L’idea per cui il nord
abbia da sempre avuto una marcia in più sul sud, sin dai tempi dell’istituzione
del Regno d’Italia nel 1861, ha sfiorato almeno una volta nella
vita, più della metà del popolo italiano, da sempre.
Non voglio, non posso,
giudicare se questo ragionamento sia solo un’impressione data dal gap evidente
di disoccupazione e benessere tra regioni del Nord e del Sud (non è un caso che
regioni come il Veneto o il Piemonte siano rappresentate da esponenti della
Lega, che combattono per un federalismo delle regioni d’Italia), o siano
trasposizioni della concretezza di tutti i giorni: in fondo è vero che il
settore secondario, sul quale si basa l’economia del nord, sia economicamente
più produttivo del settore primario, sul quale si basa l’economia del sud.
In questo articoletto,
non voglio assolutamente affrontare la questione, non ne ho forse le
competenze; queste considerazioni personali mi son servite da preambolo a
quanto sto per raccontare. Strascicando la premessa ancora per un po’, mi
chiedo se oltre un secolo fa, la differenza tra nord e sud si sentisse come
oggi, e quanto. Siamo stati tutti educati alla visione del contadino del sud
che arriva a Milano e fa fortuna; ci hanno insegnato da sempre che le migrazioni
non sono solo state estere ma anche interne, e solitamente dal nord al sud.
Ancora oggi in film del calibro di Benvenuti al Sud, si racconta una realtà a
senso unico.
Sul piano culturale,
artistico e museale, senza dubbio le istituzioni nate nel nord alla fine
dell’Ottocento, hanno da sempre risentito di influssi benevoli alla loro
crescita, a discapito di quelli del sud, spesso lasciati in balia di se stessi
e dei briganti. Cristo si è fermato ad Eboli, raccontava Carlo Levi. Forse
Cristo si era fermato anche un po’ più su. A Roma probabilmente.
Infatti gettando uno
sguardo di insieme al carteggio tra i diversi direttori dei musei e l’organo
centrale del Ministero della Pubblica Istruzione, mi è parso evidente l’aspetto
dicotomico volto ad elogiare i musei del nord, ben gestiti e spesso riordinati
(i riordinamenti ai musei di Firenze, Bergamo, Roma, Ravenna, ad opera di
Corrado Ricci, valente storico dell’arte, primo sovrintendente d’Italia e
direttore generale delle Antichità e Belle Arti, sono cosa nota), ed ad
additare quelli del sud, lasciati in balia di loro stessi, tra custodi corrotti
ed incapaci di ottemperare una politica volta alla salvaguardia e furti di
oggetti d’arte dalle teche delle sale.
Polidoro da Caravaggio, Adorazione dei Pastori, 1543, olio su tavola, Museo Regionale, Messina |
Il
caso del Museo Regionale di Messina (ex civico, ex nazionale), è forse il caso più emblematico di tutto
questo discorso.
Questo
museo, nato nel 1806 in qualità di museo civico, era stato sito sino
prima presso l’Archivio degli Atti Notarili, poi
in locali predisposti dall’Università Regia di Messina.
Ma il notevole numero di oggetti d’arte confluiti nel museo
dalle corporazioni religiose soppresse con la legge del 1866, spinse il
Municipio della città a chiedere allo Stato, nel 1876, che questo adibisse un
nuovo luogo, decisamente più idoneo ad ospitare l’ingente mole di beni
custoditi.
Dal 1876, per oltre otto anni, puntualmente le suppliche del direttore Salinas giungevano agli uffici del Ministero, finché, in un clima di tensione
dato dall’ingovernabilità di una struttura che non poteva tutelare e
salvaguardare i beni ivi custoditi, nel 1884
fu predisposto il trasferimento della sede prima in un edificio di Via
Peculio Frumentario, e sei anni dopo nei locali riadattati dell’ex - Monastero di San Gregorio.
