venerdì 6 settembre 2013

Impara l'arte e mettila da parte. Evidentemente non in Italia

Non volevo arrivare a tanto, ma giunti a questo punto, devo proprio asserire che l’Italia non merita quanto ha da offrire in materia di arte.
La mia affermazione ovviamente non è fine a se stessa: nell’ultimo mese diverse realtà analizzate in prima persona e storie di cronaca mi hanno colpito in prima linea, tanto da sviluppare ulteriormente una coscienza già abbastanza persistente, in materia di preservazione, conservazione, tutela e valorizzazione di beni culturali.

La mano della statua del gruppo de' L'Annunciazione di
Giovanni d'Ambrogio,danneggiata da un turista americano.
Già come denunciato in altre occasioni, in una visione che spazia dal territorio di residenza all’intera nazione, ho avuto modo di notare spiacevolmente le politiche attuate in materia di beni culturali. In primis nella mia terra natale, Canosa di Puglia, in cui monumenti del calibro di un ipogeo del V secolo A.C. vengono tutt’oggi lasciati al degrado assoluto,mentre enti pseudo-museali sono abbandonati all’anarchia; ancora nelle diverse regioni della nazione, come in Sicilia,  il cui il Museo Regionale di Messina non dispone di una struttura adibita, da ben 105 anni.

Storie, quelle citate, che lasciano il tempo che trovano, essendo realtà ormai consolidate da anni, in  una nazione che ancora ai giorni nostri non presenta particolari cambiamenti. È notizia del 5 agosto 2013, quella riguardante il danneggiamento di una statua rappresentante la Vergine, parte integrante di un gruppo scultoreo in marmo di Giovanni d'Ambrogio, raffigurante un'Annunciazione.

Cattedrale di Trani, XII secolo. 
Danno involontario e fortunatamente poco grave - essendo il dito in questione un rifacimento posteriore - causato da un turista americano in visita al Museo dell'Opera del Duomo a Firenze, che si era avvicinato all'opera per scrutare meglio i particolari della mano. Ovviamente quanto accaduto è stata la conseguenza di un ritardato intervento dell’assistente di sala; monito di un inefficiente servizio di vigilanza nella città così come nell’intero piano nazionale.

E laddove non vi è neanche segnale di vigilanza, si arriva allo scempio: qualche giorno prima del deturpamento della mano della Vergine, la scritta “Shotty#1 crew” eseguita con pennarello nero, campeggiava sui marmi di una delle facciate del Battistero di Firenze, mentre scritte inneggianti a Juventus e Inter, sporcano tutt’oggi le mura di una delle nicchie della Cattedrale di Trani, uno degli esempi più ammirati e sensazionali del romanico pugliese.

Però ad onor del vero, la mancanza o inefficienza di vigilanza non è l’unica persistente lacuna in rapporto alla tutela. Altro dato preoccupante è senza dubbio quello inerente alla superficialità con cui si concedono prestiti di opere d’arte, ed alla poca meticolosità in materia di trasporto. Come dimostra il caso dell’ormai irrecuperabile bassorilievo canoviano di Perugia, datato 2 agosto dello stesso anno.

A. Canova, L'uccisione di Priamo, 1787 - 1792,
calco in gesso, Accademia d'Arte, Perugia.
L’uccisione di Priamo, il fregio in gesso dell’Accademia d’Arte di Perugia, opera del rinomato scultore veneto, è infatti caduta in mille pezzi per via della manovra grossolana di una ditta di trasporti che aveva il compito di condurlo ad Assisi, dove si sarebbe tenuta una mostra standardizzata del genio di Antonio Canova; una mostra senza fama e senza lode intitolata con il cognome dell'illustre artista.

A. Canova, Stele funebre a Giovanni Volpato,
1805, marmo, Basilica dei Santi Apostoli, Roma.
Probabilmente nessun restauro potrebbe riportare l’opera allo splendore di qualche settimana fa, per cui si può affermare che un pezzo di storia dell’arte italiana sia tristemente perso; così come penso possa perdersi con gli anni, un’altra opera del giovane Canova, la stele funebre a Giovanni Volpato esposta nell’esonartece della Basilica dei Santi Apostoli a Roma, che andrebbe piuttosto preservata da ogni aggressione climatica, vandalica e microbica, perché documento importantissimo dei primi approcci dell’artista con lo stile Neoclassico.

Di tutta quest’ultima storia probabilmente la cosa più triste è che la notizia è stata nascosta all’attenzione dei cittadini per non creare ulteriori allarmi: in un periodo in cui il governo si tiene in piedi col rotto della cuffia, un disastro del genere avrebbe senza dubbio screditato il Ministero per i Beni e le Attività Culturali di Massimo Bray e denunciato la politica di interessi che si aggira dietro al mercato dell’arte.

Rovine di Pompei. 
E meno male che qualcuno ha ancora una coscienza per denunciare le amenità taciute come lo storico dell’arte Francesco Federico Mancini, a cui dobbiamo dopo un mese, la diffusione della notizia descritta o come i tanti storici dell'arte neolaureati con tanta voglia di fare ma poche credenziali.

Ad ogni modo tutte queste piccole perle di negatività fanno capire come il paese che detiene il 70% dei beni patrimonio dell’Unesco non sappia gestire ciò che è di proprio possesso. Un dato di fatto che oggi più che mai lascia sgomento e tristezza alla luce di quanto deciso per il sito archeologico di Pompei, affidato all’Università di Monaco, che, attraverso la “Pompeii Sustainable Preservation Project", si propone di
 salvare Pompei in 10 anni densi di restauri, ricerca e formazione.

2 commenti:

  1. Germans do it better.

    By the way, "plììs-visit-Italy" (cit.)

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  2. Not only Germans, do it better. Even English.
    Pare infatti che anche i cugini anglosassoni ci sappiano fare in materia di valorizzazione: linko qui un articolo scritto ad otto mani con altri tre colleghi ed amici e pubblicato sul blog del mio amico Stefano, che racconta una realtà a cui non siamo abituati:
    http://stefanocominale.blogspot.it/2013/04/ops21-2013-dc-welcome-pompei.html

    Come vedi tutt'altra storia.
    Tu hai citato Rutelli ed il suo inglese maccheronico con cui invitava gente dal mondo a visitare il biutiful cauntri, io ti cito i tre B: Bray, Bondi e Buttiglione.
    E direi che possiamo fermarci qua, dato che è ora di cena.

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