lunedì 14 ottobre 2013

Un esempio di Vanitas materana: la Chiesa del Purgatorio in Via Ridola

Panorama di Matera, con il duomo. 
Devo ammettere che girando per Matera durante la mia gita accennata nella svirgolettata su Giovan Carlo Tramontano, diverse realtà mi hanno affascinato e lasciato meravigliato. E se per alcuni versi ero determinato a visitare alcuni monumenti già incontrati sul mio percorso universitario, per altri devo ammettere che è stato gradevole lasciarmi trascinare alla scoperta di edifici religiosi di cui ignoravo l’esistenza, come la Chiesa del Purgatorio, nel Sasso Barisano, in Via Ridola, la stessa a cui si affaccia l’importante Museo Archeologico voluto dall’onorevole Domenico Ridola nei primi anni del Novecento.

Costruita fra il 1725 ed il 1747 con i contributi dei cittadini materani e della Confraternita che la commissionò e le dette il nome, la chiesa presenta una facciata decisamente caratteristica, per lo più convessa, secondo la buona tradizione barocca italiana, strascinata sino al secolo a seguire.
Una tradizione che segue il migliore stile barocco – rococò locale anche all’interno, che da adito a giochi di luce e di linee attraverso le pareti stuccate e dipinte.

Cupola della Chiesa del Purgatorio, 1725 - 1747, Matera.
Queste, che si alzano da una pianta a croce greca, si ultimano in una cupola ottagonale in legno, poggiata su un tamburo circolare con capitelli corinzi. Alla fine dei tre bracci della croce greca, si collocano tre altari, che aprono a dipinti del Settecento: la tela dell’altare maggiore raffigura San Gaetano che intercede per le anime del Purgatorio, presso la Vergine; l'altare di sinistra vede la tela raffigurante San Nicola da Tolentino e le anime purganti, mentre sulla controfacciata si disloca un organo del Settecento con medaglioni dipinti raffiguranti Santi.

Chiesa del Purgatorio, 1725 - 1747, interno, Matera.

Portale della Chiesa del Purgatorio,
XVIII secolo, legno, Matera. 
Anche le decorazioni della facciata e del portale centrale, sono decisamente barocche, per quanto sobrie se rapportate all’interno.
Decorazioni che, però, sono particolari e suggestive, incentrandosi sul tema della morte e della redenzione delle anime. Mentre infatti il portone, diviso in 36 riquadri, presenta riproduzioni lignee di ossa e teschi, – interessante è notare il copricapo di questi, che si diversifica in tiare papali, vescovili e corone, ad indicare come la morte colpisce tutti indifferentemente - nella parte superiore compaiono angeli, e peccatori penitenti avvolti dalle fiamme dell’Inferno, che seguono l’andamento a campana della facciata, al centro della quale trova luogo in una nicchia, la Madonna col Bambino.

Portale della Chiesa del Purgatorio (particolare) , XVIII secolo, legno, Matera. 

Timpano del portale della Chiesa del Purgatorio,
 XVIII secolo, Matera. 
A concludere la forte suggestione della facciata è sicuramente il timpano del portale, chiuso da quattro linee concave e due mensole,  che ospita al centro due scheletri, di cui uno che, tenendo tra le mani la falce, impersonifica la Morte.
Sulla trabeazione dell’elaborato portale, nel fregio, inserito tra tre metope, trova accoglimento l'iscrizione: MISEREMINI MEI / MISEREMINI MEI / SALTEM VOS / AMICI MEI. 
[Pietà di me / Pietà di me / almeno voi / amici miei].

Facciata (part.) Chiesa del Purgatorio, Matera
Lateralmente, due nicchie custodiscono le statue di San Michele Arcangelo a sinistra e dell'Angelo custode a destra, che si alzano su altrettanti portali minori rispetto al centrale, dotati anch’essi di un timpano sotto il quale è collocato un teschio in pietra scolpito a tutto tondo.

Molto sentito quindi il tema della Vanitas, il cui termine deriva dal memento mori  biblico “vanitas vanitatum et omnia vanitas”; un efficace monito all'effimera condizione dell'esistenza.
Uno dei pensieri cardine dell’azione di disciplinamento ad opera dei Gesuiti e dei maggiori ordini religiosi post tridentini, quello della Vanitas, portato avanti da questi, nella speranza che il popolo, attraverso la condanna degli scorretti ed abbietti modi di vivere dell’uomo, si avvicinasse in maniera più fervida e sentita alla Chiesa.

Guercino, Et in Arcadia ego, 1618 - 1622, olio su tela,
Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma. 
Anche, o forse soprattutto, in pittura, la Vanitas si diffuse a macchia d’olio, attraverso composizioni i cui elementi erano un coacervo di simbolismo ed allusioni al tema della caducità della vita.
Quello della fugacità del tempo e dell’ ineluttabilità della morte in effetti è uno dei temi più affrontati dalla società morale e disciplinata del Seicento.

L’associazione della clessidra e del teschio al tempo che fugge inesorabilmente, è ben visibile infatti in diverse opere; spesso a questi elementi segue anche l’iscrizione “Et[iam] in Arcadia Ego” (Anche io in Arcadia), anch’esso un memento mori a ricordare l’onnipresenza della morte nel tempo e nello spazio.

Chiesa del Purgatorio, XVIII secolo, Matera.

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