Panorama di Matera, con il duomo. |
Devo
ammettere che girando per Matera durante la mia gita accennata nella svirgolettata
su Giovan Carlo Tramontano, diverse realtà mi hanno affascinato e lasciato
meravigliato. E se per alcuni versi ero determinato a visitare alcuni monumenti
già incontrati sul mio percorso universitario, per altri devo ammettere che è
stato gradevole lasciarmi trascinare alla scoperta di edifici religiosi di cui
ignoravo l’esistenza, come la Chiesa del Purgatorio, nel Sasso Barisano, in Via
Ridola, la stessa a cui si affaccia l’importante Museo Archeologico voluto dall’onorevole
Domenico Ridola nei primi anni del Novecento.
Costruita
fra il 1725 ed il 1747 con i contributi dei cittadini materani e
della Confraternita che la commissionò e le dette il nome, la chiesa presenta
una facciata decisamente caratteristica, per lo più convessa, secondo la buona
tradizione barocca italiana, strascinata sino al secolo a seguire.
Una
tradizione che segue il migliore stile barocco – rococò locale anche all’interno,
che da adito a giochi di luce e di linee attraverso le pareti stuccate e
dipinte.
Cupola della Chiesa del Purgatorio, 1725 - 1747, Matera. |
Queste,
che si alzano da una pianta a croce greca, si ultimano in una cupola
ottagonale in legno, poggiata su un tamburo circolare con capitelli corinzi.
Alla fine dei tre bracci della croce greca, si collocano tre altari, che aprono
a dipinti del Settecento: la tela dell’altare maggiore raffigura San
Gaetano che intercede per le anime del Purgatorio, presso la Vergine;
l'altare di sinistra vede la tela raffigurante San Nicola da Tolentino e le
anime purganti, mentre sulla controfacciata si disloca un organo del
Settecento con medaglioni dipinti raffiguranti Santi.
Chiesa del Purgatorio, 1725 - 1747, interno, Matera. |
Portale della Chiesa del Purgatorio, XVIII secolo, legno, Matera. |
Anche
le decorazioni della facciata e del portale centrale, sono decisamente barocche,
per quanto sobrie se rapportate all’interno.
Decorazioni
che, però, sono particolari e suggestive, incentrandosi sul tema della morte e
della redenzione delle anime. Mentre infatti il portone, diviso in 36 riquadri,
presenta riproduzioni lignee di ossa e teschi, – interessante è notare il
copricapo di questi, che si diversifica in tiare papali, vescovili e corone, ad
indicare come la morte colpisce tutti indifferentemente - nella parte superiore
compaiono angeli, e peccatori penitenti avvolti dalle fiamme dell’Inferno, che
seguono l’andamento a campana della facciata, al centro della quale trova luogo
in una nicchia, la Madonna col Bambino.
Portale della Chiesa del Purgatorio (particolare) , XVIII secolo, legno, Matera. |
Timpano del portale della Chiesa del Purgatorio, XVIII secolo, Matera. |
A
concludere la forte suggestione della facciata è sicuramente il timpano del
portale, chiuso da quattro linee concave e due mensole, che ospita al centro due scheletri, di cui
uno che, tenendo tra le mani la falce, impersonifica la Morte.
Sulla
trabeazione dell’elaborato portale, nel fregio, inserito tra tre metope, trova
accoglimento l'iscrizione: MISEREMINI MEI / MISEREMINI MEI / SALTEM VOS / AMICI
MEI.
[Pietà di me / Pietà di me / almeno voi / amici miei].
Facciata (part.) Chiesa del Purgatorio, Matera |
Lateralmente,
due nicchie custodiscono le statue di San Michele Arcangelo a
sinistra e dell'Angelo custode a destra, che si alzano su altrettanti
portali minori rispetto al centrale, dotati anch’essi di un timpano sotto il
quale è collocato un teschio in pietra scolpito a tutto tondo.
Molto
sentito quindi il tema della Vanitas, il cui termine deriva dal memento mori biblico “vanitas vanitatum et omnia vanitas”;
un efficace monito all'effimera condizione dell'esistenza.
Uno
dei pensieri cardine dell’azione di disciplinamento ad opera dei Gesuiti e dei
maggiori ordini religiosi post tridentini, quello della Vanitas, portato avanti
da questi, nella speranza che il popolo, attraverso la condanna degli scorretti
ed abbietti modi di vivere dell’uomo, si avvicinasse in maniera più fervida e
sentita alla Chiesa.
Guercino, Et in Arcadia ego, 1618 - 1622, olio su tela, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma. |
Anche,
o forse soprattutto, in pittura, la Vanitas si diffuse a macchia d’olio,
attraverso composizioni i cui elementi erano un coacervo di simbolismo ed
allusioni al tema della caducità della vita.
Quello
della fugacità del tempo e dell’ ineluttabilità della morte in effetti è uno
dei temi più affrontati dalla società morale e disciplinata del Seicento.
L’associazione
della clessidra e del teschio al tempo che fugge inesorabilmente, è ben
visibile infatti in diverse opere; spesso a questi elementi segue anche l’iscrizione
“Et[iam] in Arcadia Ego” (Anche io in Arcadia), anch’esso un memento mori a
ricordare l’onnipresenza della morte nel tempo e nello spazio.
Chiesa del Purgatorio, XVIII secolo, Matera. |
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