Vaso a figure nere con Achille e Aiace, 530 ca, Museo Gregoriano Etrusco, Città del Vaticano. |
Nella storia
dell’arte, ritratti e opere il cui soggetto fosse l’essere umano, si
riscontrano sin dall’alba dei tempi; tanto per capirci basti pensare ai
graffiti preistorici che raffigurano scene di caccia con umani stilizzati
muniti di lance che rincorrono animali di grande levatura o le Veneri (ad
esempio di Willendorf o Savignano) risalibili a più di 30.000 anni fa; o ancor
più recentemente (dove per “recente” si intende 4000 – 2000 anni fa) all’arte
pittorica murale egizia o a quella vascolare, pittorica e scultorea greca –
etrusca e latina, che raffigurano uomini e donne intenti in danze, lavori
manuali e ogni sorta di attività quotidiana, civile e bellica.
Giotto, Incontro alla Porta Aurea, 1303 - 05, affresco, Cappella degli Scrovegni, Padova. |
Di conseguenza è
facile affermare che la ritrattistica o la resa di folle, ambienti abitati e
scene di vita familiare raccontassero in modo esplicito o implicito i diversi
rapporti sociali che legavano i soggetti alla società del loro tempo: esplicito
appunto quando l’intersecazione tra i soggetti è evidente (la scena di un
abbraccio, un bacio, un dialogo); implicito quando la raffigurazione di un
soggetto racconta una sorta di parentela o rapporto di questo con il
committente dell’opera o con l’artista che lo ha creato (fratellanza, amore,
matrimonio, amicizia).
Una componente
interessante e molto importante nella storia della ritrattistica e della resa
di soggetti umani nella storia dell’arte è giustappunto da individuarsi nei
rapporti che legavano quindi gli artisti con i modelli delle loro opere d’arte,
che non sempre erano mercenari slegati da qualunque vincolo affettivo, anzi non
di rado erano proprio legati ai loro datori da un rapporto di amore più o meno
legittimo: in virtù di questo la storia dell’arte presenta diversi esempi di
raffigurazione di soggetti che si sono scoperti essere amanti degli artisti
autori di quelle opere, alcuni legati a vicende o curiosità sicuramente
autentiche e particolari.
Raffaello, La
Fornarina, 1518 – 1519,
olio su tavola, Galleria Nazionale
d’Arte Antica, Roma.
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Non è un caso che il
primo esempio di rapporti amorosi tra artista e modello che prendo in
considerazione per un racconto sommario dell’amore passionale tra artisti e
modelli nella storia dell’arte, sia da riscontrarsi nel Rinascimento Italiano,
in pieno ‘500. Infatti nella migliore delle evoluzioni dello status di artista
nella storia, solo verso il XIII – XIV secolo iniziamo a vedere una sorta di
emancipazione del ruolo di artista da quello di mero artigiano; per cui non è
facile ricostruire le vite private di quei pochi artisti importanti che si sono
distinti prima degli umanisti – rinascimentali.
Probabilmente quando
parliamo di modelle amanti degli artisti del pieno rinascimento, la figura più
emblematica da prendere in considerazione è quella che lega il più classico dei
pittori alla più classica delle artigiane: l’amore tra Raffaello e tal
Margherita Luti, sua modella per diverse opere, figlia di fornaio e quindi
anch’ella fornarina.
Ed è proprio questo
suo mestiere che prende il nome uno dei ritratti più affascinanti del pittore
urbinate, che però nonostante la dicitura (il titolo all’opera fu imposto del
XVIII secolo in seguito all’individuazione della modella) non ritrae la donna
intenta nel suo mestiere ma nella grazia e nella delicatezza che più si confanno
ad una donna angelicata in un momento intimistico. La donna infatti è seminuda,
con una mano si regge il suo seno sinistro, con l’altra si copre le nudità già
di per sé coperte da un drappo rosso. Il bracciale da schiava sul braccio
destro, riporta le effigie del pittore: sicuramente un suo cadeau personale
alla sua modella amata. Modella che non posò solo per il ritratto suddetto, ma
anche nella tela de’ La Madonna Sistina e nella tavola de’ La velata.
Raffaello, La Madonna Sistina, 1513 – 1514, olio su tela, Gemaldegalerie, Dresda |
Raffaello, La Velata, 1516,
olio su tavola, Galleria Palatina, Firenze.
