mercoledì 2 aprile 2014

Regina Josè Galiendo e la performance di sensibilizzazione

Attenzione: l'articolo contiene immagini che potrebbero turbare la sensibilità del lettore. 

Come esplicato in più svirgolettate (vedi Marina Abramovic e la performance interlocutoriaLa performance: il corpo come opera d'arte o La performance: il gesto sessuale come opera d'arte), negli ultimi decenni il corpo umano ha assunto un ruolo base nel tramutamento dell’idea artistica in insegnamento intriso di una morale più o meno chiara.
Tanto che ad oggi si tende a rivelare attraverso l’utilizzo del corpo ogni sorta di sentimento provato verso l’interlocutore concreto o astratto a cui questo è destinato: come non pensare allo studente spagnolo che il 22 marzo si è denudato preso da una sorta di estasi davanti alla Primavera del Botticelli agli Uffizi, o all’artista Pyotr Pavlensky che nel novembre 2013 si è inchiodato i testicoli alla pavimentazione della Piazza Rossa di Mosca, per protestare contro il severo stato di polizia della Russia di Putin?

Contemplatore della Primavera del Botticelli, nudo agli Uffizi. 

La protesta di Pyotr Pavlensky: inchiodamento dei testicoli alla pavimentazione della Piazza Rossa di Mosca.  

R.J.Galindo, Quièn puede borrar las huellas?, 2003,
performance, Città del Guatemala. 
È sotto questa consapevolezza del valore corporale, che si esplica il pensiero artistico di una giovane performer guatemalteca, Regina Josè Galindo, nata a Città del Guatemala nel 1974.
Infatti, l’artista attraverso le sue performance altamente significative, grida al mondo ogni sorta di ingiustizia e violenza a cui i più deboli sono succubi: è durante l’esecuzione dell’opera, che il suo corpo subisce l’evoluzione in corpo sociale, ossia inizia a rappresentare metaforicamente quello di tanti oppressi e perseguitati.

Un simile concetto che potrebbe apparire a primo acchito astratto, ben si esplica visivamente nelle performances che l’artista ideò tra il 2003 ed il 2005, quando, alla 51esima Biennale di Venezia, fu premiata del Leone d’oro quale Artista under 35 più promettente, "per aver saputo dare vita a un'azione coraggiosa contro il potere".

Infatti al 2003 ed al 2004 appartengono due performances atte a denunciare gli orrori della guerra civile del suo paese: nel 2003 fu “¿Quién puede borrar las huellas?” (Chi può cancellare e impronte?), a sensibilizzare le masse attraverso una Galindo pellegrina che, intingendosi periodicamente i palmi dei piedi in una bacinella intrisa di sangue, lasciava le impronte sul percorso che collegava la sede della Corte Costituzionale della Città del Guatemala al Palazzo Nazionale, in segno di protesta contro la ricandidatura alla Presidenza del Paese del dittatore e generale Eraìn Rìos Montt; mentre nel 2004 fu la volta di “El peso de la sangre” (Il peso del sangue), dove la stessa, nella Piazza Centrale della capitale, si lasciava attraversare da litri di sangue che le cadevano sul capo goccia dopo goccia, grazie ad un’impalcatura piramidale che sosteneva l’impianto contenitore.

R.J.Galindo, El peso de la sangre, 2004,
performance, Città del Guatemala.
 
R.J.Galindo, El peso de la Sangre. 

