Statua raffigurante il dio Annubi, XIII secolo A.C., legno, Museo di Antichità Egiziane, Il Cairo. |
Il cane nella storia
dell’arte ha da sempre giocato un ruolo importante, perché sin dalle prime
civiltà è stato molto presente nel vissuto quotidiano dell’uomo. Così come la
dea Bastet era impersonata da una gatta, secondo i dettami della religione
zoomorfa egizia, il dio Annubi era impersonificato da un canide (uno sciacallo)
e simboleggiava nientemeno che la morte. Da lui dipendeva la qualità della vita
eterna che sarebbe toccata ad ogni egizio, ed a lui si rifacevano i sacerdoti e
gli addetti alla trasposizione degli organi nei vasi canopi, che indossavano in
segno di osservanza, maschere che riproducevano le fattezze di Annubi. Questo è
quanto è stato desunto dalle pitture parietali riscontrate nelle diverse tombe,
piramidi e costruzioni religiose; un esempio artistico lampante del dio Annubi
peraltro è riscontrabile nella statua ritrovata nella Tomba di Tutankhamon.
Tiziano, Venere d’Urbino, 1538, olio su tela, Galleria degli Uffizi, Firenze |
Ma esulando dalla
divinizzazione dell’animale, che scema con l’avvento delle civiltà classiche,
il cane ha da sempre rappresentato l’animale domestico protettore delle domus
per eccellenza, servo fedele del proprio padrone e amico dei bambini. E nel
corso dei secoli l’arte lo ha raccontato toccandolo in diversi modus vivendi e
raffigurandolo e stilizzandolo a dovere. Come non pensare al cagnolino de’ Il
ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck, il cui cane è presente a
simboleggiare la fedeltà reciproca della coppia; alla Venere di Urbino di
Tiziano, ai cui piedi della seducente dea è accovacciato il dolce cagnetto
addormentato o al Ritratto di Carlo V con il cane, dello stesso pittore, in cui
il Re di Spagna è accompagnato dal bel cane bianco che sembra quasi innamorato
del suo padrone? Must della storia dell’arte, riportati da quasi tutti i
manuali.
J. Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini,
1434, olio su tavola, National Gallery, Londra |
Tiziano, Ritratto di Carlo V con il cane, 1533, olio su tela, Museo del Prado, Madrid |
J. da Bassano, Due cani da caccia, 1548, olio su tela, Museo del Louvre, Parigi. |
Diverse sono le
considerazioni e gli studi sul cane, fatti dagli artisti nel corso delle
diverse correnti. Ovviamente la copia dal vero e lo studio anatomico,
fisiognomico e delle espressioni ha avuto riscontri rilevanti, soprattutto a
partire dal Rinascimento. Già nel Ritratto di Carlo V con il cane del Tiziano è
ben evidente uno studio mirato alle muscolature ed al “sentimento provato
dall’animale domestico”, ma nella tela dei Cani da caccia, Jacopo da Bassano
raggiunge livelli encomiabili: il pelo dei due animali, uno scuro e uno bianco,
riporta la lucentezza e la foltezza tipica della razza, lo sguardo è fiero e
guardingo, la resa delle zampe, del muso e degli occhi è eccezionale.
G. Dou, Cane
dormiente, 1650,
olio su tela, collezione privata.
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Sempre ricordando il
cagnolino addormentato de’ La Venere di Urbino di Tiziano, non possiamo non
guardare al seicentesco Gerrit Dou, che riproduce il suo Cane dormiente in una
posa molto simile al primo. Il cane di Gerrit Dou riposa accovacciato su una
tavola, a finire una natura morta composta da un’anfora di terracotta, un cesto
di vimini ed un fascio di rami, bellissimo e perfetto nel suo pelo rado e
macchiato. È inutile negare che dalla sua posa e dalla sua espressione sognante
traspare una dolcezza infinita, surplus interessante in un’epoca in cui
l’effetto naturale, aveva la meglio sul resto.