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Michelangelo, Il
sogno, 1533, matita
su carta, Galleria Courtauld, Londra.
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Ma non necessariamente
i rapporti amorosi in epoca rinascimentale riguardavano gli artisti e le belle
donne; non di rado infatti lo stesso tipo di amore trascinante e peccaminoso
toccava toni omosessuali: Michelangelo o Leonardo erano dichiaratamente
omosessuali, non ne facevano un vanto ma neanche un mistero, di certo però
lasciarono testimonianze visibili dei loro amanti in disegni che riproponevano
le fattezze di questi.
Michelangelo nella sua
lunghissima vita ebbe molti giovani amanti, delle età più disparate, tutti
molto belli e disponibili. In talune occasioni si lasciò così andare all’amore
verso questi, da divenire quasi irrazionale nel sentimento provato: uno tra
tutti il nobile Tommaso de’ Cavalieri, talmente bello agli occhi dell’artista,
che questo non solo gli dedicò decine e decine di odi, ma lo immortalò anche in diversi disegni di
carattere sia sacro che profano. In particolare ne’ Il sogno, è desumibile
tutto l’impeto e il vigore del giovane rampollo, adagiato nudo in una posa
plastica che lascia trasparire uno studio approfondito dell’anatomia e della
muscolatura esagerata tipica dell’uomo michelangiolesco.
Leonardo e Salaì,
Monna Vanna,
olio su tela, 1510 - 1520,
Museo del Louvre, Parigi.
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Leggermente più
complessa e meno evidente è la storia che lega invece Leonardo a Gian Giacomo
Caprotti detto il Salaì (derivazione di Saladino, ossia Diavolo). Non è attestato
che i due fossero amanti, nonostante una denuncia per sodomia subita
dall’artista in forma anonima proprio per via del suo attaccamento a questo. Di
certo però è chiara la predilezione del genio poliedrico verso il ragazzo, che
appare ritratto in diverse opere sotto forma sia di uomo che di donna: una
peculiarità singolare quella dell’androginia artistica del ragazzo che fu anche
egli pittore, attribuita in modo marcato alla Monna Vanna, dato che il suo viso
è identico a quello di un qualunque ritratto del Salaì o in modo ancor più
evidente a quello del San Giovanni Battista al Louvre; in modo leggermente più
azzardato invece, addirittura, alle emblematiche figure di Monna Lisa e del San
Giovanni de’ L’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Attribuzioni che di certo non fanno altro che aumentare l’alone di misticismo
che da cinque secoli tocca i due soggetti nello specifico.
Leonardo, San Giovanni Battista, 1508 – 1513,
olio su tavola, Museo del Louvre, Parigi |
Leonardo, Monna Lisa, 1503 - 1514, olio su tavola, Museo del Louvre, Parigi. |
Caravaggio, Il fanciullo con il canestro di frutta,
1596, olio su tela, Galleria Borghese, Roma.
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Tre quarti di secolo
più tardi fu Caravaggio uno degli artisti che più di altri seppe concedere ai
suoi amanti, ruoli importanti in dipinti dal retrogusto tanto innovativo quanto
polemico. Uomo dal carattere irascibile, furbo e canzonatore, fu grande amante
di uomini e di donne, tra cui se ne individuano almeno quattro davvero
importanti per il suo vissuto: Fillide, Lena, Mario e Cecco.
Mario Minniti fu amico
e amante del pittore lombardo nei primi anni del suo soggiorno a Roma. Talmente
fidato e importante per Caravaggio, che questi lo volle come modello per i suoi
primi esperimenti, alcuni dei quali connotano una sorta di sensualità velata e
ammiccante, come ne’ Il suonatore di liuto (di New York) o Il fanciullo con il
canestro di frutta: lo sguardo di Mario nel dipinto è ammaliante, quasi volesse
invogliare al peccato, aiutato nell’opera di seduzione dalla spalla scoperta ed
il collo tirato all’insù.
Caravaggio, Amor Omnia Vincit, 1602, olio su tela, Staatliche Museum, Berlìno |
Anche Cecco Boneri
(all’anagrafe Francesco) fu molto importante per il pittore bergamasco, anche
se non è attestato in modo certo che fosse un suo amante: di sicuro però amava
il modo di fare del suo amico di avventure, che lo trascinava con sé nelle
diverse scorribande in giro per la capitale dello Stato Pontificio.
