domenica 13 luglio 2014

Il cane nella storia dell'arte

Statua raffigurante il dio Annubi, XIII secolo A.C.,
legno, Museo di Antichità Egiziane, Il Cairo.
Il cane nella storia dell’arte ha da sempre giocato un ruolo importante, perché sin dalle prime civiltà è stato molto presente nel vissuto quotidiano dell’uomo. Così come la dea Bastet era impersonata da una gatta, secondo i dettami della religione zoomorfa egizia, il dio Annubi era impersonificato da un canide (uno sciacallo) e simboleggiava nientemeno che la morte. Da lui dipendeva la qualità della vita eterna che sarebbe toccata ad ogni egizio, ed a lui si rifacevano i sacerdoti e gli addetti alla trasposizione degli organi nei vasi canopi, che indossavano in segno di osservanza, maschere che riproducevano le fattezze di Annubi. Questo è quanto è stato desunto dalle pitture parietali riscontrate nelle diverse tombe, piramidi e costruzioni religiose; un esempio artistico lampante del dio Annubi peraltro è riscontrabile nella statua ritrovata nella Tomba di Tutankhamon.

Tiziano, Venere d’Urbino, 1538,
olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze
Ma esulando dalla divinizzazione dell’animale, che scema con l’avvento delle civiltà classiche, il cane ha da sempre rappresentato l’animale domestico protettore delle domus per eccellenza, servo fedele del proprio padrone e amico dei bambini. E nel corso dei secoli l’arte lo ha raccontato toccandolo in diversi modus vivendi e raffigurandolo e stilizzandolo a dovere. Come non pensare al cagnolino de’ Il ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck, il cui cane è presente a simboleggiare la fedeltà reciproca della coppia; alla Venere di Urbino di Tiziano, ai cui piedi della seducente dea è accovacciato il dolce cagnetto addormentato o al Ritratto di Carlo V con il cane, dello stesso pittore, in cui il Re di Spagna è accompagnato dal bel cane bianco che sembra quasi innamorato del suo padrone? Must della storia dell’arte, riportati da quasi tutti i manuali.

J. Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini,
1434, olio su tavola, National Gallery, Londra
Tiziano, Ritratto di Carlo V con il cane,
1533, olio su tela, Museo del Prado, Madrid

J. da Bassano, Due cani da caccia, 1548,
olio su tela, Museo del Louvre, Parigi.
Diverse sono le considerazioni e gli studi sul cane, fatti dagli artisti nel corso delle diverse correnti. Ovviamente la copia dal vero e lo studio anatomico, fisiognomico e delle espressioni ha avuto riscontri rilevanti, soprattutto a partire dal Rinascimento. Già nel Ritratto di Carlo V con il cane del Tiziano è ben evidente uno studio mirato alle muscolature ed al “sentimento provato dall’animale domestico”, ma nella tela dei Cani da caccia, Jacopo da Bassano raggiunge livelli encomiabili: il pelo dei due animali, uno scuro e uno bianco, riporta la lucentezza e la foltezza tipica della razza, lo sguardo è fiero e guardingo, la resa delle zampe, del muso e degli occhi è eccezionale.

G. Dou, Cane dormiente, 1650, 
olio su tela, collezione privata. 
Sempre ricordando il cagnolino addormentato de’ La Venere di Urbino di Tiziano, non possiamo non guardare al seicentesco Gerrit Dou, che riproduce il suo Cane dormiente in una posa molto simile al primo. Il cane di Gerrit Dou riposa accovacciato su una tavola, a finire una natura morta composta da un’anfora di terracotta, un cesto di vimini ed un fascio di rami, bellissimo e perfetto nel suo pelo rado e macchiato. È inutile negare che dalla sua posa e dalla sua espressione sognante traspare una dolcezza infinita, surplus interessante in un’epoca in cui l’effetto naturale, aveva la meglio sul resto.

