martedì 2 settembre 2014

La rappresentazione del giorno nella storia dell'arte

Giardino del ninfeo della Villa di Livia, 40 d.C., 
affresco, Museo Nazionale Romano, Roma.
La lettura dell’info riguardo la mostra che si terrà alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 24 dicembre 2014 al 15 giugno 2015 dal titolo “TUTANKHAMON, CARAVAGGIO, VAN GOGH. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento”, mi ha fatto riflettere circa un percorso che illustrasse l’evoluzione della resa (pittorica) delle diverse fasi del giorno nel corso della Storia dell’arte. Perché così come i diversi soggetti e temi già trattati, anche l’effetto climatico atmosferico ha avuto un forte ascendente nella fortuna critica di diverse opere d’arte se non proprio si è rivelato quale aspetto fondamentale di una determinata corrente artistica (vedi la pittura tonale veneta rinascimentale).

Trattando del tema del giorno in questa svirgolettata, inteso come arco di tempo che vede la nascita e la presenza del sole alto nel cielo, non posso che creare un preambolo molto sintetico che vede il difficile riscontro di una resa atmosfericamente “giornaliera”, negli affreschi e nelle pitture parietali delle civiltà classiche: vale uno per tutti, l’affresco raffigurante un giardino, originariamente sito nel ninfeo di Villa Livia e attualmente staccato e custodito a Palazzo Massimo a Roma, che vede l’innalzarsi delle foltissime e verdi piante su una distesa di un azzurro accesso, che relega piattezza e uniformità all’idea di cielo che l’artista voleva raffigurare.

Buon Pastore con il gregge, V sec., mosaico,
Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna
Una situazione che con l’arte paleocristiana vede un’evoluzione non solo cromatica, ma anche temporale. Perché seppur vero che si riscontrano mosaici che vedono la collocazione di un soggetto o di un evento in un periodo giornaliero definito dalla chiarezza di un cielo limpido, come nel mosaico del Buon Pastore con il gregge nel Mausoleo di Galla Placidia, in Europa si va ormai delineando un elemento di stampo bizantino che si trascinerà per circa un millennio: lo sfondo oro, colore nobile dal triplice scopo: rendere più luminosi mosaici e pitture, annullare l’idea di spazio e tempo, donare ieraticità e sacralità ai santi raffigurati: un esempio fra tutti, rimanendo a Ravenna, la Trasfigurazione con Sant’Apollinare nel catino absidale della basilica omonima.

Trasfigurazione con Sant’Apollinare e il gregge, VI sec.,
 mosaico, Basilica di Sant’Apollinare in Classe, Ravenna
È nel pieno basso medioevo, con l’avvento della pittura di carattere “latino”, che torna a farsi spazio l’idea di giorno vista come cielo azzurro e laddove possibile, sole giallo. Giotto, ad esempio, nel ciclo delle Storie di San Francesco nella Basilica di Assisi, semplifica il cielo come larghe campiture di toni diversi di azzurro, non discostandosi di molto dalla resa romana vista nell’affresco del giardino di Villa Livia. Sicuramente più avvincente è quello che fa Maestro Venceslao invece nel suo Ciclo dei Mesi nel Castello del Buon Consiglio a Trento, circa un secolo dopo: negli undici pannelli affrescati (il mese di marzo era stato dipinto su una tavola, andata persa durante un incendio), è di grande effetto la presenza del sole stilizzato come un cerchio argenteo con punte serpentinate, che fa da protagonista su un cielo di un blu molto intenso.

Giotto, La rinuncia ai beni paterni, 1295 – 1300,
affesco, Basilica di San Francesco, Assisi. 
Maestro Venceslao, Ciclo dei Mesi, 1400,
affresco, Castello del Buonconsiglio, Trento

La stessa iconografia che riprende poi il Bramantino agli inizi del 1500 nelle sue opere: il sole del pittore lombardo però, perde le punte serpentinate per acquistare fattezze antropomorfe. Così accade nel Ciclo dei mesi, dal cui cartone per l’arazzo raffigurante il mese di luglio, si evince al centro del primo quadrante dell’opera un sole umanizzato, provvisto di occhi, naso e bocca e addirittura espressivo; così accade nella Crocifissione custodita nella Pinacoteca di Brera, che vede la compresenza durante il giorno non solo del sole – fisiognomicamente molto simile a quello del Ciclo dei mesi – ma anche la luna.

Bramantino, Il ciclo dei mesi - luglio, 1504, cartone d’arazzo,
Civici Musei del Castello Sforzesco, Milano
Bramantino, Crocifissione, 1501 – 1511,
olio su tela, Pinacoteca di Brera, Milano

J. Van Eyck, Polittico dell’agnello mistico (predella),
1426 - 1432, olio su tavola, Cattedrale di San Bavone, Gand
Negli stessi anni a Roma sono attivi Raffaello e Leonardo, che a differenza del Bramantino, rendono l’idea del giorno in modo sicuramente più verosimile. Entrambi attingono molto da quella che è la pittura paesaggistica fiamminga sviluppatasi nel Quattrocento, di cui esemplare degno di nota è Polittico dell’agnello mistico del Van Eyck nella Cattedrale di San Bavone a Gand (nel quale appare anche un sole reso splendidamente): il primo nell’armonia bicromatica del cielo azzurro e delle nuvole bianche vaporose - vedi la Madonna del Belvedere; il secondo nell’accordo tra paesaggio ed effetto atmosferico di stampo nordico – vedi la Monna Lisa e la Monna Vanna. Effetto che però non supera quello dei pittori veneti come Giorgione e Tiziano, maestri della pittura tonale atmosferica.

