Emil Nolde; fotografato da Minya Diez-Dührkoop, ca. 1929 |
Esattamente come i
grandi Leonardo da Vinci, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio o Jacopo da
Bassano, anche uno dei maestri più influenti dell’Espressionismo tedesco, tal
Emil Hansen, è tutt’oggi riconosciuto al mondo per via del piccolo paesello che
gli diede i natali: Nolde.
Il pittore, incisore e
litografo fu infatti da sempre molto
attaccato al suo territorio d’origine, un borgo tedesco al confine con la Danimarca, che a seguito del
referendum del 1920, passò definitivamente sotto la giurisdizione danese.
Nato nella calda
estate del 1867 da padre agricoltore, non seguì le orme del padre, dedicandosi
piuttosto all’arte dell’intaglio. A soli diciassette anni infatti si trasferì
sino a Flensburg, dove ricoprì il ruolo di apprendista presso un mobilificio,
nel mentre che frequentava la scuola d’intaglio della città. Emil già in
quest’occasione si dimostrò essere un ragazzo instancabile e coscienzioso:
nonostante i due impegni che gli toglievano gran parte del tempo, riuscì a
trovare il modo di frequentare anche corsi serali di perfezionamento e non appena preso il diploma nel 1888, cambiò
drasticamente vita, trasferendosi prima a Monaco, poi a Karlsruhe, dove lavorò
nei corrispettivi mobilifici della città fino al 1891.
E. Nolde, Mill by the water, 1926, litografia, collez. privata |
Infatti un anno dopo,
per Emil Hansen avvenne la svolta: chiamato ad insegnare disegno ornamentale
presso il Museo dell’Industria e dell’Artigianato di San Gallo, iniziò ad
approcciare in modo sempre più sistematico alla sfera dell’arte, dando il via a
quella che sarà la sua intensa produzione artistica.
Una produzione che
toccherà varie fasi prima di stabilizzarsi in un percorso unico come quello
dell’artista tedesco: viaggiando nei primi anni del Novecento tra Parigi,
Monaco, Copenaghen e in Italia, Emil Nolde (dal 1902 si farà chiamare così), ebbe modo
infatti di subire l’influenza ed il fascino dei più grandi pittori vissuti nei
secoli antecedenti al suo così come ancora a lui coevi: tra tutti Gauguin,
Rembrandt, Daumier, Munch.
Un assimilazione
talmente profonda, che non di rado lo spinse a personalizzare alcuni soggetti
già ripresi dai grandi del passato: come non riconoscere un’associazione
figurativa tra il Mulino sull’acqua, che Nolde dipinse nel 1926, ed il Mulino a
vento, opera del 1645 – 48 di Rembrandt, o tra la scarnita Madonna dai contorni
carichi di Munch e la Madonna che Nolde disegnò per la rivista Das Kunstblatt
nel 1917?
E. Nolde, Mill by the water, 1926, Litografia, MoMA, New York |
Rembrandt, Mulino, 1645, olio su tela,
National Gallery
of Art, Washington
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E. Nolde, Madonna,
1917, Stampa su
carta per la rivista Das Kunstblatt,
MoMA, New York
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E. Munch, Madonna, 1895 – 1902, litografia, Museo Munchen, Oslo |
E. Nolde, Mountain Giant, 1896, olio su tela,
Nolde-Stiftung Seebull, Seebull
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Al 1896 è ad ogni modo
riconducibile la sua prima opera pittorica di spessore: Il gigante delle
montagne, dipinta per essere presentata all’Esposizione annuale di Monaco. Già
nella tela, oggi esposta nella Fondazione intitolata al pittore e a sua moglie,
sono ravvisabili i barlumi del suo modus operandi: colori accesi, fisiognomica
dei soggetti resa in modo caricaturale e grottesco, latente senso di angoscia e
disagio.
Caratteristiche della
sua pittura, che accantonerà per qualche anno, per potersi dedicare agli
esperimenti sicuramente più equilibrati dell’impressionismo: dal 1901 al 1906
infatti, le sue tele saranno caratterizzate inizialmente da un’impronta tecnica
più misurata e cromaticamente armoniosa, che di anno in anno però si andava sempre
più a rigettare nei preludi dell’espressionismo: pennellate più vigorose e
incisive e colori più accesi con una forte predominanza del rosso.
E. Nolde, Pomeriggio estivo, 1903, olio su tela,
Thyssen-Bornemisza Museum, Madrid
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Mettendo a confronto
il Pomeriggio estivo del 1903 con la Donna che legge del 1906, è ben
ravvisabile tutto questo: il primo riprende una donna di spalle immersa nel
verde della natura, in un gioco postimpressionista di colori, forme e
composizione; il secondo si ravviva nei colori, il rosso dei fiori squarcia
l’armonia dei verdi e dei gialli del panorama ed la materia del colore rimane
molto più impressa sul supporto.
