venerdì 30 agosto 2013

Seraphine Louis de Senlis, il genio e la pazzia dell'artista che dipingeva la natura

Le pittrici da sempre sorbiscono in me un certo fascino. Ricordo quando ero un liceale affatto innamorato della storia dell’arte, che, nonostante seguissi con molta noia le lezioni della mia professoressa, mi lasciai però incantare dalla storia di Artemisia Gentileschi, figlia del caravaggesco Orazio; pittrice sulla quale nel 1997, Adrienne Clarkson sceneggiò il film che per l’appunto prese il nome di Artemisia.

Il suo genio e la sua tenacia nel prevaricare la società poco incline ad accettarla, la sua voglia a non arrendersi e a combattere psicologicamente lo stupro che fu di Agostino Tassi, pittore anch’egli ed amico di suo padre, la relegarono per secoli tra gli esempi di virtù e pseudo - emancipazione a cui ogni donna avrebbe dovuto ambire; cosa che senza dubbio l’ha fatta risplendere ai miei occhi più di altri anonimi suoi pari di sesso maschile.

Seraphine Louis de Senslis
È quindi con la stessa curiosità, che ho indagato e raccontato storie di altre artiste del calibro di Pamela Bianco, Aelita Andre o Marina Abramovic. Ed è con la medesima, che, su consiglio di un amico sempre attento alle rivalutazioni di personalità poco conosciute ai più, ho svolto le mie ricerche su una pittrice francese della seconda metà del XIX secolo,  Seraphine Louis de Senlis.

Parlare di questa artista, segregata nel dimenticatoio per decenni, sino alla rivalutazione critica avvenuta solo nel 2009, in seguito al film di Martin Provost, Sherapine, vincitore di sette premi César, non è affatto facile, perché complicata è stata la sua visione del mondo e delicata la sua psiche, tanto da farla finire all’età di 64 anni, segregata in un manicomio.

Ma andiamo per gradi. Nata da una famiglia di domestici, Seraphine seguì sin da subito le orme dei genitori, lavorando per diverse famiglie come governante e cameriera sino a quando, lavorando ai servigi del collezionista d'arte Wilhelm Uhde, nel 1912, questi scoprì le sue pitture.

Mentre risiedeva nella città dove viveva la pittrice, Senlis (che diverrà un epiteto di riconoscimento della pittrice, un po’ come accade tutt’oggi per Leonardo da Vinci), Uhde scoprì casualmente una natura morta raffigurante delle mele nella casa dei vicini, rimanendo esterrefatto nel sapere che proprio la sua domestica, fosse l’autrice di quel dipinto.

“Erano delle vere mele, modellate in una bella pasta consistente. Cézanne sarebbe stato contento di vederle”, avrebbe detto più in là Uhde, del dipinto ammirato; così convinto di quella pittura primitiva, verace e così vera, tanto da guidare la pittrice in un excursus improntato ad uno studio sempre più intimo della sua coscienza e personalità.

Fu da allora, dalla veneranda età di 48 anni, che Seraphine Louis vide riconoscersi una sorta di talento di stampo naif; un talento che si esplicava però soltanto nell’incondizionata rappresentazione di fiori, piante e vegetazione e che esulava da qualunque altro stampo iconografico.

Ma la carriera della fragile pittrice crollò di lì a poco. Dopo una tregua temporale negli anni della Prima Guerra Mondiale, (quando Uhde fu costretto ad allontanarsi dalla Francia perché tedesco e quindi mal visto dalla popolazione di Senlis), nel 1927 i due tornarono a collaborare: il critico, di ritorno a Senlis, comprò infatti le tre enormi tele che la Louis espose alla mostra collettiva Amici dell’Arte, dimostrandole così un affetto non indifferente ed una voglia a lavorare con lei.

Ma le attenzioni del critico non portarono che ad un annientamento delle poche certezze della pittrice. Vinta da una voglia di superare ogni volta di più i suoi limiti, soggiogata da un’ambizione più grande evidentemente delle sue possibilità, Seraphine si lasciò trascinare dalla nefasta illusione di essere una pittrice affermata, tanto da spendere gran parte dei suoi risparmi in acquisti inutili e roba futile.

La crisi americana del ’29 però, trascinando nel baratro gli investimenti di Uhde tanto da farlo quasi fallire come mercante d’arte e curatore di mostre, porta via con sé anche le ultime certezze di una Seraphine sempre più insicura ed instabile, sino a quando nel 1931, viene rinchiusa in un manicomio, in seguito ad atti scellerati dell’artista, abbandonata dal mondo e lasciata macerare a se stessa sino al 1939, quando morirà di stenti e fame, in una struttura che a ridosso della seconda guerra mondiale, non poteva più garantire una vita dignitosa ai malati che ospitava.

Ma la fortuna critica di Seraphine Louis de Senlis, continuò a coinvolgerla anche quando la sua psiche l’aveva già abbandonata: Uhde, che morirà nel 1947, non si lasciò vincere dall’ abbandono della sua artista di punta: il mercante espose le sue opere nel 1932, alla mostra “The Modern Primitives” di Parigi; ancora nel 1937-38 in una mostra dal titolo “The Popular Masters of Reality”, che si tenne in diverse fasi a Parigi, Zurigo ed al MoMA di New York; nel 1942  presso i “Primitivi del secolo ventesimo” in mostra a Parigi, e infine, nel 1945, in una mostra personale delle sue opere sempre nella capitale francese.

Per chi volesse ammirare i dipinti di Séraphine Louis, può recarsi  in questi musei, che espongono diverse opere dell’artista: il Musée Maillol di Parigi, il Musée d’art de Senlis, il museo d’arte naif di Nizza ed il Musée d’Art moderne Lille Métropole a Villeneuve d’Ascq. 

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