E a seguire George Stubbs, nel pieno del XVIII secolo continua lo studio del cane nella sua anatomia, riproducendo esemplari interessanti di diverse razze. Molto ben riuscito è il Cavalier King, che sembra quasi fotografato durante una passeggiata. Lo sguardo del cane di piccola taglia è fiero e curioso, le pupille sono animate e lucenti; il pelo non è reso tramite piccole e sottili svirgolettate, ma attraverso larghe campiture: ciò nonostante il risultato resta comunque stupefacente.

Stupefacente come il Cavalier King riprodotto da Edouard Manet nel pieno della sua tecnica impressionista. Il cane riprodotto dal pittore, a differenza di quello di Stubbs sembra meno coinvolto nell’azione ritrattistica, quasi confuso da quanto sta accadendo; anche gli occhi di questo trasudano un’anima canina, nonostante in questo caso basti un piccolo punto bianco di luce in una pupilla completamente nera, piuttosto che un mirato studio anatomico dell’occhio, come in Stubbs. E ancora il pelo, che qui viene reso con svirgolettate vigorose e indefinite, che mischiando bianco, grigio, nero e un marroncino chiaro piuttosto acceso, creano l’idea di un pelo lungo, folto e molto arricciato.

G. Stubbs, Cavalier King Charles Spaniel, 1776,
olio su tela, collezione privata
E. Manet, Cane Maltese, 1866, olio su tela,
Collezione Mellon Bruce, New York. 
Continuando la strada dello studio naturalistico del cane e del suo vissuto quotidiano anche a contatto con l’uomo, un tema interessante da analizzare è l’eliminazione delle pulci dall’animale ad opera del suo amico umano. Due casi sono interessanti da analizzare a riguardo: il primo è il Ragazzo che spulcia il cane di Gerard ter Borch, sito all’Alte Pinakothek di Monaco, in cui il ragazzo è intento a spulciare il suo cagnolino, che vive passivamente la scena, che avviene in un ambiente povero e minimalista (una sedia, un tavolo ed un mobiletto su cui è poggiato un cappello chiaro). Da apprezzare in questo dipinto, è come il pittore ha sicuramente saputo riproporre lo sconforto del cane, infastidito e rattristito dal pizzicore provocato dallo staccamento delle zecche dalla pelle. Stessa cosa è ravvisabile nel secondo dipinto, opera di Nunez de Villavicencio, seguace spagnolo del Murillo. Anche nel suo Ragazzo che spulcia il cane, è ravvisabile lo sconforto del cane, che, però, a differenza di quello della tela di Borch è visibilmente spazientito e infastidito, a differenza del ragazzo che munito di sconfinata pazienza, si mette all’opera per la pulizia del suo amico.

 G. Borch, Ragazzo che spulcia il cane, XVII secolo,
olio su tela, Alte Pinakothek, Monaco.
P. De Villavicencio, Ragazzo spulcia un cane, 1650,
olio su tela, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo

Una storia di dolcezza quella che lega il cane al suo padroncino, ripresa agli inizi del Novecento da Pablo Picasso nel suo Ragazzo con cane. Nella composizione è ben evidente il rapporto di amicizia che lega i due soggetti, impoveriti nel loro aspetto così come lo sono nel loro modo di vivere. Mentre il bambino appare scalzo e coperto solo da un enorme giacca, sconfortato e annichilito nel volto mentre mangia un tozzo di pane, così il suo cane appare sporco e tignoso, con lo sguardo diffidente. Eppure ciò nonostante entrambi dimostrano dignità e onestà, consci del fatto che si bastano reciprocamente per superare ogni difficoltà.

P. Picasso, Ragazzo con cane, 1905, pastello su cartone, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo

Sul piano della composizione invece, il cane configura come animale di compagnia delle dame di ogni epoca, così come il gatto. Prendendo in esame qualche dipinto esemplare, è chiara l’impostazione ritrattistica della dama con l’animale tra le braccia, come si può notare nella Donna con piccolo cane del Bronzino, sita allo Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte.
Quieto tra le braccia della padrona, risaltante con il suo manto bianco e marroncino sul vestito di uno sconvolgente rosso acceso della donna, il piccolo cagnolino posa regalmente per dipinto. Dalla tela, traspare tutto l’ingegno del pittore nel saper raccontare l’animale, dalle giocose ondulazioni del pelo scompigliato, alla precisione anatomica del musetto e degli occhi vispi.