La modella pare
comunque essere sempre la stessa, probabilmente però non si tratterebbe di sua
moglie Ada Vilstrup, sposata nel 1903, ma di una modella, tal Alice: la
corporatura, la fisiognomica, l’acconciatura ed il colore di capelli ben
riconducono infatti alla donna protagonista dell’incisione custodita al MoMA,
il cuoi soggetto viene ripreso in più occasioni.
E. Nolde, Donna che legge, 1906, olio su tela,
Schlewig Holstein Museums |
E. Nolde, Alice, 1907,
litografia,
MoMA, New York
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E. Nolde, Girl
(Alice), 1906, litografia,
MoMA, New York
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L’allontanamento
radicale dall’Impressionismo per aderire alla corrente sempre più preponderante
dell’Espressionismo, si manifestò pienamente nel 1906, quando in seguito alla
conoscenza del pittore Karl Schmidt Rottluff avvenuta durante una sua personale
a Dresda, decise di aderire al Die Brucke, la corrente avanguardistica che
tende attraverso gli elementi tipici della maniera espressionista (colore,
tecnica pittorica, composizione, soggetto), a raccontare il malessere della
società coeva ai suoi esponenti, in una visuale tendente allo stereotipato,
all’esagerazione, alla denuncia.
Ma Nolde non si
omologò alla politica della corrente così come fanno gli altri: cercò infatti di
mantenere un suo stile, una sua firma di riconoscimento, che si esplicò nella
resa di soggetti nel quale è evidente il rapporto dell’uomo con la natura,
panoramiche e distese che ricordano la terra al confine danese in cui è
cresciuto, una serenità squarciata dal colore forte e violento, ma mai
completamente invadente.
Tramonto sul Wadden
racconta a pieno questa realtà; un acquerello su carta giapponese creato
attraverso larghe e semplici campiture di quattro colori principali: verde, viola, arancio e giallo. Non servono
sfumature, non serve la pennellata precisa di rifinitura: l’immediatezza della
resa lo rende vero e realistico, uno scatto momentaneo di un tipico tramonto
dei paesi del nord.
E. Nolde, Tramonto sul Wadden, 1906, acquerello su carta, collezione privata |
E. Nolde, Mare
d’autunno VII, 1910,
olio su tela, Nolde-Stiftung Seebull
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L’adesione al Die
Brucke durò solo un anno; Nolde fu un tipo che amò mettersi costantemente alla
prova, volle viaggiare, volle sperimentare e ricercare la strada più giusta
alla sua pittura, tanto che neanche l’adesione alla nuova corrente artistico
letteraria Der Blaue Reiter fu duratura.
Nel 1909, a seguito di
una malattia che lo debilitò tanto da fargli rigettare sulle tele tutta la
drammaticità dell’evento, nonché contatti diretti con Van Gogh, dal quale
assimila la tecnica pittorica e compositiva, la sua pittura si rinnovò.
E. Nolde, Moonlit
Night, 1913 – 1914,
olio su tela, Albertina Museum, Vienna.
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Fu un periodo, quello
che seguì, in cui si alternarono dipinti, disegni ed incisioni a carattere sacro
e paesaggistico. I paesaggi di Nolde si fanno molto più intensi e ricercati; le
svirgolettate si riempiono di colore e si rivelano essere più materiche
similmente a quelle di Van Gogh, i colori caldi raccontano i tramonti
indimenticabili dell’isola danese di Alsen (dove si trasferì dal 1903 al 1916),
caratterizzati dal fuoco di sole che non vuole spegnersi; i colori freddi della
notte le consegnano un tocco di eleganza lontana dallo spazio e dal tempo: Mare d'autunno VII e Moonlit Night ne sono l’esempio più significativo.
E. Nolde, Pentecoste, 1909, olio su tela, Nationalgalerie, Berlino |
Dal punto di vista
della pittura a carattere sacro, Nolde nel triennio 1909 – 1912, raccontò nelle
sue tele diversi aneddoti riguardanti storie veterotestamentarie e
neotestamentarie, aderendo in un primo momento alla Nuova Secessione berlinese
alla Galleria Macht, in seguito al rifiuto da parte della giuria della
Secessione di Berlino della sua tela raffigurante la Pentecoste. La tela
raffigura un Cristo attorniato dai discepoli reso per grandi campiture di
colori per lo più freddi, accostati a quelli caldi del carnato. Esattamente
come per le altre sue opere a carattere sacro, non è lo spazio o la temporalità
a giocare il ruolo fondamentale, ma l’espressività dei soggetti, che rivelano
sentimenti ed emozioni in modo particolarmente intenso.
