Il mio colore
preferito è il giallo. È il colore che prediligo più in assoluto, forse perché trasmette
energia, solarità; è un colore caldo, è il colore dell’estate.
E il mio numero
preferito è il 7. Già da piccolo ero affascinato dalla sfera a sette stelle di
Dragon Ball, trovavo che rispetto alle altre avesse qualcosa di perfetto, di
più armonioso: vedevo quelle sei stelle come fossero colonne di un tholos e la
stella centrale quasi fosse l’altare.
Amo la musica in
genere, ma trovo che la musica anni ’60 – ’70 sia la massima affermazione del
sentire italiano. Mentre sugli strumenti, beh, sugli strumenti musicali non ho
proprio dubbi: sin dai primi momenti in cui sono stato in grado di formulare pensieri
autonomamente, il mio strumento musicale preferito è il violino. Adoro le sue
forme sinuose, l’eleganza estrema della sua testa,
della cassa armonica e delle effe.
(Per una visione
tecnica del violino, vi consiglio la pagina ufficiale di Wikipedia: Violino)
Sicchè grande è stato
il mio stupore, mentre divertito cercavo informazioni sui violini nell’arte, nello
scoprire che due dei più grandi liutai della storia del violino, portavano il
mio cognome: Raffaele (padre) e Giuseppe
(figlio) Fiorini.
Ovviamente non potevo che
vertere la mia ricerca iniziale sulle figure di Raffaele e Giuseppe Fiorini e
raccogliere un po’ di idee a riguardo di questa talentuosa personalità.
Raffaele Fiorini |
Raffaele
Fiorini fu una delle figure liutarie più rappresentative ed
eclettiche della storia della liuteria moderna italiana; autore di una
rinascita di quest'arte nel capoluogo emiliano.
Nasce
a Musiano di Pian di Macina il 15 luglio 1828 ma trascorse l’infanzia
e l’adolescenza a Bazzano con i genitori che possedevano un mulino,
esercitando la stessa professione del padre ma mostrando nel contempo, spiccati
talenti artistici e musicali. Talenti che tradusse nella passione per la liuteria,
iniziando a costruire i primi strumenti.
Dopo
una decina di anni da queste prime esperienze, dopo giudizi positivi del
professor Carlo Verardi, su
incitamento di questo, aprì una bottega a Bologna nel 1868. Così si trasferì in
città con la famiglia, ed avviò la sua attività nell'affascinante ambientazione
di Palazzo Pepoli, non lontano dal Liceo Musicale.
Seppe
in breve guadagnarsi un posto di rilievo nel suo nuovo ambiente, attirando a sé
un certo numero di apprendisti di talento: Augusto Pollastri, Cesare e Oreste
Candi, Armando Monterumici e il figlio Giuseppe che, ad
appena 9 anni, riusciva già a scolpire i ricci per i violini del padre.
Tutti
nomi destinati alla fama e a divenire liutai di riferimento del ventesimo
secolo.
Dalla
storica bottega uscirono principalmente violoncelli, violini e qualche
contrabbasso; oggi restano pochi violini, ma diversi violoncelli, riconoscibili
dal modello classico e dalla vernice ad olio rosso-bruna.
Raffaele
Fiorini ottenne anche diversi riconoscimenti per i suoi strumenti: una medaglia
d'argento con plauso all'esposizione internazionale di musica di Arezzo del
1882; ed una medaglia d'argento all'esposizione di Torino del 1884.
Albero genealogico della liuteria bolognese moderna |
A continuare l’arte di Raffaele quindi,
fu suo figlio Giuseppe, nato nel 1861.
Giuseppe lavorò per diversi anni con
il padre - che dapprima si era opposto alla sua vocazione, ritenendo tale arte
poco redditizia - nell'apprezzata e fiorente bottega artigiana sita nel palazzo
Pepoli, occupandosi in particolare della costruzione e riparazione dei violini.
