martedì 10 giugno 2014

Pascalistan: la storia di uno di noi, approdato nelle sconosciute terre del Kazakistan

Per quanto il mio blog sia una miscellanea di temi e tematiche, solitamente sono il gran più delle volte propenso a raccontare di arte piuttosto che di musica, cinema e televisione: non tanto per il fatto che di arte credo di intendermene un po’ - essendo dottore in materia - quanto perché non sono cinefilo, non sono un intenditore di musica e non amo particolarmente la televisione (anche se cerco di seguire i palinsesti proposti dalle varie emittenti per aver sempre un’infarinatura generale da sfruttare in ipotetici discorsi da fare in altrettanto ipotetiche cene con amici e sconosciuti).

Detto ciò, probabilmente tra i canali che preferisco seguire vi sono quelli musicali, quali MTV, Deejay TV e Radio Italia, non per altro che, essendo di base radiofonici e proponendo video musicali che vanno ascoltati più che visti, mi permettono di poter prestare attenzione a qualunque cosa stia facendo, godendo di un gradevole sottofondo.

E dopo aver piacevolmente scoperto il programma che ha lanciato PIF sul piccolo schermo, Il testimone – nello specifico rimasi interdetto dalla puntata su Roberto Saviano e dalla dualità di amore e paura verso il suo personaggio, tanto che vergai le mie impressioni a caldo sulla svirgolettata apposita – in queste ultime mattinate primaverili mi sono piacevolmente appassionato al programma Pascalistan, le cui repliche della seconda stagione sono mandate in onda da Deejay Tv nella prima mattinata.

Locandina di Pascalistan, programma televisivo in onda su Deejay TV

Pasquale Caprino, in arte Son Pascal
Pascalistan è una sorta di reality atto a raccontare la vita di Son Pascal, nome d’arte di Pasquale Caprino – nato a Battipaglia, classe 1986 - un ragazzo che dalla Campania, passando per Londra e stabilendosi in Kazakistan, è ancor oggi alla perenne ricerca della formula e dell’occasione che lo renderà una star. Il nome Pascalistan è infatti giustappunto una sorta di crasi tra il suo nome d’arte ed il paese nel quale spera di far fortuna.

Non c’è molto da dire a proposito di come sia arrivato sin nella steppa: come si evince dall’intro della sigla del reality, in un’ascesa geografica che lo ha portato dal salernitano alla capitale, a Milano, sino in Inghilterra, Pascal finalmente trova la sua occasione nel Kazakistan dove viene selezionato tra i concorrenti di un talent musicale locale. Complice l’amore dei kazaki per la musica italiana, il talentuoso cantante non passa inosservato, tanto da sfondare nel web grazie ad alcune rivisitazioni delle più celeberrime canzoni italiane e non, conosciute nello stato nonché ad alcuni fortunati inediti.



Son Pascal
Eppure, per chi credesse che un bel faccino, l’aria da ragazzo scaltro e una voce armoniosa fossero l’unico strumento necessario per arrivare al successo, durante le due stagioni del reality, quello che ne esce fuori è un ragazzo molto legato alle sue origini italiane, con i piedi bel saldi a terra, intelligente e umile, preparato, sempre oculato e realista negli investimenti progettuali.

Aspetti che ben fuoriescono da un programma gestito eccezionalmente nei contenuti e nella trama, perché se da un lato Son Pascal è l’unico protagonista del progetto televisivo, così ben strutturato da riuscire ad alternare visioni introspettive e confidenziali molto profonde del cantante, a veri e propri momenti di cazzeggio totalmente superficiali che ricordano in fondo la sua giovane età, dall’altro il programma permette di conoscere in lungo e in largo una realtà sconosciuta ai più, quella di un paese gigantesco stretto tra Cina e Russia, che si strascica ancor oggi una tradizione ed una cultura filocomunista molto accentuata.

Astana, capitale del Kazakistan 
Una cultura che affascina, perché affascinano i luoghi ripresi, le tradizioni raccontate, i piatti, gli usi e i costumi mostrati: una perla per chi è curioso ed affamato di realtà geografiche ancora sconosciute allo Street View di Google Maps; una sensazionale scoperta per chi non sapeva neanche che esistesse un paese meravigliosamente tradizionalista per alcuni versi e moderno per altri, così lontano ed allo stesso tempo così vicino all’Italia; un paese dove Toto Cutugno e Al Bano sono più idolatrati di qualunque altra star del luogo: talmente idolatrati da disporre l’utilizzo della vecchia Bentley Presidenziale di Nikita Krusev per accogliere Toto Cutugno all’aeroporto o organizzare veri e propri pellegrinaggi di devozione a Cellino San Marco; artisti che nella loro gigantezza, ben volentieri si sono prestati per aiutare il giovane Son Pascal ad emergere e farsi conoscere ancora un filino di più. 


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