A. Modigliani, Nudo sdraiato, 1917 - 1918, olio su tela, Collezione Gianni Mattioli, Milano |
Proprio questa tela
infatti, alimentò sin da subito il mito di un audace Modigliani, creando
attorno ad essa un sentimento di scandalo così accentuato, quando fu esposta su
esortazione del mercante d’arte Berthe Weill alla prima personale parigina dell’artista,
che dovette essere ritirata dalla vetrina per offesa alla pubblica decenza, su
invito delle forze dell’ordine chiamate sul posto a risolvere la questione.
A ragion di logica, se
volessimo cercare però la raffigurazione del primo pelo pubico nella donna
ritratta dagli artisti, allora dovremmo cedere lo scettro a Gustave Courbet, che
come delineato nelle mie riflessioni circa il senso da attribuire a L'origine del mondo, è in effetti uno dei primi pittori a immortalare il particolare in
una bellezza reale e non idealizzata o divinizzata sulla tela.
Per cui, essendo
questo un artista anteriore al Modigliani, la tesi che vuole consegnare all'italiano la paternità di questa idea, viene a decadere su ogni punto di vista.
A. Modigliani, Ritratto di Jeanne Hebuterne, 1919, olio su tela, collezione privata. |
Questo però ovviamente
non toglie che Amedeo Modigliani non sia da considerarsi uno degli artisti più
eclettici e provocatori del suo tempo, sapendo arrivare all’anima del modello,
attraverso la sensuale carnalità dipinta sulle sue tele e scolpita nei suoi
blocchi di pietra, seguendo i dettami dell’artista maledettamente affascinante
e complessato, abbandonato ai piaceri terapeutici dell’alcol e della lascivia.
Un atteggiamento che
lo aiutò ad emergere come uno degli esponenti più influenti a quella che fu
definita la Scuola di Parigi: un titolo figurato che racchiude in sé tutti i
maggiori esponenti dell’arte contemporanea a cavallo tra le due guerre
mondiali, vissuti tra Montemartre e Montparnasse, ma nati in altri paesi
europei, come Picasso, Chagall e Mondrian. Eccezione va fatta per Henri Matisse ed il suo grande amico Maurice Utrillo, nati entrambi in Francia, ma catalogabili
nella cerchia di questo gruppo di pittori, per pensiero artistico e modo di vivere.
Conosciuto come un artista
fragile sia sul piano psichico che sul piano fisico patologico, tanto da essere
riconosciuto come l’ultimo dei bohemien, Amedeo dovette convivere con la sua salute
cagionevole già dall'adolescenza, quando a 14 anni, fu colpito prima da una febbre tifoide, poi da
una gravissima forma di tubercolosi.
A. Modigliani, Nudo sdraiato su un divano, 1917, olio su tela, collezione privata. |
Qui Modigliani, nel
suo studio di Montmartre, tra una trasgressione di natura alcolica ed una di
natura stupefacente, sviluppò uno stile pittorico fatto di rapide pennellate ed
idealizzazione estrema del modello: ogni ritratto non durava più di due sedute,
eppure la sua sveltezza di esecuzione non coincideva mai con una superficiale
attenzione all’espressività o all’anatomia.
Anzi, l’opera finale
riusciva a raccontare meravigliosamente l’anima del modello ritratto; la
perfezione dei lineamenti, ottenuti attraverso una linea arcaica e semplice; la
sensualità del corpo tramite un’ondulazione sinuosa, allungata e delicata degli
arti, del busto e del collo e l’intensità di uno sguardo che spesso offuscava i
sentimenti del modello, quando privato delle pupille, specchio dell’anima.
A. Modigliani, Caryatide, 1911, marmo, collezione privata. |
Anche nelle sue
sculture Amedeo Modigliani riuscì a trasmettere le stesse caratteristiche.
Affusolate e molto spesso composte da linee dolci convesse e concave, non si
discostavano molto dalla ricerca di una soluzione moderna – cubista, derivante
dalla scultura negra già studiata da Picasso e Matisse.
Sculture che hanno
senza dubbio accentuato l’immemore fortuna dell’artista, morto a soli 36 anni, nel 1920, logorato da
una meningite tubercolotica e dall’ormai dipendenza dall’alcool.
Infatti, è memorabile
e conosciuta in tutto il mondo legato alla storia dell’arte e non solo, la
vicenda del ritrovamento, nel 1984, di tre teste scolpite dalla mano di
Modigliani.
Seguendo la storia non
documentata per cui l’artista, durante il suo breve ritorno a Livorno nel 1909,
avesse gettato nel Fosso Reale – il fossato che circondava la città fortificata
– tre sculture, perché deriso dai suoi amici che non le reputavano opere degne,
in occasione di una mostra per il centenario di Modigliani si procedé allo
scandaglio.
E qui furono ritrovate
effettivamente le tre teste scolpite, che furono argomento di dibattito presso
i critici più influenti della storia dell’arte italiana della seconda metà del
Novecento: se da un lato Federico Zeri negò l’attribuzione all’artista, dall’altro
Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, si schierarono con l’idea che vedeva in
Modigliani l’esecutore di quelle opere.
In realtà dopo un mese
dal ritrovamento si scoprì che le tre teste, altro non erano che riproduzioni
improvvisate da tre studenti livornesi che si autodenunciarono sul giornale
Panorama, documentando prima attraverso foto scattate al momento della
scultura, poi mostrando in diretta al TG1 la riproduzione di un’ennesima testa,
di essere i padri effettivi delle tre opere.
Una storia questa che
non solo dimostrò come, in mancanza di documenti che accertino la paternità di
un’opera ad un artista, ogni opinione, per quanto garantita da un eccellente
storico dell’arte, rimane comunque un’opinione e mai un’assoluta verità, ma che
aumentò in maniera esponenziale la fama di un artista tormentato e malato, che
aveva fatto delle maledizioni vissute, la sua pennellata di riconoscimento.
Le tre teste credute di Modigliani, scherzo di tre ragazzi livornesi |
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