Modello per alcune
tele soprattutto di carattere biblico, in più occasioni Cecco appare nudo
totalmente o parzialmente nel suo fisico asciutto e adolescenziale, come
nell’Amor Omnia Vincit o il San Giovanni Battista di Palazzo Corsini a Roma,
che presentano due versioni caratteriali dello stesso soggetto: la prima più
sbarazzina e spensierata, la seconda più intimistica e raccolta.
Se però da un lato gli
amori giovanili di Caravaggio furono omosessuali, quelli del periodo maturo
riguardarono delle ragazze di bell’aspetto, cortigiane frequentate dal pittore
e dai suoi amici.
Lena Antognetti era
una delle cortigiane più ammirate della Roma dell’epoca, dato che era molto
conosciuta perché lavorava con sua sorella Amabilia: insieme erano considerate
tra le donne più belle della città. Caravaggio la ritrasse in opere di
carattere religioso, che poco rendevano giustizia all’ars amatoria di cui ella
era capace: basti vedere la responsabile Madonna dei Palafrenieri (o della
Serpe) o la venerata Madonna dei Pellegrini.
Caravaggio, Madonna dei Palafrenieri, 1605, olio su tela, Galleria Borghese, Roma |
Caravaggio, Madonna dei Pellegrini, 1604 – 1606,
olio su tela, Basilica di Sant’Agostino, Roma |
Caravaggio, Marta e Maria Maddalena, 1598, olio su tela, Institute of Arts, Detroit |
E infine Fillide
Melandroni, amata da Caravaggio sino ai suoi ultimi giorni a Roma prima della
sua fuga, idolatrata, contemplata e santificata dal pittore nelle sue tele come
nella Santa Caterina d’Alessandria o nella Giuditta e Olferne; resa talune
volte la personificazione della bellezza e della vanità, come nella Marta e Maria Maddalena di Detroit o nel purtroppo perduto durante la Seconda Guerra
Mondiale, Il ritratto della cortigiana Fillide.
Caravaggio, Santa Caterina d’Alessandria, 1599, olio su tela, Museo Thyssen Bornemisza, Madrid |
Caravaggio, La cortigiana Fillide, 1597, olio su tela, Kaiser Friedrich Museum, Berlino. Opera distrutta nel 1945 |
F. Goya, La duchessa
d’Alba, 1795,
olio su tela, Collezione d’Alba, Madrid.
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Amori tormentati,
impossibili e discutibili che ritornano continuando nell’analisi del tema,
anche nella Spagna di fine Settecento, in una relazione che pare più da soap
opera che reale – dato che non è attendibile da fonti certe: quella tra
Francisco Goya e la duchessa d’Alba Maria Teresa Cayetana de Silva. Femme
fatale, intrigante e molto astuta, fu ritratta dal pittore in più occasioni:
celebre è il ritratto omonimo del 1795 in cui la donna appare in un sontuoso
abito bianco fasciato di rosso ed una capigliatura riccia nera molto folta.
Altre voci narrano che
il pittore avesse avuto avventure occasionali anche con Pepa Tudò, l’amante di
Manuel Godoy, il committente delle due versioni de’ La Maya Desnuda e La Maya
Vestida. Ma non essendoci fonti a riguardo si è propensi a credere che quelle a
riguardo fossero solo voci di corridoio, a differenza invece della presunta
relazione amorosa con la duchessa d’Alba che potrebbe essersi consumata nella
località estiva di Sanlùcar dove entrambi risiedevano nei mesi più caldi, come
si evince dai numerosi disegni riguardanti la duchessa d’Alba e donne nude
dall’aspetto fisico molto somigliante, contenuti nell’album che prende il nome
dal paese.
F. Goya, Maya Desnuda, 1800, olio su tela, Museo del Prado, Madrid |
G. Courbet, Il sonno, 1866, olio su tela,
Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris, Parigi |
E se con Goya leggiamo
di un artista che si divise molto probabilmente tra due donne, una modella che
invece divise il suo amore tra due pittori fu Joanna Hiffernan. Probabilmente
né il suo nome né il suo volto diranno molto, dato che ella è conosciuta nel
globo per la sua vagina. Infatti Joanna fu la modella e con ogni probabilità
amante di Gustave Courbet, il pittore che immortalò le sue nudità nella tela
commissionatagli dal diplomatico turco – egiziano Khalil – Bey per le sue
stanze private. Ovviamente il rapporto
lavorativo tra pittore e modella non si limitò solo a L’Origine del Mondo, dato
che l’artista la ritrasse nella sua incantevole bellezza sangue e latte in
dipinti dal forte carattere sensuale come Il sonno, - che la ritraeva in un
assopimento saffico con un’altra donna.