E. Nolde, Cristo e i fanciulli, 1910, olio su tela, MoMA, New York |
Sicuramente questa
attenzione all’aspetto amorevole di Cristo è ancora più evidente nella tela
custodita al MoMA, del Cristo ed i fanciulli, in cui è riconoscibilissima la
pennellata di Nolde: è interessante notare la sorta di divisione che si viene a
creare nella tela, che accoglie sulla sinistra gli uomini perplessi ed
ammassati l’uno sull’altro nelle loro vesti violacee, al centro il Cristo di
spalle intento ad accogliere i pargoletti, nel suo manto bluastro dalle
striature verdi, e sulla sinistra il rosso ed il giallo vitale che caratterizza
i bambini, gioiosi e fiduciosi nell’affidarsi a Gesù.
L’espressività nei
soggetti sacri raggiunge il culmine nella Crocifissione, custodita presso la
Fondazione Nolde di Seebull, che nei colori e nell’impostazione e nella cromia ricorda molto
il Cristo giallo di Gauguin, maestro da cui prenderà spunto anche per le sue
ricerche esotiche future. Nella tela infatti, si nota il contrasto emozionale
tra il gruppo dei soldati intenti a spartirsi le vesti giocandosele ai dadi e
le pie donne che piangono Cristo crocifisso; al centro svetta preponderante il
figlio di Dio che mostra sul volto tutta la sua sofferenza, simbolo di un
volere – quello di Nolde – incentrato a raccontare l’enorme sacrificio attuato
dal salvatore.
E. Nolde, Crocifissione, 1912, olio su tela,
Nolde-Stiftung Seebull, Seebull |
P. Gauguin, Il Cristo
giallo, 1889, olio su tela,
Albright Knox Art Gallery, Buffalo
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E. Nolde, Danza
attorno al vitello d'oro, 1910, olio su tela,
Staatsgalerie Moderner Kunst,
Monaco di Baviera
|
Anche l’opera per cui
forse Emil Nolde è più conosciuto, è a carattere sacro. La danza attorno al
vitello d’oro, custodita allo Staatgalerie Moderner Kunst di Monaco, racconta
l’episodio veterotestamentario secondo cui Aronne, per colmare l’irrequietezza
dovuta all’assenza di Mosè, occupato con la rivelazione dei dieci comandamenti
da parte di Dio, costruì per il popolo ebraico un vitello d’oro da idolatrare.
Ovviamente il carattere sacrilego dell’evento è palese nell’opera del pittore
danese, che inserisce nella tela quattro donne intente a danzare mentre sullo
sfondo è visibile il vitello dorato.
Donne che si lasciano
andare ad un impeto di irrefrenabilità volgare e sconsiderevole, trascinate
dall’ardore di dimostrare devozione ad una statua: la peccaminosità della cosa
è rivelata dalle nudità volgari delle quattro ballerine, dai modi bestiali di
lanciarsi in arditi movimenti, in un attaccamento ancora evidente al paganesimo
che si sarebbero dovute lasciare alle spalle, seguendo la via professata da
Mosè del monoteismo.
H. Matisse, Ingresso nella Casbah, 1912, olio su tela, Museo dell' Ermitage, San Pietroburgo. |
Il tema della danza, è
successivamente ripreso più volte dal pittore, soprattutto durante i suoi
viaggi in giro per il mondo, dove ha modo di assistere a riti, costumi e tradizioni
di tribù e popolazioni aborigene. Infatti a partire dal 1913, il pittore in
seguito all’esigenza primordiale di scoprire nuove luci e nuovi mondi, partì
con sua moglie, quale membro di una spedizione tedesca nella Nuova Guinea.
Il viaggio, l’esplorazione,
l’esotismo ed il decorativismo giapponese agli inizi del XX secolo sono stati
elementi essenziali per lo sviluppo della pittura contemporanea europea; più di
un artista in cerca di particolari stimoli si avventurava infatti nei meandri
più sperduti del mondo: Matisse qualche anno prima era stato in Marocco, dove
aveva riscoperto gli effetti della luce tropicale e l’eleganza delle arcate arabe;
Gauguin aveva viaggiato sino a Tahiti e in Polinesia dove aveva riscoperto un
primitivismo ed un etnismo che sarebbero poi attecchiti tra i pittori di
Montmartre e Montparnasse.