Raffaello, Madonna Belvedere, 1506, olio su
 tavola, Kunsthistorisches Museum, Vienna
           Leonardo, Monna Vanna            Leonardo Monna Lisa
             1510 ca, olio su tavola,           1503 - 1514, olio su tavola,
         Collezione privata, Svizzera.       Museo del Louvre, Parigi. 





Un’attenzione particolare, resa ancor più meticolosa dai pittori fiamminghi del XVIII secolo, che aprono ad una visione decisamente sublime del paesaggio, visto come un’armoniosa unione di colori, sensazioni e visioni prospettiche. La veduta di Deft di Vermeer è un masterpiece dell’artista, che oltre alla tela raffigurante la stradina della stessa città, non si era aperto allo studio dei paesaggi e delle vedute cittadine. Indiscutibile il talento con cui rappresenta gli edifici che si affacciano al fiume, inondati della luce del sole mattutino e scuriti dalle ombre dei lati non toccati; affascinante la resa ovattata delle nuvole: un tripudio di sfumature di diversi bianchi e grigi.

J. Vermeer, Veduta di Deft, 1660, olio su tela, Mauritshuis, L’Aja

J. Constable, Studio di nuvole, 1822, olio su carta,
The National Gallery of Victoria, Melbourne
Simile al suo modo di ritrarre il cielo mattutino nuvoloso è Constable, che nel 1822 si dà allo Studio delle nuvole: un olio su carta in cui è ben visibile lo studio meticoloso del cielo e delle nuvole che lo governano. Seppur mantenendo un effetto vaporoso tipico dei pittori fiamminghi del Seicento, Constable in questo dipinto consegna al cielo una volumetria non indifferente, ed un gioco di colori  che ben raccontano l’incontro delle nuvole con la luce del sole.

Canaletto, Il canal grande e la Chiesa della Salute,
1730, olio su tela, Collezione privata.
Diversa invece è la visione del cielo giornaliero del Canaletto, che in pieno Settecento rimane fedelissimo alla copia dal vero dei paesaggi (soprattutto veneti), pur consegnando al cielo un tocco di vigore: si veda nello specifico la tela raffigurante il Canal Grande e la Chiesa della Salute, sul cui sfondo si apre un cielo stratificato da nuvole caratterizzate da svirgolettate corpose che le rendono sin troppo materiche. Molto simile a quello del Canaletto sarà il cielo raffigurato da Monet nella tela de’ La passeggiata, in cui dietro la statuaria figura della moglie Camille, si erge un cielo azzurro contrassegnato da larghe e vigorose svirgolettate di un bianco “illuminato e scaldato” dalla presenza di un sole nascosto.

C. Monet, La passeggiata, 1875, olio su tela, National Gallery, Washington

V. Van Gogh, Olivi con cielo giallo e sole, 1889, olio su tela,
The Minneapolis Institute of Art, Minneapolis
Poetica è la visione di Van Gogh del cielo che si erge sull’uliveto da lui rappresentato, che vagamente ricorda nel suo effetto dorato la concezione di tempo indefinito bizantino; al centro del dipinto, in alto, si erge il sole, una fiera e magniloquente palla d’oro: da esso scaturisce tutta l’energia che inonda il quadro, sottoforma di leggere ma intense pennellate parallele alla circonferenza del sole, che trascinano da questo il calore ed il colore lucente dell’astro.


Quell’astro che permette la vita e che scandisce ciclicamente il tempo dell’uomo, nascendo e morendo ogni giorno, per poi rinascere ancora: una visione mistica quella dell’alba, ripresa da più pittori, tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo, che regala alla stella un’ode dipinta in cui proprio il sole è il protagonista assoluto, nel bagliore accecante della sua sfera luminosa e nello straripante calore emesso dai delicati raggi che inondano tutta la tela.  

G. Pellizza da Volpedo, The sun, 1904, olio su tela, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma.

1 commento:

  1. Un bellissimo excursus, in cui la mia preferenza va in assoluto a Van Gogh, a quel suo rendere materica l'irradiazione di luce, qui come negli astri della Notte stellata; la sua è un'interpretazione materica, di quella prospettiva aerea portata in pittura da Leonardo: luce e aria si fanno concreti grazie alle pennellate radianti e ai vortici di colore. Notevoli anche i dipinti di Vermeer e di Pellizza da Volpedo qui proposti, che non conoscevo e sono lieta di aver potuto ammirare in questo contesto. Complimenti!

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