Giardino del ninfeo
della Villa di Livia, 40 d.C.,
affresco, Museo Nazionale Romano, Roma.
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La lettura dell’info
riguardo la mostra che si terrà alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 24
dicembre 2014 al 15 giugno 2015 dal titolo “TUTANKHAMON, CARAVAGGIO, VAN GOGH. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento”, mi ha fatto riflettere circa un
percorso che illustrasse l’evoluzione della resa (pittorica) delle diverse fasi
del giorno nel corso della Storia dell’arte. Perché così come i diversi
soggetti e temi già trattati, anche l’effetto climatico atmosferico ha avuto un
forte ascendente nella fortuna critica di diverse opere d’arte se non proprio
si è rivelato quale aspetto fondamentale di una determinata corrente artistica
(vedi la pittura tonale veneta rinascimentale).
Trattando del tema del
giorno in questa svirgolettata, inteso come arco di tempo che vede la nascita e
la presenza del sole alto nel cielo, non posso che creare un preambolo molto
sintetico che vede il difficile riscontro di una resa atmosfericamente
“giornaliera”, negli affreschi e nelle pitture parietali delle civiltà
classiche: vale uno per tutti, l’affresco raffigurante un giardino,
originariamente sito nel ninfeo di Villa Livia e attualmente staccato e
custodito a Palazzo Massimo a Roma, che vede l’innalzarsi delle foltissime e
verdi piante su una distesa di un azzurro accesso, che relega piattezza e
uniformità all’idea di cielo che l’artista voleva raffigurare.
Buon Pastore con il gregge, V sec., mosaico,
Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna |
Una situazione che con
l’arte paleocristiana vede un’evoluzione non solo cromatica, ma anche
temporale. Perché seppur vero che si riscontrano mosaici che vedono la
collocazione di un soggetto o di un evento in un periodo giornaliero definito
dalla chiarezza di un cielo limpido, come nel mosaico del Buon Pastore con il
gregge nel Mausoleo di Galla Placidia, in Europa si va ormai delineando un
elemento di stampo bizantino che si trascinerà per circa un millennio: lo
sfondo oro, colore nobile dal triplice scopo: rendere più luminosi mosaici e pitture,
annullare l’idea di spazio e tempo, donare ieraticità e sacralità ai santi
raffigurati: un esempio fra tutti, rimanendo a Ravenna, la Trasfigurazione con
Sant’Apollinare nel catino absidale della basilica omonima.
Trasfigurazione con Sant’Apollinare e il gregge,
VI sec., mosaico, Basilica di Sant’Apollinare in Classe, Ravenna |
È nel pieno basso
medioevo, con l’avvento della pittura di carattere “latino”, che torna a farsi
spazio l’idea di giorno vista come cielo azzurro e laddove possibile, sole
giallo. Giotto, ad esempio, nel ciclo delle Storie di San Francesco nella Basilica di Assisi, semplifica il cielo come larghe campiture di toni diversi
di azzurro, non discostandosi di molto dalla resa romana vista nell’affresco
del giardino di Villa Livia. Sicuramente più avvincente è quello che fa Maestro
Venceslao invece nel suo Ciclo dei Mesi nel Castello del Buon Consiglio a
Trento, circa un secolo dopo: negli undici pannelli affrescati (il mese di
marzo era stato dipinto su una tavola, andata persa durante un incendio), è di
grande effetto la presenza del sole stilizzato come un cerchio argenteo con
punte serpentinate, che fa da protagonista su un cielo di un blu molto intenso.
Giotto, La rinuncia ai beni paterni, 1295 –
1300, affesco, Basilica di San Francesco, Assisi. |
Maestro Venceslao, Ciclo dei Mesi, 1400, affresco, Castello del Buonconsiglio, Trento |
La stessa iconografia
che riprende poi il Bramantino agli inizi del 1500 nelle sue opere: il sole del
pittore lombardo però, perde le punte serpentinate per acquistare fattezze
antropomorfe. Così accade nel Ciclo
dei mesi, dal cui cartone per l’arazzo raffigurante il mese di luglio, si
evince al centro del primo quadrante dell’opera un sole umanizzato, provvisto
di occhi, naso e bocca e addirittura espressivo; così accade nella
Crocifissione custodita nella Pinacoteca di Brera, che vede la compresenza
durante il giorno non solo del sole – fisiognomicamente molto simile a quello
del Ciclo dei mesi – ma anche la luna.
