Via Riscatto a Matera, a sinistra del duomo. |
Tra le tante simpatiche
curiosità storiche che offre la città di Matera, durante la gita effettuata con
alcuni amici in un sabato umidissimo di metà ottobre, una di quelle che più mi
affascinava visitare era la celeberrima Via del Riscatto, adiacente alla
Cattedrale intitolata alla Madonna della Bruna ed a Sant’Eustachio, ancora chiusa per restauri dovuti ad alcuni crolli avvenuti nel 2003.
Una via che prende il
nome dal sentimento provato dai materani, movente dell’omicidio del primo conte
che governò Matera, tal Giovan Carlo Tramontano, nato a Sant’Anastasia nel 1450
e morto proprio nella città da lui governata nel 1514; città a cui lasciò in
eredità del suo vissuto, il Castello angioino del 1501, con un maschio e due
torrette laterali.
Castello Angioino, 1501, Matera. |
Figlio di un banchiere
di umili origini, Giovan Carlo è certamente da connotarsi come una figura
pioneristica sul piano politico materano, non solo perché in seguito a
pressioni e coalizioni riuscì a farsi nominare conte di un territorio che
dipendeva direttamente dal re aragonese, ma ancor prima perchè con perseveranza
e determinazione riuscì ad ottenere a corte, il ruolo di "mastro regio
della zecca napoletana”, che gli permise di partecipare attivamente al Parlamento
partenopeo, fino ad allora riservato soltanto alla nobiltà ed al clero.
Panorama di Matera |
Ruolo che lo avvicinò
al re Ferdinando II d’Aragona, detto Ferrandino, quando, in un improvviso
tumulto avvenuto a Napoli tra i sostenitori degli angioini di Carlo VIII e gli
aragonesi, questo sostenne a spada tratta la seconda fazione.
Fu sotto questi
auspici che due anni più tardi, Tramontano riuscì a farsi nominare Conte di
Matera per ben due volte: la seconda infatti fu nel 1506, quando preso
prigioniero in Puglia sulla via di Taranto, perse i diritti sulla contea;
diritti che riacquisì con fatica, tentando di supplicare il diffidente
Ferrandino, nonostante i regali di alto livello donati ai regnanti, tra cui una collana di ben
25 perle.
Panorama di Matera con duomo in vista |
In qualità quindi di
signore di Matera, non gli fu difficile imporre alla cittadinanza tasse e
gabelle utili a pagare da un lato l’acquisto dei feudi di Ginosa e di Grifalco,
dall’altro il castello, la cui costruzione imponeva un preventivo di 25.000
ducati. Una situazione che piegò in due l’economia del paese, essendo le
richieste troppo esose per il reddito medio dei popolani.
Ma quando alle già
supplite angherie, il 28 dicembre 1514, Tramontano impose al popolo nuove tasse
per far fronte al restante pagamento di 24.000 ducati nei confronti del catalano
Paolo Tolosa, utili alla compravendita dei due feudi, i materani persero ogni
possibile grado di tolleranza, arrivando a progettare l’omicidio del conte.
A programma fatto, l’imboscata
si sarebbe dovuta svolgere all’indomani dell’ultima richiesta, all'uscita di Tramontano dalla Cattedrale
dopo la messa domenicale del vespro. Un luogo ed un momento ragionati a dovere,
in virtù del fatto che, secondo le usanze del tempo per cui ogni uomo si recava
disarmato alla funzione rituale, sarebbe stato senza dubbio più facile colpire
il tiranno.
Via del Riscatto a Matera. |
La sera del 29
dicembre 1514, dopo aver corrotto le guardie mercenarie del nobile, il
Conte fu assalito e ucciso in una via laterale del duomo, da uno o più
sicari.
Vista la gravità dell’evento,
connotabile come attentato alla corona di natura politica, sotto il commissariamento
di Giovanni Villani, furono impiccati quattro uomini innocenti e inquisiti
altri, che si riuscirono a riscattare pagando nel complesso 2000 ducati.
Ma nonostante il clima
di terrore, l’esecutore né i mandanti vennero fuori, anzi il popolo coeso,
riuscì a ribaltare la situazione ribellandosi e creando movimenti pericolosi
per le strade. La cosa spinse il re a non indagare oltre, ma il comune,
accusato di non aver saputo gestire la situazione, fu ammonito con una ammenda di
10.000 ducati, poi commutata in un indulto che finalmente regalò alla città la
tanto agognata felicità perduta vent’anni prima.
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