E a seguire George
Stubbs, nel pieno del XVIII secolo continua lo studio del cane nella sua
anatomia, riproducendo esemplari interessanti di diverse razze. Molto ben
riuscito è il Cavalier King, che sembra quasi fotografato durante una
passeggiata. Lo sguardo del cane di piccola taglia è fiero e curioso, le
pupille sono animate e lucenti; il pelo non è reso tramite piccole e sottili
svirgolettate, ma attraverso larghe campiture: ciò nonostante il risultato
resta comunque stupefacente.
Stupefacente come il
Cavalier King riprodotto da Edouard Manet nel pieno della sua tecnica
impressionista. Il cane riprodotto dal pittore, a differenza di quello di
Stubbs sembra meno coinvolto nell’azione ritrattistica, quasi confuso da quanto
sta accadendo; anche gli occhi di questo trasudano un’anima canina, nonostante
in questo caso basti un piccolo punto bianco di luce in una pupilla
completamente nera, piuttosto che un mirato studio anatomico dell’occhio, come
in Stubbs. E ancora il pelo, che qui viene reso con svirgolettate vigorose e
indefinite, che mischiando bianco, grigio, nero e un marroncino chiaro
piuttosto acceso, creano l’idea di un pelo lungo, folto e molto arricciato.
G. Stubbs, Cavalier King Charles Spaniel, 1776,
olio su tela, collezione privata |
E. Manet, Cane Maltese, 1866, olio su tela,
Collezione Mellon Bruce, New York. |
Continuando la strada
dello studio naturalistico del cane e del suo vissuto quotidiano anche a
contatto con l’uomo, un tema interessante da analizzare è l’eliminazione delle
pulci dall’animale ad opera del suo amico umano. Due casi sono interessanti da
analizzare a riguardo: il primo è il Ragazzo che spulcia il cane di Gerard ter
Borch, sito all’Alte Pinakothek di Monaco, in cui il ragazzo è intento a
spulciare il suo cagnolino, che vive passivamente la scena, che avviene in un
ambiente povero e minimalista (una sedia, un tavolo ed un mobiletto su cui è
poggiato un cappello chiaro). Da apprezzare in questo dipinto, è come il
pittore ha sicuramente saputo riproporre lo sconforto del cane, infastidito e
rattristito dal pizzicore provocato dallo staccamento delle zecche dalla pelle.
Stessa cosa è ravvisabile nel secondo dipinto, opera di Nunez de Villavicencio,
seguace spagnolo del Murillo. Anche nel suo Ragazzo che spulcia il cane, è
ravvisabile lo sconforto del cane, che, però, a differenza di quello della tela
di Borch è visibilmente spazientito e infastidito, a differenza del ragazzo che
munito di sconfinata pazienza, si mette all’opera per la pulizia del suo amico.
G. Borch,
Ragazzo che spulcia il cane, XVII secolo, olio su tela, Alte Pinakothek, Monaco. |
P. De Villavicencio, Ragazzo spulcia un cane,
1650, olio su tela, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo |
Una storia di dolcezza
quella che lega il cane al suo padroncino, ripresa agli inizi del Novecento da
Pablo Picasso nel suo Ragazzo con cane. Nella composizione è ben evidente il
rapporto di amicizia che lega i due soggetti, impoveriti nel loro aspetto così
come lo sono nel loro modo di vivere. Mentre il bambino appare scalzo e coperto
solo da un enorme giacca, sconfortato e annichilito nel volto mentre mangia un
tozzo di pane, così il suo cane appare sporco e tignoso, con lo sguardo
diffidente. Eppure ciò nonostante entrambi dimostrano dignità e onestà, consci
del fatto che si bastano reciprocamente per superare ogni difficoltà.
P. Picasso, Ragazzo con cane, 1905, pastello su cartone, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo |
Sul piano della
composizione invece, il cane configura come animale di compagnia delle dame di
ogni epoca, così come il gatto. Prendendo in esame qualche dipinto esemplare, è
chiara l’impostazione ritrattistica della dama con l’animale tra le braccia,
come si può notare nella Donna con piccolo cane del Bronzino, sita allo
Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte.