R.J. Galindo, El dolor en un panuelo, 1999,
performance, Città del Guatemala. 
Ma le battaglie di Regina Josè Galindo non riguardano solo il popolo oppresso dalla guerra, bensì si sono rivolte anche alla difesa delle donne, sempre di più vittime della forza bruta dell’uomo: nel 1999 la stessa infatti si legò verticalmente ad un letto completamente nuda e bendata, rimanendo immobile mentre sul suo corpo prendeva il via la proiezione di articoli di giornali denuncianti le violenze che le mogli subivano dai loro mariti (“El dolor en un pañuelo” – Il dolore su un foulard); ancora in "Himenoplastia", del 2004, si fa ricostruire l’imene durante un’operazione chirurgica, per protestare contro l’impostazione istituzionale della verginità, mentre nel 2005 è la volta della performance “Perra” (Cagna) che prende il nome dalla parola che l’artista si incise sulla coscia destra, a denunciare un rito aberrante che stava prendendo luogo per le vie delle città guatemalteche, dove in seguito a stupri e violenze, i malfattori tendevano a lasciare segni tangibili del loro operato, incidendo con rasoi e coltellini, parole infamatorie sul corpo delle malcapitate.

R.J.Galindo, Himenoplastia, 2004, performance, Città del Guatemala. 

R.J.Galindo, Perra, 2005, performance, Città del Guatemala. 

R.J.Galindo, Limpieza Social, 2006,
performance, Città del Guatemala. 
Altro campo toccato dalla performer è quello inerente alle condizioni psicofisiche dei prigionieri delle carceri, una situazione di disagio, umiliazione e disumanità raccontata in diverse performances e attraverso diversi campi argomentativi: “Todos estamos muriendo” (Tutti stiamo morendo) del 2000, “Proxèmica” (Prossemica) del 2003 e “Toque de queda” (Coprifuoco) del 2005, raccontano l’imprigionamento del corpo come mancanza di spazio vitale necessario alla sopravvivenza non tanto fisica quanto mentale, mentre “Camiza de fuerza” (Camicia di forza) e “Limpieza social” (Pulizia sociale) del 2006, e “Confesiòn” (Confessione), “Cepo” (Ceppo) e 150.000 volts del 2007, raccontano attraverso la sua esperienza tangibile quale sia la lacerante devastazione che tocca l’animo umano durante l’accanimento della tortura.

R.J.Galindo, Cepo, 2007, performance, Città del Guatemala. 

R.J.Galindo, No perdemos nada con nacer, 2000,
performance, Città del Guatemala.
Una completa dedizione quindi, quella dell’artista sudamericana, che ha sperimentato diverse fasi del vissuto umano più drammatico, non ultima la morte. Infatti anche su questo tema, la performer non si è tirata indietro, cercando di comprendere a pieno l’annichilimento derivante dallo svuotamento di ogni esperienza sensoriale dal corpo. Tutto questo si è tramutato in performance che la vedevano esamine in una bara (“Cortejo” – Corteggiamento, del 2013) o pronta per un’autopsia su un lettino d’obitorio (Lesson of Disection – Lezione di Dissezione, del 2011), coperta da un lenzuolo in attesa che gli interlocutori scoprissero il telo e la riconoscessero (“Reconocimiento de un cuerpo” – Riconoscimento di un corpo, del 2008) o chiusa nuda in un sacchetto di plastica e gettata nella discarica di Città del Guatemala (“No perdemos nada con nacer” – Non perdiamo nulla con la nascita, del 2000).

R.J.Galindo, Reconocimiento de un cuerpo, 2008, performance, Città del Guatemala. 

R.J.Galindo, Autocanibalismo, 2001, performance,
Città del Guatemala. 
L’esperienza artistica che la performer ha accumulato negli ultimi 15 anni di attività, andrà a comporre quella che è la mostra che dal 25 marzo all’8 giugno 2014, si terrà al PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano, avente come titolo “Estoy Viva” (Sono viva), curata da Diego Sileo ed Eugenio Viola. Tale mostra si dislocherà in cinque temi: POLITICA, DONNA, VIOLENZA, ORGANICO e MORTE, che racconteranno la completa visione di Regina Josè Galindo, coadiuvate da testimonianze visive di lavori, ancora inediti in Italia. 
Per una visione completa delle opere di Regina Josè Galindo, si riporta il suo sito web: http://www.reginajosegalindo.com/.


R.J.Galiendo, Disection, 2011, performance, Città del Guatemala. 


1 commento: