L’idea che l’arte contemporanea in quanto arte concettuale debba necessariamente essere un’arte
controcorrente, provocatoria, compresa da pochi eletti e astratta nella sua concretezza, è
uno dei luoghi comuni più vigenti in materia.
Per farla breve, ormai
anche al cinema ed in tv siamo abituati a vederci la solita trita e ritrita rivisitazione
della performance abramoviciana, vista come qualcosa di così astruso da
apparire figo perché non capito: mi vengono in mente le figure stereotipate di
Talia Concept, la performer che nel film La grande bellezza vive di vibrazioni
pur non sapendo spiegare di cosa si tratti, e di Afsoun Hamidi, che in una puntata
del telefilm House è disposta a farsi dare fuoco dai partecipanti alla sua
performance “pur di sperimentare sin dove l’irrazionalità di costoro possa
arrivare”.
Anita Kravos interpreta la truffaldina artista Talia Concept in La Grande Bellezza |
Ebbene, sono dolente
di costatare alla vista di ciò, che evidentemente si sta perdendo di vista il
vero senso dell’arte (soprattutto ipercontemporanea). E non parlo solo della
performance e del suo senso, per cui ognuno può relegargliene uno diverso in
base all’insegnamento che vuole trasmettere attraverso essa, ma anche dell’opera
d’arte in quanto tale, che sia un oggetto, un’installazione o un monumento.
O. Rainaldi, Monumento a Giovanni Paolo II, 2011, bronzo patinato, Roma. |
A dimostrazione di ciò
che voglio intendere infatti, nell’ultimo periodo sono soprattutto alcuni
monumenti che stanno molto facendo parlare di loro, per la collocazione, per il
significato o per la provocazione che volontariamente hanno voluto significare.
Forse il primo tra
tutti da prendere in considerazione è il Monumento a Giovanni Paolo II sito attualmente
nella centralissima Piazza dei Cinquecento, alla quale si affaccia la Stazione
Termini di Roma.
Il monumento realizzato
da Oliviero Rainaldi, il cui titolo è per la precisione “Conversazioni. Omaggio
a Giovanni Paolo II”, è una statua di circa 5 metri, in bronzo patinato d’argento
tinto di verde, che sin dal giorno della sua inaugurazione ha indotto non poche
perplessità nel popolo romano.
Infatti questo, a
buona ragione, non solo non ha gradito né compreso la rudimentale opera, ma non
ha neanche minimamente individuato il pontefice nella figura dal volto marcato,
anzi, per alcuni aspetti ha addirittura ravvisato una viva somiglianza con il
duce Benito Mussolini nella squadratura della mascella e nella rotondità del
capo.
Ordunque a nulla è
servita tutta la spiegazione filosofica dell’artista, che, esulando dal dare
spiegazioni della poca somiglianza, ha improntato il discorso sulla sua scelta
di rappresentare il beato coperto di un mantello che apre al vuoto in quanto il
corpo del pontefice è da intendersi come spirito e non come fisico: l’opera non
è piaciuta neanche dopo le modifiche alla testa ed al mantello, tanto che è
stata giustamente catalogata dalla CNN tra i World’s uglest monuments del
pianeta, con l’appoggio dei romani, che quel monumento se lo devono tenere in
bella vista in piazza come deciso dall’amministrazione comunale nel 2012.
L. Esposito, Good Luck, 2013, Caserta. |
Spostandosi a Caserta,
un altro monumento che ha fatto parlare di sé negli ultimi mesi è stato il
gigantesco corno rosso che da un giorno all’altro si è erto davanti al portone
della Reggia borbonica.
L’opera di Lello
Esposito dal titolo Good Luck, è costato all’amministrazione ben 70.000 euro e
non è stato posto lì senza motivi validi. Infatti, a detta del Sindaco di
Caserta, Pio del Gaudio, l’opera d’arte alta 13 metri, è stata concepita e
commissionata come un monito denso di provocazione, evocante la speranza che la
reggia Patrimonio dell’Umanità come sancito dall’Unesco, non crolli prima di
attirare le attenzioni del Governo sul suo stato rovinoso e necessitante di
restauri e finanziamenti.
Il grande monumento ovviamente
in seguito alla vasta eco mediatica ed all’onda di sdegno che ha provocato nei
visitatori e nei critici, è stato trasferito nel Parco Maria Carolina, ma c’è
da chiedersi se davvero il senso provocatorio sia giunto davvero ai destinatari
o se la scultura sia stata vista solo come una pubblicità sciapa e insensata ad
uno degli edifici più spettacolari e sottovalutati al tempo stesso del
Patrimonio Italiano.
E infine, tornando a
Roma, è notizia del 29 gennaio 2013, la scoperta nella zona adiacente Circo
Massimo di un’opera d’arte monumentale di circa 3 metri d’altezza e 3 di
lunghezza, installata senza i necessari permessi del Comune.
Qui infatti,
precisamente di fronte alla cavea del Circo Massimo, sullo sfondo delle
rovine del Palatino, delle residenze di Augusto, Tiberio e Domiziano, la notte
del 25 novembre, l’artista Francesco Visalli ha collocato Place de la Concorde,
la sua opera d’arte del peso di ben due tonnellate ispirata a Mondrian.
F. Visalli, Place de la Concorde, 2013, Roma. |
A quanto affermato dall’artista,
chiamato a dare una spiegazione alla cosa, l’artisticità non è nell’opera
quanto nella provocazione a cui ha voluto ambire: screditare l’amministrazione
della capitale, poco attenta all’arte in generale.
A ragion del vero c’è
da affermare infatti che è stato il sito www.Artribune.it
a notare l’opera in questione, non spiegandosi come un simile prestigio sia
stato conferito ad un artista sconosciuto come Visalli (che dal canto suo ha
sborsato ben 23.000 euro per l’installazione) quando da sempre è stato negato
ad altri artisti ben più meritevoli.
Detto ciò però, può
essere davvero catalogabile come artistica una provocazione alla politica
cittadina poco presente come nel caso di Place de la Concorde, o al Governo
come nel caso di Good Luck? Chissà. Una cosa è sicura: di questo passo si potrebbe
finire per definire artistica qualunque provocazione, di alto o nullo spessore,
di larga entità o personale, tanto da rischiare di screditare alla fine sia il
connubio arte-provocazione, che la vera essenza dell’arte contemporanea, che
vive per l’appunto anche di provocazione, ma non solo.
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