Quieto tra le braccia
della padrona, risaltante con il suo manto bianco e marroncino sul vestito di
uno sconvolgente rosso acceso della donna, il piccolo cagnolino posa regalmente
per dipinto. Dalla tela, traspare tutto l’ingegno del pittore nel saper
raccontare l’animale, dalle giocose ondulazioni del pelo scompigliato, alla
precisione anatomica del musetto e degli occhi vispi.
E qualche decennio più
tardi è Lavinia Fontana, figlia del più noto Prospero, a presentare un’altra Dama con
cagnolino. Nella piena fase riformista della Chiesa, la dama di Lavinia è ritratta
in abiti rigorosamente casti, ma decisamente sfarzosi; la sua espressione è
seria, ma serena. Tra le vesti color ocra e bianche spunta il suo cagnolino,
che a differenza di quello del Bronzino, non spicca per contrasto, ma si
mimetizza, quasi fosse un accessorio in pendant con l’abito. E sempre
paragonandolo al dolce cagnetto del pittore fiorentino, quello di Lavinia non è
anatomicamente preciso: le zampette sono molto esili rispetto al resto del
corpo paffuto; il muso allungato ed il naso rosa lo rendono quasi irreale.
A. Bronzino, Donna con piccolo cane, 1530, olio
su tavola, Städelsches Kunstinstitut, Francoforte |
L. Fontana, Ritratto di donna con cane, II metà
XVI sec., olio su tavola, Auckland Art Gallery, Auckland |
E Rembrandt, un secolo dopo, nella sua Dama con cane,
riprende l’idea cromatica che era stata del Bronzino, contrapponendo il rosso
delle vesti della donna, alla bicromia bianco – marroncino chiaro del cane, che
però, si perde nelle chiare braccia della sua padrona. Il cane di Rembrandt,
essendo creatura nata dal suo tocco pittorico, è indefinito nella sua
completezza: non un cenno di virtuosismo naturalistico nel pelo, che viene reso
con campiture larghe ed omogenee, a malapena di distingue la zampetta che trova
spazio tra le dita della mano di lei.
Decisamente più
ovattato e incipriato, così come l’epoca artistica a cui appartiene, è il
Ritratto di ragazza con cagnolino, di Francois Boucher, che raffigura una dama che
tiene ad un guinzaglio di raso azzurro il suo piccolo carlino. Il cane, dal
manto grigio, si contraddistingue nettamente sull’abito rosa confetto della
dama: il suo sguardo appare stranito, confuso, come si evince dagli occhi sgranati;
il suo pelo è lucido e così raso che sembra non esserne provvisto.
Rembrandt, Dama con cane, 1665, olio su tela,
Art Gallery of Ontario, Toronto |
F. Boucher, Ragazza con cagnolino, 1740 ca.,
olio su tela, Art Gallery of New South Wales, Sidney |
Un cane di piccola
taglia, il carlino ritratto da Boucher con la sua padrona, così come lo è Itzcuintli,
che introduce alla tematica dell’Autoritratto degli artisti con il proprio
cane.
Itcuintli era infatti
il piccolo chihuahua di Frida Kahlo, che, ne’ Il cane Itzcuintli ed io del
1938, si fa ritrarre con lei. Due pose nette e distinte eppur unite dalla
stessa espressione pacata e indagatrice: Frida vestita di nero, ricorda probabilmente
uno dei numerosi lutti della sua vita travagliata; Itzcuintli con le sue
orecchie aguzze resta in tema, ricordando per alcuni versi Annubi, il dio
egizio della morte.
E se la donna Frida
Kahlo, non soffre di problemi legati alle dimensioni, esibendosi con un cane
grande poco più di una mano, gli artisti uomini esibiscono nei loro
autoritratti, cagnoni di stazza enorme. Si veda l’Autoritratto con cane di
Rembrandt, nel quale il pittore seicentesco si esibisce in un vistoso costume
orientale, esibendo una posa altezzosa ed austera ed accompagnandosi ad un cane
di grossa statura, dai lunghi ricci. È degna di lode la rifinitura di ogni
riccio, un lavoro che nel complesso rende la copia del cane quanto più
verosimile all’originale; curiosa è ad ogni modo la tosatura della parte posteriore
dell’animale, evidentemente una moda in voga del momento.
