mercoledì 15 maggio 2013

Il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Pigorini


Tra i musei che a Roma sono una vera e propria istituzione, configura il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Pigorini, che prende il suo nome dal Paletnologo parmense Luigi Pigorini, che con cura meticolosa e forte determinazione, riuscì ad inaugurare il tanto voluto Istituto in un’ala del Palazzo del Collegio Romano dei Gesuiti, sino al 1962.

Busto di Luigi Pigorini, custodito nel
Museo Preistorico Etnografico
A seguire il museo fu trasferito nella sede attuale, un edificio progettato dagli Architetti Piacentini e Brasini nel 1939 nel quartiere Eur, per l’Esposizione Universale di Roma del 1942, subendo un riordinamento che rispettava però la divisione tra Paletnologia ed Etnografia.

Visitando il museo, non è difficile capire perché questo venga visitato abitualmente dalle scuole elementari e dalle scuole medie inferiori della provincia di Roma: in effetti, per quanto riguarda l’etnografia, le collezioni racchiuse nella struttura ben si prestano ad un racconto fedele e simbolico delle più diverse civiltà e tribù internazionali, ponendo analogie e differenze tra gli usi e i costumi dei popoli tra loro più lontani, mentre in ambito preistorico, una nutrita raccolta di testimonianze conduce ad una ricostruzione molto fedele di quanto accaduto per millenni.

Salendo su per le scale che conducono alle sale etnografiche e preistoriche, il salone accoglie gli spettatori con una mostra molto ridotta ma significativa dell’attività sanitaria nei paesi africani da inizio secolo in poi, attraverso i primi rudimentali strumenti di medicina, come pompe pneumotoraciche e siringhe a tre anelli; ancora, a metà salita, si apre un atrio che custodisce due vetrine frontali al cui interno sono depositati vasi e suppellettili derivanti dalle regioni meridionali d’Italia.

Una volta giunti al piano superiore, sul quale si esplica il vero e proprio museo, due corridoi portano a quattro diverse ali del palazzo; contenenti una i reperti provenienti da Africa e Oceania, una i reperti provenienti dall’America centrale e Meridionale, una l’intera collezione zooarcheometrica e preistorica e l’ultima il piccolo museo “(S)oggetti di immigrazione”.

Statua di Guerriero, Sezione Africa, nel
Museo Preistorico Etnografico, Roma
Molto genericamente, - andare nel dettaglio sarebbe impossibile data l’infinità delle testimonianze custodite nelle vetrine – la Sezione Africana apre ad una visione molto contemporanea volta a raccontare quanto ha influito la cultura dei popoli abitanti il continente nero, raccogliendo all’interna di numerate vetrine, collane, bracciali e vestiario dal design e dai colori tipici.

Superato l’affascinante step, ci si inoltra nella vera e propria collezione etnografica, che raccoglie in ordine, sculture e feticci tipici dell’arte negra, statue dense di mistero e sacralità, nei loro volti dipinti e spesso timorosi e nelle loro raffigurazioni antropologicamente destabilizzanti; i simboli delle autorità delle diverse tribù: scettri ed armi dei guru, dei grandi saggi e dei capi-tribù; statuaria funebre e  raffigurante la maternità; maschere utilizzate in battaglia e durante riti sacri e propiziatori.

Degna di nota è senza dubbio la sezione riguardante i rapporti delle civiltà europee con le tribù ed i popoli africani nel periodo colonialista e post; una vasta raccolta di suppellettili descrive con minuzia i rapporti diplomatici tra Menelik e Vittorio Emanuele III e il processo di cristianizzazione dell’Africa.

Maschere di guerrieri, nella Sezione Oceania, nel Museo
Preistorico Etnografico, Roma. 
Sulla stessa scia, la Sezione dedicata all’Oceania si racconta attraverso maschere, feticci, armi e  scudi degli aborigeni, prestando particolare rilevanza alla navigazione: nel centro della sala principale dell’ala, prendono luogo piroghe e barche usate dagli indigeni del luogo per raggiungere le diverse isole degli arcipelaghi del continente.

Sul versante frontale a quello che ospita le due sezioni dell’Africa e dell’Oceania, si apre la Sezione riguardante l’America Centrale e Meridionale. Ad aprire la sezione, l’idolo Zemi, spirito ancestrale che protegge i guerrieri della tribù Taìno, dimoranti un tempo nelle Antille, capeggia al centro della sala, introducendo lo spettatore al corridoio contiguo.

Zemi, lo spirito ancestrale della
tribù dei Taino, Museo
Preistorico Etnografico, Roma
Senza sosta, il lungo corridoio zigzagante ospita suppellettili, maschere, idoli e feticci delle tribù centroamericane e sudamericane, come gli Zapotechi, i Maya, gli Aztechi e gli Inca. In ogni vetrina vengono analizzati diversi aspetti della vita sociale di queste tribù, come la pratica del sacrificio e dell’autosacrificio dei regnanti in onore delle divinità, attraverso il perforamento della lingua, del pene e delle diverse parti del corpo allo scopo di far fuoriuscire sangue purificatore o il gioco della pelota che prevedeva il sacrificio di una delle due squadre.

Al secondo piano, si apre invece la collezione preistorica, una ricca raccolta di utensili, armi e oggettistica spaziante, dal Paleolitico, all’Età del Ferro, attraverso Neolitico ed Eneolitico. Interessante e straordinaria è la comparazione dei teschi appartenenti ai diversi stadi di evoluzione dell’uomo, attraverso i quali è ben visibile constatare le differenze fisiche tra diverse ere.

La sezione dedicata ai teschi degli uomini
primitivi, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma
La teca contente i reperti archeologici riscontrati
durante gli scavi, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma.

Venere di Savignano, 35.000 a.C., serpentina,
Museo Naz. Preistorico Etnografico, Roma
Lodevole è il Museo “(S)oggetti d’immigrazione”, raccolta di oggetti artistici provenienti da ogni parte del mondo; da evidenziare tra gli oggetti custoditi è la Venere di Savignano, tra gli esempi più noti della scultura raffigurante la Madre Terra, che si contraddistingue dalle altre sculture raffiguranti semplici uomini o guerrieri, per il sedere ed il seno prosperoso ed abbondante, fattori che la connotano appunto come la fecondatrice.

A mostra conclusa, la valutazione complessiva del museo si apre ad una dicotomia volta a prediligere alcuni aspetti ed a condannarne altri.
Se  nel primo caso infatti, è altamente formativa la presenza di tavolette raffiguranti le opere esposte in altorilievo, per permettere ai non vedenti di capire l’opera in questione, e alcune opere d’arte sono ben tangibili per poter analizzare al tatto i materiali e le tecniche, nel secondo, l’aspetto multimediale non si è evoluto: televisori di vent’anni fa trasmettono a loop pellicole ormai da restaurare, perché sgranate e comunque antiquate rispetto a quanto desumibile oggi giorno da internet.

Il Sistema multimediale datato del
Museo Naz. Preistorico Etnografico, Roma.
Il Sistema di Percorso Tattile del Museo
Nazionale Preistorico Etnografico, Roma.

Ad ogni modo consiglio vivamente di visitare il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Pigorini, un esempio utile a capire che il fattore unificante di tutti popoli, è la proprio la diversità e l’individualità della cultura, delle tradizioni e delle arti, di ognuno di essi.      

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