mercoledì 29 gennaio 2014

Monumenti contemporanei italiani: il luogo comune della provocazione.

L’idea che l’arte contemporanea in quanto arte concettuale debba necessariamente essere un’arte controcorrente, provocatoria, compresa da pochi eletti e astratta nella sua concretezza, è uno dei luoghi comuni più vigenti in materia.

Per farla breve, ormai anche al cinema ed in tv siamo abituati a vederci la solita trita e ritrita rivisitazione della performance abramoviciana, vista come qualcosa di così astruso da apparire figo perché non capito: mi vengono in mente le figure stereotipate di Talia Concept, la performer che nel film La grande bellezza vive di vibrazioni pur non sapendo spiegare di cosa si tratti, e di Afsoun Hamidi, che in una puntata del telefilm House è disposta a farsi dare fuoco dai partecipanti alla sua performance “pur di sperimentare sin dove l’irrazionalità di costoro possa arrivare”.

Anita Kravos interpreta la truffaldina artista Talia Concept in La Grande Bellezza

Ebbene, sono dolente di costatare alla vista di ciò, che evidentemente si sta perdendo di vista il vero senso dell’arte (soprattutto ipercontemporanea). E non parlo solo della performance e del suo senso, per cui ognuno può relegargliene uno diverso in base all’insegnamento che vuole trasmettere attraverso essa, ma anche dell’opera d’arte in quanto tale, che sia un oggetto, un’installazione o un monumento.

O. Rainaldi, Monumento a Giovanni Paolo II,
2011, bronzo patinato, Roma.
A dimostrazione di ciò che voglio intendere infatti, nell’ultimo periodo sono soprattutto alcuni monumenti che stanno molto facendo parlare di loro, per la collocazione, per il significato o per la provocazione che volontariamente hanno voluto significare.
Forse il primo tra tutti da prendere in considerazione è il Monumento a Giovanni Paolo II sito attualmente nella centralissima Piazza dei Cinquecento, alla quale si affaccia la Stazione Termini di Roma.

Il monumento realizzato da Oliviero Rainaldi, il cui titolo è per la precisione “Conversazioni. Omaggio a Giovanni Paolo II”, è una statua di circa 5 metri, in bronzo patinato d’argento tinto di verde, che sin dal giorno della sua inaugurazione ha indotto non poche perplessità nel popolo romano.

Infatti questo, a buona ragione, non solo non ha gradito né compreso la rudimentale opera, ma non ha neanche minimamente individuato il pontefice nella figura dal volto marcato, anzi, per alcuni aspetti ha addirittura ravvisato una viva somiglianza con il duce Benito Mussolini nella squadratura della mascella e nella rotondità del capo.

Ordunque a nulla è servita tutta la spiegazione filosofica dell’artista, che, esulando dal dare spiegazioni della poca somiglianza, ha improntato il discorso sulla sua scelta di rappresentare il beato coperto di un mantello che apre al vuoto in quanto il corpo del pontefice è da intendersi come spirito e non come fisico: l’opera non è piaciuta neanche dopo le modifiche alla testa ed al mantello, tanto che è stata giustamente catalogata dalla CNN tra i World’s uglest monuments del pianeta, con l’appoggio dei romani, che quel monumento se lo devono tenere in bella vista in piazza come deciso dall’amministrazione comunale nel 2012.


L. Esposito, Good Luck, 2013, Caserta. 
Spostandosi a Caserta, un altro monumento che ha fatto parlare di sé negli ultimi mesi è stato il gigantesco corno rosso che da un giorno all’altro si è erto davanti al portone della Reggia borbonica.
L’opera di Lello Esposito dal titolo Good Luck, è costato all’amministrazione ben 70.000 euro e non è stato posto lì senza motivi validi. Infatti, a detta del Sindaco di Caserta, Pio del Gaudio, l’opera d’arte alta 13 metri, è stata concepita e commissionata come un monito denso di provocazione, evocante la speranza che la reggia Patrimonio dell’Umanità come sancito dall’Unesco, non crolli prima di attirare le attenzioni del Governo sul suo stato rovinoso e necessitante di restauri e finanziamenti.

Il grande monumento ovviamente in seguito alla vasta eco mediatica ed all’onda di sdegno che ha provocato nei visitatori e nei critici, è stato trasferito nel Parco Maria Carolina, ma c’è da chiedersi se davvero il senso provocatorio sia giunto davvero ai destinatari o se la scultura sia stata vista solo come una pubblicità sciapa e insensata ad uno degli edifici più spettacolari e sottovalutati al tempo stesso del Patrimonio Italiano.


E infine, tornando a Roma, è notizia del 29 gennaio 2013, la scoperta nella zona adiacente Circo Massimo di un’opera d’arte monumentale di circa 3 metri d’altezza e 3 di lunghezza, installata senza i necessari permessi del Comune.
Qui infatti, precisamente di fronte alla cavea del Circo Massimo, sullo sfondo delle rovine del Palatino, delle residenze di Augusto, Tiberio e Domiziano, la notte del 25 novembre, l’artista Francesco Visalli ha collocato Place de la Concorde, la sua opera d’arte del peso di ben due tonnellate ispirata a Mondrian.

F. Visalli, Place de la Concorde, 2013, Roma. 
A quanto affermato dall’artista, chiamato a dare una spiegazione alla cosa, l’artisticità non è nell’opera quanto nella provocazione a cui ha voluto ambire: screditare l’amministrazione della capitale, poco attenta all’arte in generale. 
A ragion del vero c’è da affermare infatti che è stato il sito www.Artribune.it a notare l’opera in questione, non spiegandosi come un simile prestigio sia stato conferito ad un artista sconosciuto come Visalli (che dal canto suo ha sborsato ben 23.000 euro per l’installazione) quando da sempre è stato negato ad altri artisti ben più meritevoli.

Detto ciò però, può essere davvero catalogabile come artistica una provocazione alla politica cittadina poco presente come nel caso di Place de la Concorde, o al Governo come nel caso di Good Luck? Chissà. Una cosa è sicura: di questo passo si potrebbe finire per definire artistica qualunque provocazione, di alto o nullo spessore, di larga entità o personale, tanto da rischiare di screditare alla fine sia il connubio arte-provocazione, che la vera essenza dell’arte contemporanea, che vive per l’appunto anche di provocazione, ma non solo.



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