mercoledì 10 settembre 2014

La rappresentazione della notte nella storia dell'arte

Rembrandt, La ronda di notte, 1642, 
olio su tela, Rijksmuseum, Amsterdam
Seguendo il tema della descrizione di un excursus che analizzi la rappresentazione delle diverse fasi del giorno, dopo aver visto quanto accade nel giorno e nella notte, è la volta di guardare a come nel corso dei secoli, diversi artisti hanno raffigurato l’idea della notte nei suoi molteplici significati.
Perché la notte non è da sempre stata vista solo come sfondo ideale a romantici paesaggi, ma anche come emblema del buio e del mistero; il luogo in cui accadono avvenimenti pericolosi o sovversivi: la più conosciuta La Ronda di notte di Rembrandt o il meno noto San Pietro liberato dall’Angelo di Stom, ne sono un esempio.

M. Stom, San Pietro liberato dall’Angelo, XVII sec.,
olio su tela, Pinacoteca Provinciale, Bari
In pittura però, esulando dal significato esoterico della notte, che è visibile in alcune interpretazioni oniriche delle pitture parietali egizie e delle primitive civiltà, tra le prime rappresentazioni della volta celeste vi sono i mosaici paleocristiani bizantini. Volte stellate, semplici nella bicromia blu – oro che riconducono alla dualità oscurità – luce divina; complesse nella composizione, in cui la disposizione geometrica degli astri luminosi tocca livelli di armonia assoluta: si veda tra tutti il mosaico della Volta stellata nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, opera del V secolo d.C.


Volta stellata, V secolo d.C., mosaico,
Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna
Un modo di rappresentare la notte, questo, fortunato e standardizzato per secoli, secondo i precetti della pittura bizantina, che vede la sua evoluzione con l’avvento della pittura latina, con Giotto. In diverse occasioni il pittore apre i suoi pannelli ad uno scenario notturno, anche se nonostante l’innovazione di una visione minimale del cielo scuro, il suo modo di rappresentare la notte non rende giustizia alla complessità atmosferica dell’arco temporale: il cielo notturno di Giotto è una semplice distesa di un blu verdastro molto chiaro, che ancora per alcuni versi rende la scena estemporanea al momento in cui sta accadendo, come ben si evince, per esempio, dal pannello riguardante il Sogno di Innocenzo III, tratto dal ciclo della Vita di San Francesco nella  basilica omonima di Assisi.

Circa 150 anni dopo, sarà Piero della Francesca a rendere giustizia alle sfumature ed alla “luce” che si diramano dalla notte: d’altronde il pittore è un artista che rivoluzionerà il concetto di luce e luminosità nella storia dell’arte, per cui è eccezionale notare come i suoi studi si siano resi validi anche al periodo della giornata in cui paradossalmente regna l’oscurità. Piero della Francesca però illumina il cielo con le stelle, viste come piccoli puntini di luce in un cielo blu, e seguendo la stessa scia illumina la tenda in cui avviene Il sogno di Costantino ed i personaggi presenti, con la luce prodotta da una luna, però assente nell’affresco.

Giotto, Sogno di Innocenzo III, 1295 – 1300,
affresco, Basilica di San Francesco, Assisi
P. della Francesca, Il sogno di
Costantino, 1458 – 1466, affresco,
 Basilica di San Francesco, Arezzo

Circa dieci anni dopo l’esecuzione dell’affresco di Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco di Arezzo, sarà Paolo Uccello a consegnare alla notte una nuova visione, non solo atmosferica ma anche e soprattutto mistica: la Caccia notturna, custodita all’Ashmolean Museum di Oxford, racconta una scena venatoria che si svolge in piena notte, dove le stelle e la luna (un sottilissimo spicchio) che sono alti e ben visibili nel cielo, fanno da preludio ad un forte sentimento di angoscia e mistero, in una visione onirica che ben si sposa con il disturbo creato dallo spazio indefinito nella sua profondità, nella sua prospettiva e nella sua volumetria bidimensionale.


P. Uccello, Caccia notturna, 1470, tempera su tavola, Ashmolean Museum, Oxford


S. del Piombo, Pietà, 1516, 
olio su tela, Musei Civici, Viterbo
Nel XVI secolo la situazione non si evolve di molto: la notte continua ad essere raffigurata come un momento di oscurità in cui l’unica fonte di luce proviene dalla luna; una luna capace di assolvere l’onere di illuminare il mondo con i suoi delicati raggi. Anche Sebastiano del Piombo nella sua Pietà, racconta di una luna piena e magniloquente, che dall’alto della sua postazione, nascosto da un velo di nuvole rese da pennellate veloci e striate, avvolge con la sua luce la Vergine e la salma del Cristo defunto, regalando loro un momento intimistico che coincide con la preghiera della donna a Dio e con l’innalzarsi del suo sguardo al cielo.

Sicuramente i primi secoli in cui prende piede, si sviluppa e si irradia la pittura latina, vede sperimentazioni e valutazioni sul tema, nella tendenza a creare luce laddove vi è assenza di luce: un atto dovuto in pieno Umanesimo e Rinascimento, in cui è la curiosità, lo studio e la voglia di copiare perfettamente la natura a spingere gli artisti a superarsi il più possibile.