Giuseppe Fiorini |
Nel
1877, all'età di sedici anni, costruì quindi il suo primo violino e nel 1881
aprì una propria bottega di liuteria. Conquistato nel 1888 il primo premio
assoluto alla Esposizione internazionale di musica di Bologna, l'anno seguente
si trasferì a Monaco di Baviera dove strinse amicizia con W. Benno, primo
violino dell'Opera di quella città, con il principe Luigi Ferdinando di Baviera
e A. Rieger, il più famoso dei liutai bavaresi, del quale divenne prima socio e
poi nel 1889 genero, avendone sposato la figlia. Nel 1896, ritiratosi il Rieger
dalla professione, il F. rimase unico titolare del laboratorio.
Nel
1914, allo scoppio della guerra, Giuseppe trasferì la sua bottega a Zurigo,
dove il suo lavoro fu presto apprezzato, tanto da aggiudicarsi nel 1920, per
100.000 lire, dalla marchesa Paola Della Valle del Panaro di Torino, la famosa
collezione degli arnesi che avevano fatto parte del laboratorio di A.
Stradivari e il violino del celebre maestro cremonese. Particolare curioso è
che, dopo aver corrisposto un acconto di 20.000 lire e non disponendo
dell'intera somma, Giuseppe dovette indebitarsi per pagare il resto, pur di
battere il concorrente, l'ambasciatore francese a Roma C. Barrère. (Nello
stesso anno Barrère si rese intermediario tra lo Stato Italiano e quello
Francese per il restauro delle tele del Caravaggio in San Luigi dei Francesi,
vedi )
Giuseppe Fiorini
riprodusse con arte lo Stradivari originale e le copie ottennero un grande
successo presso collezionisti e utenti. Nel 1923 si recò a Roma con l'intento
di aprire una scuola di liuteria, sogno che non riuscì a realizzare a causa di
una malattia agli occhi che lo rese quasi cieco e lo costrinse a rinunciare
alla sua arte. Tornò a Bologna e quindi si trasferì a Monaco con la speranza di
recuperare la vista grazie ad applicazioni elettriche. Svanita anche questa
speranza, Giuseppe affidò le riparazioni dei violini al suo allievo ed amico W.
Turcké-Bebié, che già numerose volte lo aveva sostituito nel lavoro quando si
trovava all'estero.
Nel 1930 donò al Museo
di Cremona la collezione dei cirrieli appartenuti a Stradivari, con l'obbligo
che fosse pubblicamente esposta e col proposito di fondare una scuola di
liuteria, da lui diretta. Il progetto tanto accarezzato e al quale il Fiorini
aveva sacrificato tutti i suoi risparmi sarà realizzato solo nel 1937, dopo la
sua morte, avvenuta nel 1934, quando, in occasione del bicentenario della morte
di Stradivari, la città di Cremona accolse l'idea di fondare la scuola di
liuteria.
Costruttore appassionato
e fecondo, usò un metodo basato su un accurato studio del rapporto fra legno
utilizzato e vibrazioni volute durante la fabbricazione dello strumento
che il Fiorini aveva appreso afferando le proprie capacità e il proprio
intuito. Contrariamente a quanti pensavano che lo strumento si forma col tempo,
egli sosteneva che "l'instrumento nasce
buono e perfetto". Profondo esperto
di strumenti antichi, la sua competenza fu riconosciuta in Europa e in America.
Di lui si conoscono
oltre cinquecento strumenti. La sua etichetta italiana è "Fiorini Giuseppe fece in Bologna anno ..."; quelle datate da Monaco: "G. Fiorini München 1899" e "Anno 1905 - München - Giuseppe Fiorini Bolognese", quindi "Giuseppe Fiorini - München 1913 M. p.".
Nel Settembre 2011 i violini
originali di Giuseppe Fiorini furono esposti al Museo della Musica, come
tributo al Cna ed ai suoi liutai, a 150 anni dalla nascita di questa
istituzione.
In mostra configuravano un
violoncello del 1907, una viola del 1924 e tre violini rispettivamente del
1918, del 1924 e del 1925.
La mostra degli strumenti di Fiorini
nell’ottobre si spostò poi a Cremona al museo Stradivariano.
Molto dettagliata ed interessante.
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