F. Kahlo, Il cane Itzcuintli con me, 1938, olio su tela, collezione privata |
Rembrandt, Autoritratto con il cane, 1631, olio su tela, Musèe du Petit Palais, Parigi |
G.Courbet, Autoritratto con cane nero, 1842,
olio su tela, Musèe du Petit Palais, Parigi |
Anche Gustave Courbet
ha lasciato testimonianze del suo cane, nel suo Autoritratto con cane nero del
1842. Alcuni studi sostengono la tesi per cui alcuni cani tendano a somigliare
fisiognomicamente ed espressivamente ai loro padroni dopo averne assorbito le
abitudini: dopo aver visto Itzcuintli con Frida Kahlo, anche il cane nero di
Courbet sembra avere lo stesso sguardo di serenità e supponenza del suo
padrone, nonché le sue orecchie, prendere la stessa forma dei capelli dell’uomo
e il suo manto, le stesse fattezze della giacca del pittore.
A. Ligabue, Autoritratto con il cane, 1957, olio su faesite, Collezione privata, Brescia |
E se con Courbet
ammiriamo lo spettacolo della fisiognomica legata all’empatia, con Antonio Ligabue
ne abbiamo una versione calzante e simpatica.
Accompagnato dal suo
cane da caccia nel suo Autoritratto con il cane del 1957, il pittore si dipinge afflosciato nelle vesti così come l’animale
lo è nella sua pelle rugosa: l’espressione simpatica e strana è la stessa, così
come le rughe e le solcature.
Non si può però
chiudere questo post senza toccare gli studi contemporanei sul cane. Studi
scientifici, come quello fatto da Giacomo Balla sui cani, per testare le teorie
sul dinamismo, ad esempio. Nella tela custodita alla Albright
Knox Art Gallery di Buffalo del 1912, Dinamismo di un cane al guinzaglio, è
interessante notare la sequenza continua che si crea nel trascinamento del
lungo pelo del cagnolino, quasi come se in un andirivieni delle zampette, il
movimento non abbia mai fine proprio grazie ai peli: la teoria perfetta per un
cultore dell’energico Futurismo come Balla!
G. Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, olio su tela, Albright Knox Art Gallery, Buffalo |
Ma, grande
protagonista è Franz Marc, pittore che amava ritrarre gli animali nelle loro
sfaccettature psicologiche e caratteriali. Fra tutti, di grande tenerezza è Il
cane bianco del 1912, che preso di spalle, è intento ad ammirare e a scoprire
il mondo. È interessante il contrasto tra i colori variopinti dell’ambiente
sullo sfondo ed il candore del cane, innocente nella sua ingenuità: nonostante
è girato, è possibile notare l’espressione di incertezza dell’animale, che,
accovacciato sul suo sedere, contempla l’inizio della sua avventura.
Un’avventura che
sembra poi ultimare Renato Guttuso nel suo Cane Randagio, bianco come il cane
di Marc, ma a differenza del primo, esausto dalla vita piena di sofferenze e
privazioni e saturo degli insegnamenti consegnategli dalla vita. il cane di
Guttuso è un cane stanco, stremato, che si regge a malapena sulle sue gambe,
magro sino all’inverosimile e probabilmente in procinto di morire. E per quanto
non sia possibile guardare i suoi occhi e la sua espressione, quella profonda
campitura blu scura sul volto, preannuncia un dolore provato da molti anni.
F. Marc, Cane bianco, 1912, olio su tela,
collezione privata, Svizzera |
R. Guttuso, Cane
randagio, 1959,
olio su tela, collezione privata
|
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Complimenti per queste perle di saggezza che riguardano i cani nelle più importanti opere d'arte dedicate a loro. Una ricerca, la vostra, ben curata e ben strutturata nei dettagli che esprimono conoscenza sul tema affrontato.
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