Caravaggio, Conversione di 
San Paolo, 1601, olio su tela, 
 S. Maria del Popolo, Roma
Con l’arrivo del Seicento però, la concezione della notte prende risvolti diversi. Precursore del nuovo modo di vedere la notte è Caravaggio, il pittore che forse più di altri viene ricordato per i suoi giochi di luce e oscurità. Proprio lui racconta la notte attraverso gli interni; una notte in cui regna un buio totale e indefinito, che viene annullato in alcuni tratti da un’intensa luce, proveniente da fonti diverse: a volte è una luce divina a illuminare il contesto, a volte è una luce artificiale.
Nella Conversione di San Paolo, tela custodita nella Cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo a Roma, è ben visibile quanto detto: in un clima di oscurità notturna, il San Paolo caduto viene illuminato da un’esplosione di luce divina, che illumina il suo corpo e lo spazio che lo circonda. Una luce necessaria non solo a definire il racconto, ma anche a definire la natura divina dell’evento.

D. Corvi, La morte di Seneca, 1790, 
olio su tela, Fondazione Roma, Roma
Il gioco dettato dalla luce artificiale (piuttosto che divina) in piena notte, verrà poi ripreso in più vedute nei secoli a venire. Ben chiaro è il dipinto di Stom già nominato agli inizi di questa svirgolettata, ma ancor più evidente sono le tele dei secoli successivi, perché vedono la compresenza della luce artificiale e dello scenario notturno nello sfondo. Affascinante è il dipinto di Corvi della Fondazione Roma, che raffigura La morte di Seneca. La scena dell’esecuzione capitale del filosofo romano, viene illuminata da una fonte artificiale proveniente probabilmente dal fulcro in cui avviene il misfatto, per quanto non visibile (ma fanno fede le ombre proiettate); sullo sfondo però una luna piena luminosissima e candida, illumina un cielo nuvoloso e chiaro.

F. Goya, Le fucilazioni del 3 maggio,
1814, Museo del Prado, Madrid
Quello che però non accade in Goya e Pellizza da Volpedo, che ambientano i loro aneddoti storici in una notte che a differenza di quella del Corvi, non gode della luminosità della luna e delle stelle.
I due pittori infatti vedono il cielo notturno come una distesa di colore scuro, reso d'altronde tramite larghe campiture di colore, che fa solo da accompagnamento alla scena che si accingono a raccontare; scena che viene totalmente illuminata da fonti artificiali: nel caso della Fucilazione del 3 maggio di Goya, la luce proviene unicamente dalla lanterna dei soldati francesi, mentre il cielo nero è smorzato nella cromia da nuvole diradate, create con tonalità leggermente più chiare; nel caso del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, la luce arriva unicamente da una fonte non visibile proveniente dal punto di vista dello spettatore, mentre dietro il cielo, non è tetro come quello di Goya, ma appare comunque anonimo nelle sue tonalità di viola e blu scuro che sfumano tra loro.


G. Pellizza da Volpedo, Il quarto stato, 1896 – 1901, olio su tela, Galleriad’Arte Moderna, Milano

J. A. Grimshaw, In Peril, 1879, olio su tela,
Leeds Museums and Galleries, Leeds
Ma questi casi non sono validi a rendere generica una visione della notte che non trova riscontri poi in altri pittori, in pieno Ottocento. Infatti il secolo si apre a numerose visioni di carattere scientifico, interpretativo ed espressionistico della notte: ne sono esempio Monet e Grimshaw, che a distanza di pochi anni l’uno dall’altro, raccontano due modi totalmente diversi di vedere la notte. Grimshaw infatti, nella sua tela In Peril, racconta una visione tardo-romantica della notte, celata da un branco di nuvole soffici e biancastre, che nascondono non solo il cielo scuro, ma anche la luna piena.
Monet, nella sua Le port du Havre, del 1873, racconta invece una notte che è tutto un tripudio di svirgolettate vigorose di blu e azzurri; una notte che è una fusione cromaticamente armoniosa tra cielo e mare, il cui punto di rottura tra le due realtà viene definito meramente da intensi punti luce bianchi e rossi, mentre quello di ulteriore congiuntura viene reso dal groviglio indefinito delle barche a vela.


C. Monet, Le port du Havre, 1873, olio su tela, Collezione privata

A seguire Van Gogh, nel biennio 1888 – 89, si concede ad una visione della notte, che nelle sue molteplici rivisitazioni, viene comunque resa luminosa dalla presenza di stelle meravigliose.
E se la Notte sul Rodano lascia negli animi il lontano ricordo delle stelle bizantine dei mosaici ravennati, in un cielo reso da pennellate veloci ed estremamente materiche, la  Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles, dello stesso anno, vede già il modificarsi degli astri del cielo da stelle a più punti, in circolari punti luce che aprono ad aloni più dolci, che si stemperano nella notte scura.


V. Van Gogh, Notte stellata sul Rodano, 1888,
olio su tela, Musèe d’Orsay, Parigi
V. Van Gogh, Terrazza del caffè la
sera, Place du Forum, 1888, olio su
 tela, Museo Kroller Muller, Otterlo

Una modifica che giunge all’apice nel dipinto custodito al MoMA di New York, La notte stellata, il cui cielo notturno che sovrasta la città di Saint Remy de Provence, si rivela un turbinio delicato e inquietante, luminoso, quieto ed esplosivo, di luci e colori. La pasta materica del colore, le pennellate veloci ma metodiche, l’andamento curvilineo ondeggiante preciso, lo rendono tra le rappresentazioni notturne più favolistiche di tutti i tempi.


V. Van Gogh, Notte stellata, 1889, olio su tela, MoMA, New York.

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2 commenti:

  1. Muy buena nota. Un saludo desde Buenos Aires, República Argentina.-

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  2. la versione che avete qui postato dell'opera di van gogh terrazza del caffe di sera è una pessima riproduzione del dipinto originale! L'articolo è interessante ma ci vorrebbe rigore assoluto nella scelta delle immagini!

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