Tra i musei che a Roma
sono una vera e propria istituzione, configura il Museo Nazionale Preistorico
ed Etnografico Pigorini, che prende il suo nome dal Paletnologo parmense Luigi
Pigorini, che con cura meticolosa e forte determinazione, riuscì ad inaugurare
il tanto voluto Istituto in un’ala del Palazzo del Collegio Romano dei Gesuiti,
sino al 1962.
Busto di Luigi Pigorini, custodito nel Museo Preistorico Etnografico |
A seguire il museo fu
trasferito nella sede attuale, un edificio progettato dagli Architetti
Piacentini e Brasini nel 1939 nel quartiere Eur, per l’Esposizione Universale
di Roma del 1942, subendo un riordinamento che rispettava però la divisione tra
Paletnologia ed Etnografia.
Visitando il museo,
non è difficile capire perché questo venga visitato abitualmente dalle scuole
elementari e dalle scuole medie inferiori della provincia di Roma: in effetti,
per quanto riguarda l’etnografia, le collezioni racchiuse nella struttura ben
si prestano ad un racconto fedele e simbolico delle più diverse civiltà e tribù
internazionali, ponendo analogie e differenze tra gli usi e i costumi dei
popoli tra loro più lontani, mentre in ambito preistorico, una nutrita raccolta
di testimonianze conduce ad una ricostruzione molto fedele di quanto accaduto
per millenni.
Salendo su per le
scale che conducono alle sale etnografiche e preistoriche, il salone accoglie
gli spettatori con una mostra molto ridotta ma significativa dell’attività
sanitaria nei paesi africani da inizio secolo in poi, attraverso i primi
rudimentali strumenti di medicina, come pompe pneumotoraciche e siringhe a tre
anelli; ancora, a metà salita, si apre un atrio che custodisce due vetrine
frontali al cui interno sono depositati vasi e suppellettili derivanti dalle
regioni meridionali d’Italia.
Una volta giunti al
piano superiore, sul quale si esplica il vero e proprio museo, due corridoi
portano a quattro diverse ali del palazzo; contenenti una i reperti provenienti
da Africa e Oceania, una i reperti provenienti dall’America centrale e
Meridionale, una l’intera collezione zooarcheometrica e preistorica e l’ultima
il piccolo museo “(S)oggetti di immigrazione”.
Statua di Guerriero, Sezione Africa, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma |
Superato l’affascinante
step, ci si inoltra nella vera e propria collezione etnografica, che raccoglie in
ordine, sculture e feticci tipici dell’arte negra, statue dense di mistero e sacralità,
nei loro volti dipinti e spesso timorosi e nelle loro raffigurazioni antropologicamente
destabilizzanti; i simboli delle autorità delle diverse tribù: scettri ed armi
dei guru, dei grandi saggi e dei capi-tribù; statuaria funebre e raffigurante la maternità; maschere utilizzate
in battaglia e durante riti sacri e propiziatori.
Degna di nota è senza
dubbio la sezione riguardante i rapporti delle civiltà europee con le tribù ed
i popoli africani nel periodo colonialista e post; una vasta raccolta di
suppellettili descrive con minuzia i rapporti diplomatici tra Menelik e
Vittorio Emanuele III e il processo di cristianizzazione dell’Africa.
Maschere di guerrieri, nella Sezione Oceania, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma. |
Sul versante frontale
a quello che ospita le due sezioni dell’Africa e dell’Oceania, si apre la Sezione riguardante l’America Centrale e Meridionale. Ad aprire la sezione, l’idolo
Zemi, spirito ancestrale che protegge i guerrieri della tribù Taìno, dimoranti
un tempo nelle Antille, capeggia al centro della sala, introducendo lo
spettatore al corridoio contiguo.
Zemi, lo spirito ancestrale della tribù dei Taino, Museo Preistorico Etnografico, Roma |
Al secondo piano, si
apre invece la collezione preistorica, una ricca raccolta di utensili, armi e
oggettistica spaziante, dal Paleolitico, all’Età del Ferro, attraverso
Neolitico ed Eneolitico. Interessante e straordinaria è la comparazione dei
teschi appartenenti ai diversi stadi di evoluzione dell’uomo, attraverso i
quali è ben visibile constatare le differenze fisiche tra diverse ere.
La sezione dedicata ai teschi degli uomini primitivi, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma |
La teca contente i reperti archeologici riscontrati durante gli scavi, nel Museo Preistorico Etnografico, Roma. |
Venere di Savignano, 35.000 a.C., serpentina, Museo Naz. Preistorico Etnografico, Roma |
A mostra conclusa, la
valutazione complessiva del museo si apre ad una dicotomia volta a prediligere
alcuni aspetti ed a condannarne altri.
Se nel primo caso infatti, è altamente formativa
la presenza di tavolette raffiguranti le opere esposte in altorilievo, per
permettere ai non vedenti di capire l’opera in questione, e alcune opere d’arte
sono ben tangibili per poter analizzare al tatto i materiali e le tecniche, nel
secondo, l’aspetto multimediale non si è evoluto: televisori di vent’anni fa
trasmettono a loop pellicole ormai da restaurare, perché sgranate e comunque
antiquate rispetto a quanto desumibile oggi giorno da internet.
Il Sistema multimediale datato del Museo Naz. Preistorico Etnografico, Roma. |
Il Sistema di Percorso Tattile del Museo Nazionale Preistorico Etnografico, Roma. |
Ad ogni modo consiglio
vivamente di visitare il Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico Pigorini,
un esempio utile a capire che il fattore unificante di tutti popoli, è la
proprio la diversità e l’individualità della cultura, delle tradizioni e delle
arti, di ognuno di essi.
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