E qualche decennio più tardi è Lavinia Fontana, figlia del più noto Prospero, a presentare un’altra Dama con cagnolino. Nella piena fase riformista della Chiesa, la dama di Lavinia è ritratta in abiti rigorosamente casti, ma decisamente sfarzosi; la sua espressione è seria, ma serena. Tra le vesti color ocra e bianche spunta il suo cagnolino, che a differenza di quello del Bronzino, non spicca per contrasto, ma si mimetizza, quasi fosse un accessorio in pendant con l’abito. E sempre paragonandolo al dolce cagnetto del pittore fiorentino, quello di Lavinia non è anatomicamente preciso: le zampette sono molto esili rispetto al resto del corpo paffuto; il muso allungato ed il naso rosa lo rendono quasi irreale.

A. Bronzino, Donna con piccolo cane, 1530, olio su tavola,
Städelsches Kunstinstitut, Francoforte
L. Fontana, Ritratto di donna con cane, II metà XVI sec.,
olio su tavola, Auckland Art Gallery, Auckland

E Rembrandt, un  secolo dopo, nella sua Dama con cane, riprende l’idea cromatica che era stata del Bronzino, contrapponendo il rosso delle vesti della donna, alla bicromia bianco – marroncino chiaro del cane, che però, si perde nelle chiare braccia della sua padrona. Il cane di Rembrandt, essendo creatura nata dal suo tocco pittorico, è indefinito nella sua completezza: non un cenno di virtuosismo naturalistico nel pelo, che viene reso con campiture larghe ed omogenee, a malapena di distingue la zampetta che trova spazio tra le dita della mano di lei.

Decisamente più ovattato e incipriato, così come l’epoca artistica a cui appartiene, è il Ritratto di ragazza con cagnolino, di Francois Boucher, che raffigura una dama che tiene ad un guinzaglio di raso azzurro il suo piccolo carlino. Il cane, dal manto grigio, si contraddistingue nettamente sull’abito rosa confetto della dama: il suo sguardo appare stranito, confuso, come si evince dagli occhi sgranati; il suo pelo è lucido e così raso che sembra non esserne provvisto.

Rembrandt, Dama con cane, 1665, olio su tela,
Art Gallery of Ontario, Toronto
F. Boucher, Ragazza con cagnolino, 1740 ca., olio su tela,
Art Gallery of New South Wales, Sidney

Un cane di piccola taglia, il carlino ritratto da Boucher con la sua padrona, così come lo è Itzcuintli, che introduce alla tematica dell’Autoritratto degli artisti con il proprio cane.
Itcuintli era infatti il piccolo chihuahua di Frida Kahlo, che, ne’ Il cane Itzcuintli ed io del 1938, si fa ritrarre con lei. Due pose nette e distinte eppur unite dalla stessa espressione pacata e indagatrice: Frida vestita di nero, ricorda probabilmente uno dei numerosi lutti della sua vita travagliata; Itzcuintli con le sue orecchie aguzze resta in tema, ricordando per alcuni versi Annubi, il dio egizio della morte.

E se la donna Frida Kahlo, non soffre di problemi legati alle dimensioni, esibendosi con un cane grande poco più di una mano, gli artisti uomini esibiscono nei loro autoritratti, cagnoni di stazza enorme. Si veda l’Autoritratto con cane di Rembrandt, nel quale il pittore seicentesco si esibisce in un vistoso costume orientale, esibendo una posa altezzosa ed austera ed accompagnandosi ad un cane di grossa statura, dai lunghi ricci. È degna di lode la rifinitura di ogni riccio, un lavoro che nel complesso rende la copia del cane quanto più verosimile all’originale; curiosa è ad ogni modo la tosatura della parte posteriore dell’animale, evidentemente una moda in voga del momento.

