Per quanto il mio blog
sia una miscellanea di temi e tematiche, solitamente sono il gran più delle
volte propenso a raccontare di arte piuttosto che di musica, cinema e
televisione: non tanto per il fatto che di arte credo di intendermene un po’ -
essendo dottore in materia - quanto perché non sono cinefilo, non sono un
intenditore di musica e non amo particolarmente la televisione (anche se cerco
di seguire i palinsesti proposti dalle varie emittenti per aver sempre un’infarinatura
generale da sfruttare in ipotetici discorsi da fare in altrettanto ipotetiche
cene con amici e sconosciuti).
Detto ciò,
probabilmente tra i canali che preferisco seguire vi sono quelli musicali,
quali MTV, Deejay TV e Radio Italia, non per altro che, essendo di base
radiofonici e proponendo video musicali che vanno ascoltati più che visti, mi
permettono di poter prestare attenzione a qualunque cosa stia facendo, godendo
di un gradevole sottofondo.
E dopo aver piacevolmente
scoperto il programma che ha lanciato PIF sul piccolo schermo, Il testimone –
nello specifico rimasi interdetto dalla puntata su Roberto Saviano e dalla
dualità di amore e paura verso il suo personaggio, tanto che vergai le mie
impressioni a caldo sulla svirgolettata apposita – in queste ultime mattinate
primaverili mi sono piacevolmente appassionato al programma Pascalistan, le cui
repliche della seconda stagione sono mandate in onda da Deejay Tv nella prima
mattinata.
Locandina di Pascalistan, programma televisivo in onda su Deejay TV |
Pasquale Caprino, in arte Son Pascal |
Pascalistan è una
sorta di reality atto a raccontare la vita di Son Pascal, nome d’arte di
Pasquale Caprino – nato a Battipaglia, classe 1986 - un ragazzo che dalla
Campania, passando per Londra e stabilendosi in Kazakistan, è ancor oggi alla perenne
ricerca della formula e dell’occasione che lo renderà una star. Il nome
Pascalistan è infatti giustappunto una sorta di crasi tra il suo nome d’arte ed
il paese nel quale spera di far fortuna.
Non c’è molto da dire
a proposito di come sia arrivato sin nella steppa: come si evince dall’intro
della sigla del reality, in un’ascesa geografica che lo ha portato dal
salernitano alla capitale, a Milano, sino in Inghilterra, Pascal finalmente
trova la sua occasione nel Kazakistan dove viene selezionato tra i concorrenti
di un talent musicale locale. Complice l’amore dei kazaki per la musica
italiana, il talentuoso cantante non passa inosservato, tanto da sfondare nel
web grazie ad alcune rivisitazioni delle più celeberrime canzoni italiane e non, conosciute nello stato nonché ad alcuni fortunati inediti.
Son Pascal |
Eppure, per chi
credesse che un bel faccino, l’aria da ragazzo scaltro e una voce armoniosa
fossero l’unico strumento necessario per arrivare al successo, durante le due
stagioni del reality, quello che ne esce fuori è un ragazzo molto legato alle
sue origini italiane, con i piedi bel saldi a terra, intelligente e umile,
preparato, sempre oculato e realista negli investimenti progettuali.
Aspetti che ben
fuoriescono da un programma gestito eccezionalmente nei contenuti e nella
trama, perché se da un lato Son Pascal è l’unico protagonista del progetto
televisivo, così ben strutturato da riuscire ad alternare visioni introspettive
e confidenziali molto profonde del cantante, a veri e propri momenti di
cazzeggio totalmente superficiali che ricordano in fondo la sua giovane
età, dall’altro il programma permette di conoscere in lungo e in largo una
realtà sconosciuta ai più, quella di un paese gigantesco stretto tra Cina e
Russia, che si strascica ancor oggi una tradizione ed una cultura filocomunista
molto accentuata.
Astana, capitale del Kazakistan |
Una cultura che
affascina, perché affascinano i luoghi ripresi, le tradizioni raccontate, i
piatti, gli usi e i costumi mostrati: una perla per chi è curioso ed affamato
di realtà geografiche ancora sconosciute allo Street View di Google Maps; una
sensazionale scoperta per chi non sapeva neanche che esistesse un paese meravigliosamente tradizionalista per alcuni versi e moderno per altri, così lontano ed allo stesso tempo così vicino all’Italia; un paese dove Toto
Cutugno e Al Bano sono più idolatrati di qualunque altra star del luogo:
talmente idolatrati da disporre l’utilizzo della vecchia Bentley Presidenziale di
Nikita Krusev per accogliere Toto Cutugno all’aeroporto o organizzare veri e
propri pellegrinaggi di devozione a Cellino San Marco; artisti che nella loro gigantezza, ben volentieri si sono prestati per aiutare il giovane Son Pascal ad emergere e farsi conoscere ancora un filino di più.
Nessun commento:
Posta un commento