sabato 16 novembre 2013

John Waters e l'arte dissacratoria: il gusto del disgusto

Nello svirgolettare (nuovo termine ad hoc che ho deciso di creare) la mostra che si è scoperto essere una “bufala”, Ojo del culo della Fondazione Serralves di Oporto, ho ricevuto qualche critica riguardante la mia decisione di aver dato spazio ad un argomento che non avrebbe nulla a che fare con l’arte.

John Waters. 
Eppure, essendo io un cultore della critica, quando però costruttiva piuttosto che sterile e fine a se stessa, continuo a precisare – discorso che ho preso più volte nel mio blog – che proprio in qualità di storico dell’arte, non spetta a me filtrare il marasma che caratterizza la materia. Io non posso scegliere, giudicare cosa è giusto e cosa è sbagliato, decidere cos’è arte e cosa non lo è: il mio lavoro è quello di interpretare, raccontare e costruire il suo mondo, o ancora ricercare il senso ed il concetto che ha voluto trasmettere l’artista in una sua determinata opera d’arte.

Definito ancora una volta ciò, è chiaro che davanti ad un catalogo fotografico dissacratorio come “12 assholes and a dirty foot” (12 ani e un piede sporco), concepito dal regista ed artista John Waters nel 1999 all’Art Metropole di Toronto, io non possa chiudere gli occhi e deviare l’ostacolo, ma, piuttosto debba cercare di inquadrare l’opera in un contesto ben definito, collegandola possibilmente al luogo in cui è sito ed all’autore che l’ha creata.

Art Metropole di Toronto, interno.
L’ente museale che l’ha pubblicizzato alle porte del 2000 parla per sé. L’Art Metropole infatti è un centro museale artistico che promuove mostre e pubblicazioni di artisti sia affermati che emergenti.
Fondata nel 1974 dal gruppo General Idea, una sorta di coalizione di artisti canadesi contemporaneisti, è connotabile come una società senza fini di lucro specializzata in arte contemporanea: l’edificio, - che fino agli anni ‘40 aveva ospitato una delle prime gallerie d’arte di Toronto, la Metropole Art, da cui prende il nome – è la fucina di un mercato volto a vendere libri e cataloghi editi da artisti, video e audio, opere d’arte e istallazioni.

Il transessuale Divine. 
In questo contesto spaziale quindi si colloca l’opera di uno dei registi più provocatori e dissacratori del cinema americano, conosciuto dalla critica cinematografica per le sue scene orripilanti e nauseabonde. I cultori del cinema ricorderanno infatti il suo film Pink Flamingos, pellicola tra le più trash e disgustose,  nella quale la protagonista, il transessuale Divine, in una delle scene, divorava realmente un escremento di cane.

J. Waters, Dirty Foot, 1996, fotografia. 
Ebbene, sull’onda del dissacratorio e del “gusto del disgusto”, nasce l’opera libraria 12 asshole and a dirty foot, un catalogo di 12 pagine illustrate per un formato di 12,7 x 20 cm, edito in un numero limitato di 1000 copie, di cui 25 autografate dall’artista.
La ragione delle fotografie che analizzano 12 ani e un piede sporco, viene specificata direttamente dall’artista che nel 2004, dichiarò all’Indipendent:

“È impossibile trovare un ano che non sia minacciato da una bocca, un braccio, o un pene! Il piede sporco? Nei film porno c'è un ragazzo addetto a lavare i piedi degli attori, per cui è altrettanto impossibile trovarne uno sporco."

J. Waters, 12 asshole and a dirty foot, 1996, catalogo fotografico.
Il catalogo ovviamente appartiene all’opera da cui prende il nome, stampa cromogenica di 22 x 138 cm, ideata dall’artista nel 1996; una stampa coadiuvata di un tendaggio rosso quasi come fosse una sorta di sipario alle diverse immagini. Un tendaggio giustificato dal regista ed artista quale rimedio immediato per coprire le immagini in caso di ospiti giunti all’ultimo minuto. 

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