La situazione post terremoto a Messina, il 29 dicembre 1908. |
Questa sede fu progettata come la sede definitiva del Museo,
ma la quiete dell’istituzione siciliana durò poco meno di vent’anni. Il 28
dicembre 1908 infatti, assieme alla gran parte degli edifici di
Reggio Calabria e Messina, a causa del fortissimo terremoto crollò la suddetta
sede, portando con sé nelle macerie beni di inestimabile valore.
Le
operazioni di recupero furono senza dubbio tempestive per il tempo: in meno di due anni, tutti i
beni sepolti furono “riportati alla luce” e restaurati con meticolosità: molti
restauratori offrirono anche le loro prestazioni senza alcun compenso in
cambio, consci che opere come il polittico di Antonello da Messina, custodito
nell’ex omonima sala, andassero preservati a prescindere dalle aggressioni
della polvere e dei calcinacci.
A. da Messina, Polittico di S. Gregorio, 1473, olio su tavola, Museo Regionale, Messina |
Dal 1908 al 1915, per oltre otto anni, il direttore Salinas
aveva supplicato innumerevoli volte il Ministero di avviare le pratiche di
costruzione della sede, ma le vicende burocratiche vinsero su di lui, che morì
senza la serenità di veder realizzato il sogno a cui aveva dedicato la vita.
Solo a partire dal 1922, sotto la direzione del Mauceri,
Messina visse un periodo di “presunto” ritorno
alla stabilità pre – 1908: le sue
opere d’arte furono catalogate nei registri inventariali e sistemate in locali che per quanto inadeguati, comunque
lasciavano trapelare un’idea di riordinamento.
Ma per quanto attenuato, il problema era ancora un macigno non indifferente. Sino al 1939 nulla fu fatto per portar a termine la costruzione di adeguati locali in cui istituire il museo nazionale; fu solo in tale data che il Ministero dell’Educazione Nazionale, dette il via all’esecuzione di un progetto per adattare i locali del Monte di Pietà a sede conveniente per il Museo. Ma lo scoppio della guerra e l’entrata dell’Italia a fianco della Germania e del Giappone, nel 1941, bloccò ancora una volta i lavori e la volontà di consegnare a Messina una sede degna del proprio museo.
Solo nei primi anni '80, dopo diversi progetti analizzati e scartati, fu considerata valida l’idea degli architetti Basile e Manganaro; un’idea che si è concretizzata in una sede valida solo nel 2005 ma che, però, ancora non è stata adibita a sede ufficiale del Museo Regionale.
Facciamo i conti. 2013 – 1908 = 105 anni. Che ne dite, basteranno per poter affermare senza dubbi che Messina ha patito sin troppo la colpa di essere una città dimenticata del profondo sud?
Ma per quanto attenuato, il problema era ancora un macigno non indifferente. Sino al 1939 nulla fu fatto per portar a termine la costruzione di adeguati locali in cui istituire il museo nazionale; fu solo in tale data che il Ministero dell’Educazione Nazionale, dette il via all’esecuzione di un progetto per adattare i locali del Monte di Pietà a sede conveniente per il Museo. Ma lo scoppio della guerra e l’entrata dell’Italia a fianco della Germania e del Giappone, nel 1941, bloccò ancora una volta i lavori e la volontà di consegnare a Messina una sede degna del proprio museo.
Solo nei primi anni '80, dopo diversi progetti analizzati e scartati, fu considerata valida l’idea degli architetti Basile e Manganaro; un’idea che si è concretizzata in una sede valida solo nel 2005 ma che, però, ancora non è stata adibita a sede ufficiale del Museo Regionale.
Facciamo i conti. 2013 – 1908 = 105 anni. Che ne dite, basteranno per poter affermare senza dubbi che Messina ha patito sin troppo la colpa di essere una città dimenticata del profondo sud?
<3
RispondiEliminaIaia
Iaia, non potevo non raccontarlo. Mi premeva tantissimo dover far sapere questa storia :)
RispondiEliminaPs: Ho lavorato alle mie ricerche su ben 4 buste! :D