di
Bruges di Michelangelo, trafugata nel 1944 dalla Chiesa di Nostra Signora
presso la città fiamminga e del Trittico dell’Agnello Mistico – altrimenti Pala
di Gand – di Jan Van Eyck, inviata preventivamente al Vaticano dai sacerdoti
della cattedrale per evitare che finisse nelle mani dei nazisti, ma
intercettata e trafugata.
J. Van Eyck, Trittico dell’Agnello Mistico, 1426 – 1432, olio su tavola, Cattedrale di San Bavone, Gand |
Stephen Kovalyak,
George Stout e Thomas Carr Howe
mettono in salvo la Madonna di Bruges di Michelangelo
rinvenuta presso una miniera tedesca nel 1945.
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Opere che sono le
protagoniste del film del 2014 Monuments Men, basato su una storia vera,
secondo cui una troupe di storici dell’arte, direttori di musei, architetti e
collezionisti anglo- franco-americani provvide negli ultimi anni della guerra a
cercare, salvaguardare, catalogare e riconsegnare tutte le opere depredate dai
nazisti.
Ovviamente essendo
alquanto veritiero, il film racconta anche l’orrore derivante dalla bolla
emanata da Hitler di distruggere qualunque cosa sopravvivesse alla sua morte:
infrastrutture, armamenti e non meno opere d’arte. Cosa che effettivamente fu
eseguita dai plotoni nazisti a guerra quasi ultimata, che con la loro decisione
condannarono migliaia di opere d’arte all’oblio e al mancato godimento di un
pubblico futuro.
Soldato americano osserva alcune opere trafugate dai nazisti |
Piccolo caso
emblematico del film è dato dall’appicco del fuoco su un’opera ritenuta di
Raffaello, il Ritratto di Giovane Uomo (che taluni studiosi credono essere un
suo autoritratto giovanile), depredato dai nazisti durante l’invasione della
Polonia nel 1939, dal Museo Czartoryski di Cracovia assieme alla Dama con l’ermellino
di Leonardo, seconda di un “dittico” acquistato dai conti Czartorysky nel 1798
per la propria collezione. Quest’ultima oggi è sita nel Castello Wawel, dopo
esser stata ritrovata in una miniera di sale, godendo per l’appunto di una
sorte migliore rispetto al primo dipinto.
Leonardo da Vinci, Dama con l’ermellino, olio su tavola, 1490, Castello di Wawel, Cracovia |
I Monuments Man ripongono la Dama con l’Ermellino
nella cassa, per rispedirla in Polonia, Aprile 1946 |
Un dipinto che si credeva
perduto sino al luglio del 2012, quando un portavoce dell’Ufficio per la
Restituzione dei Beni Culturali del Ministero polacco degli Affari Esteri ha
dichiarato alla stampa la lieta notizia secondo cui il ritratto sarebbe stato
ritrovato nel bunker di una banca di una Nazione le cui leggi sono favorevoli
alla restituzione, non specificando però di quale stato si tratti;
dichiarazione che quindi renderebbe del tutto fuorviante la vicenda narrata nel
film hollywoodiano.
Ma la notizia apparsa
su tutti i giornali nei primi di agosto dello stesso anno, ancor oggi non ha
avuto un seguito. Ad onor del vero però è molto probabile che, essendo il caso
molto delicato dato che si parla di un dipinto di inestimabile valore, le
trattative per riaverlo in Polonia non siano ancora concluse e che quindi a
riguardo viga il silenzio stampa più assoluto. Di sicuro attendiamo fiduciosi l’evoluzione
della vicenda, sperando che il ritratto dell’artista urbinate torni a brillare
di luce propria nel castello di Wawel accanto alla Dama con l’ermellino, dopo
70 anni di riposo in un bunker.
Raffaello, Ritratto di giovane, 1516 – 1517, olio su tavola, già nel Museo Czartoryski, Cracovia |