F. Kahlo, Il cane Itzcuintli con me, 
1938, olio su tela, collezione privata
Rembrandt, Autoritratto con il cane, 1631,
olio su tela, Musèe du Petit Palais, Parigi

G.Courbet, Autoritratto con cane nero, 1842,
olio su tela, Musèe du Petit Palais, Parigi
Anche Gustave Courbet ha lasciato testimonianze del suo cane, nel suo Autoritratto con cane nero del 1842. Alcuni studi sostengono la tesi per cui alcuni cani tendano a somigliare fisiognomicamente ed espressivamente ai loro padroni dopo averne assorbito le abitudini: dopo aver visto Itzcuintli con Frida Kahlo, anche il cane nero di Courbet sembra avere lo stesso sguardo di serenità e supponenza del suo padrone, nonché le sue orecchie, prendere la stessa forma dei capelli dell’uomo e il suo manto, le stesse fattezze della giacca del pittore.

A. Ligabue, Autoritratto con il cane, 1957,
olio su faesite, Collezione privata, Brescia
E se con Courbet ammiriamo lo spettacolo della fisiognomica legata all’empatia, con Antonio Ligabue ne abbiamo una versione calzante e simpatica.
Accompagnato dal suo cane da caccia nel suo Autoritratto con il cane del 1957, il pittore si dipinge afflosciato nelle vesti così come l’animale lo è nella sua pelle rugosa: l’espressione simpatica e strana è la stessa, così come le rughe e le solcature.

Non si può però chiudere questo post senza toccare gli studi contemporanei sul cane. Studi scientifici, come quello fatto da Giacomo Balla sui cani, per testare le teorie sul dinamismo, ad esempio. Nella tela custodita alla Albright Knox Art Gallery di Buffalo del 1912, Dinamismo di un cane al guinzaglio, è interessante notare la sequenza continua che si crea nel trascinamento del lungo pelo del cagnolino, quasi come se in un andirivieni delle zampette, il movimento non abbia mai fine proprio grazie ai peli: la teoria perfetta per un cultore dell’energico Futurismo come Balla!

G. Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, olio su tela, Albright Knox Art Gallery, Buffalo
Ma, grande protagonista è Franz Marc, pittore che amava ritrarre gli animali nelle loro sfaccettature psicologiche e caratteriali. Fra tutti, di grande tenerezza è Il cane bianco del 1912, che preso di spalle, è intento ad ammirare e a scoprire il mondo. È interessante il contrasto tra i colori variopinti dell’ambiente sullo sfondo ed il candore del cane, innocente nella sua ingenuità: nonostante è girato, è possibile notare l’espressione di incertezza dell’animale, che, accovacciato sul suo sedere, contempla l’inizio della sua avventura.

Un’avventura che sembra poi ultimare Renato Guttuso nel suo Cane Randagio, bianco come il cane di Marc, ma a differenza del primo, esausto dalla vita piena di sofferenze e privazioni e saturo degli insegnamenti consegnategli dalla vita. il cane di Guttuso è un cane stanco, stremato, che si regge a malapena sulle sue gambe, magro sino all’inverosimile e probabilmente in procinto di morire. E per quanto non sia possibile guardare i suoi occhi e la sua espressione, quella profonda campitura blu scura sul volto, preannuncia un dolore provato da molti anni.

F. Marc, Cane bianco, 1912, olio su tela,
collezione privata, Svizzera
R. Guttuso, Cane randagio, 1959, 
olio su tela, collezione privata
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1 commento:

  1. Complimenti per queste perle di saggezza che riguardano i cani nelle più importanti opere d'arte dedicate a loro. Una ricerca, la vostra, ben curata e ben strutturata nei dettagli che esprimono conoscenza sul tema affrontato.

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