J. A. MN. Whistler, Sinfonia in bianco No. 1, 1862, olio su tela, National Gallery of Art, Washington |
Un lato di Joanna
lontano da quello illustrato da James Abbott McNeill Whistler, nella sua
Sinfonia in bianco N.1, dove la modella con i suoi lunghissimi ricci rossi, squarcia
un candore di sfumature chiarissime dato dall’intera ambientazione e dal casto
abito lunghissimo. Joanna fu amante di Whistler ma anche compagna, rimanendogli
affianco per ben sei lunghi anni: fu mentre era in viaggio con questo a Parigi
che infatti incontro Courbet. Un pittore affascinante e malandrino a cui non
seppe dire di no quando questo le propose di denudarsi per lui.
Un amore speso quello
tra Joanna e Whistler, ostacolato dalla famiglia di lui che la vedeva come una
poco di buono e sopravvissuto per anni ad incomprensioni e difficoltà di ogni
tipo per poi finire a Parigi. Una vicenda che ricorda molto quella di un’altra
coppia di amanti molto tormentata, vissuta a Parigi negli anni ’20 del
Novecento: Amedeo Modigliani e Jeanne Hepbuterne.
A. Modigliani,
Ritratto di Jeanne Hebuterne,
1919, olio su tela, Collezione Privata.
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A differenza della
classica modella pagata per il suo lavoro, spesso accondiscendente o
spavaldamente prostituta, Jeanne Hepbuterne fu compagna devota del pittore
maledetto, tanto da convivere con lui e dargli una bambina, (cosa non così
anomala considerando che circa vent’anni prima anche Matisse ebbe sua figlia
Marguerite da una modella, Caroline Joblau, prima di sposare la sua moglie
storica Amelie). Ma con la morte di Modigliani nel 1920, anche Jeanne, incinta
di nove mesi del suo secondo figlio, si gettò dal balcone della sua casa a
Parigi, vedendosi impossibilitata a vivere senza l’amore ragione della sua
vita.
Tutto il contrario di
Marcella, la modella ragazzina del pittore Ernst Ludwig Kirchner, spavalda
nella sua consapevolezza di forte carica erotica celata dal trucco così forte
da farla apparire più grande. Marcella è una prostituta ancora in fase di
crescita, - così come la modella più pudica de’ La pubertà di Edvard Munch –
ripresa dall’artista anche in un’altra tela più tarda di qualche mese in cui
appare quasi succube del suo lavoro, annoiata di quella consapevolezza di cui
era rimasta affascinata sino ad allora.
E. L. Kirchner,
Marcella,
1909, olio su tela,
Moderna Museet, Stoccolma.
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E. L. Kirchner, Marcella, 1910, olio su tela, Brücke-Museum, Berlino |
E. Munch, La pubertà, 1895, olio su tela, Galleria Nazionale, Oslo |
F. Bacon, Ritratto di George Dyer che parla,
1966, olio su tela, collezione privata |
La bellezza, la
sensualità quindi, le armi usate dalle modelle per ammaliare gli artisti per
cui posavano, più che l’intelligenza e la caparbia. In fondo quello della
modella era un lavoro semplice che non implicava chissà quale arte della
diplomazia o virtù da portare in dote. Ma lo stesso non poteva dirsi
dell’amante più ambito dall’artista Francis Bacon: quando conobbe George Dyer,
questo era un ladro di trent’anni poco credibile ed esperto, che, secondo una
delle due versioni ufficiali, conobbe l’artista mentre era intento a rubargli
in casa (l’altra versione vede un incontro fortuito a tre in un bar con il
fotografo John Deakin). Eppure il pittore rimase così affascinato dall’uomo, da
stilizzarlo in più ritratti che valevano come studi sul soggetto, opere dal
valore inestimabile, dato che, proprio il Ritratto di George Dyer che parla, è
il quadro venduto in Europa, più pagato di tutti i tempi.
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