Nel pieno clima dell’arte
contemporanea, che si caratterizza quasi sempre per esser arte di concetto, la
performance non sempre viene capita dallo spettatore. Quando accade, questa riconduce
chi assiste alla sua messa in pratica, ad una dimensione di incertezza, disagio
ed angoscia.
Così fu certamente per
la performance Seedbed ad opera dell’artista Acconci, ( leggi articolo inerente)
che scandalizzò non poco una società che per quanto stesse vivendo nel pieno
degli Anni Settanta quel clima volto al libertinaggio ed allo spirito libero,
probabilmente non era ancora del tutto pronta ad assistere alla masturbazione
di un uomo, inglobato in una teca trasparente.
Così come quarant’anni
fa, sempre a New York, al MoMA, si è ripetuta nell’ultima decade di marzo (il
23 ed il 25) una performance che prevedeva l’adagiamento della performer in una
teca di vetro. Le modalità di esecuzione però, sicuramente erano diverse da
allora, non prevedendo lo spettacolo alcun gesto sessuale.
T. Swinton, The Maybe, 2013, performance, MoMA, New York. |
Prima di raccontare la
performance, bisogna accennare ad un fattore di non poco conto: la performer non è l’artista che l’ha ideata. Questo induce ad una
riflessione: l’artista è allora, chi crea o chi esegue la performance? Nonostante
la mia specializzazione in storia dell’arte non credo di essere in grado di
fare il Salomone della situazione, quindi non mi esporrò nel relegare l’esecutrice
a mera lavoratrice e la creatrice ad artista. Anche se a mio parere dovrebbe
essere così.
Tilda Swinton |
Tornando alla
performance, la performer è la nota attrice inglese Tilda Swinton, all’anagrafe
Katherine Mathilda, classe 1960, vincitrice del Premio Oscar come migliore attrice non
protagonista nel 2008 per Michael Clayton.
Questa, durante le
sette ore di apertura del museo contemporaneo, ovviamente sempre aperto a
questo tipo di sperimentazioni (soprattutto quando c’è in ballo il nome
altisonante di un premio Oscar), si è adagiata nella teca vitrea, su un materasso
dotato di lenzuolo e cuscino categoricamente di stoffa bianca a dare un senso
di austerità e sterilità, avendo a disposizione solo un bicchiere, una
bottiglia d’acqua e un paio d’occhiali.
Agli spettatori
destabilizzati da tale performance, per cui l’attrice sembra semplicemente
dormire per ben sette – otto ore filate, la descrizione che accompagna l’opera
non è di aiuto. Questa infatti riporta solamente: artista vivente, vetro,
acciaio, materasso, cuscino, lenzuola, acqua e occhiali.
La performance che
prende il nome di The Maybe quindi sembra proprio rappresentare semplicemente
una donna dormiente in una teca per tot ore al giorno, a colmare la settimana d’esposizione.
Cornelia Parker |
La creatrice di questa
performance che non esula dallo sfumare in un’opera d’arte di concetto, è l’artista
Cornelia Parker, scultrice ed autrice di installazioni riconosciute da molti
critici d’arte contemporanei per le sue istallazioni, sin dagli inizi degli Anni
Novanta.
L’idea di The Maybe
infatti non è recente. La prima esecuzione è datata al 1995; già allora la
creatrice e l’esecutrice della performance collaborarono insieme alla
Serpentine Gallery di Londra, riuscendo ad ottenere una nomination al Turner Prize, il
premio d’arte contemporanea più prestigioso del Regno Unito.
L’anno dopo The
Maybe fu ripetuta al museo Barracco di Roma.
E adesso, dopo
diciassette anni anche il MoMA e gli americani son riusciti a godere della
prestazione (da Oscar anche questa?) della Swinton; un portavoce del museo ha
inoltre annunciato che l'esibizione dell’attrice sarà prevista per altre cinque
volte durante tutto il 2013, ma la sua presenza non sarà annunciata e la teca
sarà sistemata ogni volta in un luogo diverso del museo.
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