La mostra monografica che
si terrà sino al 16 giugno presso le Scuderie del Quirinale a Roma, vede come protagonista Tiziano Vecellio, il noto artista di scuola veneta, nato intorno al 1490 e
protagonista nel XVI secolo dell’affermazione di quella pittura tonale che era
stata già prima del Giorgione, e di quel tocco elegantemente Belliniano, rielaborato attraverso l’acquisizione delle diverse maestranze, con cui entrò in
contatto nel corso della sua vita e del suo viaggiare.
Per un excursus delle
opere presenti alla mostra e per aver chiaro il percorso che si è tentato di
seguire, nelle sale dei due piani del palazzo, con la collocazione delle diverse
opere dell’artista di Pieve di Cadore, invito a prender visione dello spazio
dedicato alla mostra dal sito ufficiale delle Scuderie:
Una volta entrati nel
mondo dell’artista, in spazi dalle mura monocromatiche asettiche, già la prima
sala diventa il micro mondo nel quale
prende vita l’esplicazione del tema della mostra: il percorso artistico del
pittore dalla formazione iniziale agli ultimi anni.
Infatti, accanto all’Autoritratto del pittore del 1566, un
ritratto connotato dal suo immortalarsi ad effigie romana tipico della moneta, nella
delineazione di un profilo laterale di stampo quattrocentesco intriso di
quelle sfumature tipiche della sua pittura matura per cui il nero sfocia nel
marrone in un gioco magico di trasformazione cromatica, configura il Martirio di San Lorenzo, tela del 1548 –
1567, tipica del suo periodo di acquisizione delle maestranze derivanti dagli
artisti romani, protagonisti della diaspora post Sacco di Roma del 1527, come
dimostra la particolare attenzione ai bassorilievi dipinti nell’opera, la statua raffigurante Vesta, il tempio sulla destra e la
figura del martire, di stampo Michelangiolesco.
Tiziano, Martirio di San Lorenzo, 1548 - 1557, olio su tela, Chiesa di S. Maria Assunta, Venezia |
Nelle sale a seguire
il percorso formativo del pittore diviene più chiaro, poiché dalla seconda sala
in poi le opere vengono presentate cronologicamente. Le prime, ascrivibili al
1515 – 1525, mostrano un Tiziano accademico, ancora incerto ed immaturo nella
resa della prospettiva, ma sicuro nella resa del colore, vispo, dalle tonalità
cangianti e vive. Il manto di velluto verde con stampe dorate di papa
Alessandro VI nella pala raffigurante Jacopo
Pesaro presentato a San Pietro da Papa Alessandro VI, è qualcosa di
straordinario ai sensi; ancor più lo è la resa del velluto della mantellina di Papa Paolo III nel suo Ritratto,
custodito a Capodimonte.
Tiziano, Ritratto di Paolo III, 1543, olio su tela, Galleria di Capodimonte, Napoli |
Man mano che si va
avanti, la resa pittorica omogenea dei primi anni e degli anni della piena affermazione
come ritrattista di Papi e Signori, (durante i quali nascono i dipinti del
calibro di Flora e La Danae e la pioggia di monete d’oro),
lascia spazio ad un’evoluzione sia tecnica, nella frammentazione della pittura
in tante piccole pennellate, che iconografica, nella mostra di influssi romani.
Il Ritratto di Giulio Romano a Mantova,
dimostra il rapporto diretto avuto tra i due pittori, rapporto che senza dubbio
ha regalato a Tiziano una visione più dettagliata della maestranza di bottega
Raffaellesca e l’acquisizione dell’antico, attraverso la visione dei
bassorilievi, delle epigrafi e dei marmi che Giulio Romano si era portato
dietro, dopo la diaspora.
La mostra chiude le sue sale con l’ultima opera conosciuta del Tiziano, Lo scorticamento di Marsia, ultimata nel 1576 a pochi giorni dalla
morte.
La tela mostra il culmine
della pittura tizianesca.
Lontano dalle vive tonalità giovanili e dalla
definizione precisa dei suoi ritratti, il dipinto mostra, quasi come se Tiziano
fosse il precursore dell’impressionismo, un Apollo, un Marsia e tutto il mondo
mitologico, resi attraverso macchie e pennellate vigorose. Una tela cruda,
attenta ai particolari e terribilmente vera nell’uso di colori decisi, e nella
composizione che non lascia alcun spiraglio di cielo e di luce, forse in previsione
di una morte ormai vicina.
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