giovedì 17 ottobre 2013

Robert Capa, fotoreporter di guerra d'altri tempi

Robert Capa, fotoreporter per Life. 
Dopo le fortunate mostre fotografiche di Robert Doisneau al Palazzo delle Esposizioni e Sebastiao Salgado al Museo dell'Ara Pacis, Roma si riconferma una città attenta all’artisticità della fotografia, aprendo le porte di Palazzo Braschi ad un altro grande esponente in materia, quale Robert Capa.

Pseudonimo di Endre Erno Friedmann, il fotografo ungherese, è infatti uno dei più grandi esponenti della fotografia di denuncia bellica, avendo immortalato nei suoi scatti ben cinque guerre del Novecento: la guerra civile spagnola, quella sino-giapponese, la Seconda Guerra Mondiale, il conflitto arabo-israeliano del 1948 e la prima guerra d’Indocina.
Fu in quest’ultima occasione che Capa trovò la morte, incappando in una mina antiuomo.

R. Capa, The falling soldier, 1936, fotografia. 
È proprio con Capa che nasce la figura del fotogiornalista; celeberrima è la sua foto The falling soldier, scattata nel 1936, nei pressi di Cerro Muriano, un villaggio vicino Cordova, che ritrae un soldato dell'esercito repubblicano nell’esatto momento in cui viene colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti.

Tante nel corso dei decenni le disquisizioni circa l’autenticità della casualità dello scatto, che secondo alcuni studiosi parrebbe non confermarsi innanzitutto da inesattezze storiche – secondo cui appunto, nel paesello di Cerro Muriano non si combatté alcuna battaglia nei giorni indicati da Capa, né l’anarchico protagonista dello scatto parrebbe essere morto in quella circostanza, ma qualche anno dopo, sempre in uno scontro armato, ma mentre era nascosto dietro un albero – ed ancora da una composizione che sembra studiata a tavolino su giochi di linee e di luce.

R. Capa, Troina agosto 1943, fotografia. 
La foto in questione non sarà presente alla mostra di Palazzo Braschi, raccontando questa, nello specifico, la società, la vita, i problemi affrontati dal popolo italiano nei giorni a seguire  l’armistizio del 1943.

La mostra implicitamente vuole onorare infatti il settantesimo anniversario dello sbarco degli Alleati in Sicilia, di cui Capa fu il portavoce dell’evento, diffondendo ai giornali americani le prime foto dell’azione militare.

R. Capa, Troina agosto 1943, fotografia. 
Gli scatti presenti a Palazzo Braschi, sono testimonianze vive di un popolo stremato dalla guerra, ma ciò nonostante ancora vivo e speranzoso, che non si arrende di fronte alle razioni limitate di cibo ed alle macerie causate da bombardamenti, ma combatte la guerra continuando a vivere e a svolgere le normali mansioni giornaliere.

Sono fotografie che presentano una dicotomia spiazzante, quelle che raccontano la Sicilia e le regioni del Sud Italia a partire dal 1943, perché analizzano in parallelo la società e la storia, la prima vista dagli occhi dei popolani, la seconda vista con attraverso l’occhio del soldato straniero; fotografie che per quanto diverse, si incontrano nella fusione di un unico racconto da tramandare ai posteri.

R. Capa, Sicilia estate 1943, fotografia. 
È questa la magia di Capa: il suo modo silente, quieto e discreto di raccontare la storia non da protagonista, ma da spettatore, restando a fianco dei soldati ed amalgamandosi umilmente a loro, e riuscendo però ogni volta, puntualmente, a cogliere lo scatto perfetto. Perché a volte il genio non esula dalla fortuna, per cui diviene importante trovarsi nel posto giusto, al momento giusto, con le persone giuste. E Capa in questo è maestro.

La mostra a Palazzo Braschi, a Roma, si è aperta il 3 ottobre e si concluderà il 6 gennaio; per chi volesse saperne di più, riporto il link del museo che ospita l’esposizione: 

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