P. Gauguin, Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?. 1897, olio su tela, Museum of Fine Arts, Boston |
E se Picasso si rifà
alla statuetta di arte negra regalatagli dall’amico/nemico Matisse per formulare
le sue teorie protocubiste ne’ Les Demoiselles d’Avignon, Nolde ha modo di
catturare ogni sfumatura riguardante le tribù aborigene studiandole dal vivo:
The dancer, del 1914 riconferma l’irruenza e la spettacolarità sfrenata e
disinibita già vista nella Danza attorno al vitello d’oro, ma a differenza del
dipinto sacro, qui la protagonista è libera dalla visione peccaminosa perché
aderisce semplicemente alla realizzazione di un rituale che le appartiene sin
dalle origini.
P. Picasso, Les demoiselles d'Avignon, 1907, olio su tela, MoMA, New York. |
E. Nolde, The dancer, 1913, litografia, MoMA, New York
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E. Nolde, Sole tropicale, 1913, olio su tela,
Nolde-Stiftung Seebull, Seebull
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Viaggiando quindi
prima in Cina, Manciuria, Siberia e Giappone, poi nella Nuova Guinea, Nolde
cattura le luci, i colori, i paesaggi e i personaggi che caratterizzano quelle
splendide terre: se però nella paesaggistica rimane legato alla classica resa
cromatica a tinte forti dell’Espressionismo - si veda Sole tropicale, dipinto nel 1914, gli
aspetti più innovativi del suo viaggio si riscontrano nell’adesione ad un
primitivismo e ad un esotismo studiati dal vivo nella raffigurazione dei
soggetti trattati e non più immaginati, scopiazzati ed ideati in studio, come
era accaduto in precedenza, si veda ad esempio la tela Mask still life III del
1911.
E. Nolde, Mask still life III, 1911, olio su tela, The Nelson-Atkins Museum of Art, Kansas City
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E. Nolde, Figure and Mask, 1911, olio su tela, Kunstmuseum Basel, Basilea |
In più occasioni
raffigura su tele e fogli gli aborigeni dei luoghi visitati, catturando le loro
espressioni di curiosità o dolcezza, o immortalandoli nella spensieratezza
della loro quotidianità, come nel dipinto del 1914 raffigurante i Papuani, in
altre relega ai soggetti tratti fisiognomici di forte impatto, al limite dell’orripilanza
e del grottesco, in una similitudine sempre più evidente con le maschere di cui
sono ideatori: in Figure and Mask sito a Basilea, per esempio, è molto serrata
la correlazione tra la maschera votiva gigantesca poggiata al suolo ed il magro
esponente della tribù: entrambi hanno gli occhi profondamente calcati ed un
sorriso esteso e angosciante, a testimonianza di una visione mistica ed onirica
che appartiene a quei popoli e che non può probabilmente essere compresa dall’uomo
europeo civilizzato.
E. Nolde, Papuani, 1914, olio su tela, Nolde-Stiftung Seebull, Seebull |
Ma come accadde per
molti artisti tedeschi nella prima metà del XX secolo, con l’avvento del regime
nazista, anche la sua carriera vide il declino, rapidissimo e scosceso dopo i
fasti che erano seguiti al suo rientro in Germania nello stesso 1914. Infatti,
se dal 1914 al 1926 Nolde era riuscito a farsi strada nel mondo dell’arte conseguendo
la laurea honoris causa concessagli dall’Università di Kiel e a Dresda trovò
terreno fertile riuscendo ad esporre centinaia di opere in una sua personale, la
politica nazista decretò la sua arte come Arte degenerata e lo umiliò
pubblicamente, favorendo la confisca delle sue opere dai musei nelle quali
erano allestite, per permetterne l’esposizione di alcune di queste, alla mostra
di Arte degenerata che si tenne a Monaco nel 1937.
E oltre al danno, la
beffa. Nel 1941 arrivò per Emil Nolde il divieto tassativo di poter dipingere,
tant’è vero che per gli anni a seguire sino alla fine della guerra, lo stesso
continuerà a creare di nascosto acquerelli e disegni riproducenti soprattutto
giardini e paesaggi, definendoli “quadri non dipinti”, vivendo la sua vita
quotidiana assieme a sua moglie, in una fattoria acquistata nel 1926 a Seebull,
la stessa che attualmente ospita gran parte della corposa produzione artista
del pittore tedesco-danese, lasciata da questi in eredità al piccolo paese.
E. Nolde, Grandi
papaveri, 1942, olio su tela, Nolde-Stiftung Seebull, Seebull
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I miei complimenti per il suo lavoro che arricchisce il nostro piacere di scoprire :)
RispondiEliminaGrazie davvero! Mi fa piacere che lei abbia apprezzato il mio articolo!
EliminaGrazie mi ha fatto conoscere un artista che avevo si e no sfiorato, articolo ben fatto!
RispondiEliminaVeramente complimenti per il tuo lavoro, ricercato ed accurato.
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