Bramantino, Il ciclo dei mesi - luglio, 1504,
cartone d’arazzo, Civici Musei del Castello Sforzesco, Milano |
Bramantino, Crocifissione, 1501 – 1511, olio su tela, Pinacoteca di Brera, Milano |
J. Van Eyck, Polittico dell’agnello mistico (predella),
1426 - 1432, olio su tavola, Cattedrale di San Bavone, Gand |
Negli stessi anni a
Roma sono attivi Raffaello e Leonardo, che a differenza del Bramantino, rendono
l’idea del giorno in modo sicuramente più verosimile. Entrambi attingono molto
da quella che è la pittura paesaggistica fiamminga sviluppatasi nel
Quattrocento, di cui esemplare degno di nota è Polittico dell’agnello mistico
del Van Eyck nella Cattedrale di San Bavone a Gand (nel quale appare anche un
sole reso splendidamente): il primo nell’armonia bicromatica del cielo azzurro
e delle nuvole bianche vaporose - vedi la Madonna del Belvedere; il secondo
nell’accordo tra paesaggio ed effetto atmosferico di stampo nordico – vedi la
Monna Lisa e la Monna Vanna. Effetto che però non supera quello dei pittori
veneti come Giorgione e Tiziano, maestri della pittura tonale atmosferica.
Raffaello, Madonna Belvedere, 1506, olio su tavola, Kunsthistorisches Museum, Vienna |
Leonardo, Monna Vanna Leonardo Monna Lisa
1510 ca, olio su tavola, 1503 - 1514, olio su tavola,
Collezione privata, Svizzera. Museo del Louvre, Parigi.
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Un’attenzione
particolare, resa ancor più meticolosa dai pittori fiamminghi del XVIII secolo,
che aprono ad una visione decisamente sublime del paesaggio, visto come un’armoniosa
unione di colori, sensazioni e visioni prospettiche. La veduta di Deft di
Vermeer è un masterpiece dell’artista, che oltre alla tela raffigurante la
stradina della stessa città, non si era aperto allo studio dei paesaggi e delle
vedute cittadine. Indiscutibile il talento con cui rappresenta gli edifici che
si affacciano al fiume, inondati della luce del sole mattutino e scuriti dalle
ombre dei lati non toccati; affascinante la resa ovattata delle nuvole: un
tripudio di sfumature di diversi bianchi e grigi.
J. Vermeer, Veduta di Deft, 1660, olio su tela, Mauritshuis, L’Aja |
J. Constable, Studio di nuvole, 1822, olio su
carta, The National Gallery of Victoria, Melbourne |
Simile al suo modo di
ritrarre il cielo mattutino nuvoloso è Constable, che nel 1822 si dà allo
Studio delle nuvole: un olio su carta in cui è ben visibile lo studio
meticoloso del cielo e delle nuvole che lo governano. Seppur mantenendo un
effetto vaporoso tipico dei pittori fiamminghi del Seicento, Constable in
questo dipinto consegna al cielo una volumetria non indifferente, ed un gioco
di colori che ben raccontano l’incontro
delle nuvole con la luce del sole.
Canaletto, Il canal grande e la Chiesa della
Salute, 1730, olio su tela, Collezione privata. |
Diversa invece è la
visione del cielo giornaliero del Canaletto, che in pieno Settecento rimane
fedelissimo alla copia dal vero dei paesaggi (soprattutto veneti), pur
consegnando al cielo un tocco di vigore: si veda nello specifico la tela
raffigurante il Canal Grande e la Chiesa della Salute, sul cui sfondo si apre
un cielo stratificato da nuvole caratterizzate da svirgolettate corpose che le rendono
sin troppo materiche. Molto simile a quello del Canaletto sarà il cielo
raffigurato da Monet nella tela de’ La passeggiata, in cui dietro la statuaria
figura della moglie Camille, si erge un cielo azzurro contrassegnato da larghe
e vigorose svirgolettate di un bianco “illuminato e scaldato” dalla presenza di
un sole nascosto.
C. Monet, La
passeggiata, 1875, olio su tela, National Gallery, Washington.
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V. Van Gogh, Olivi con cielo giallo e sole,
1889, olio su tela, The Minneapolis Institute of Art, Minneapolis |
Poetica è la visione
di Van Gogh del cielo che si erge sull’uliveto da lui rappresentato, che
vagamente ricorda nel suo effetto dorato la concezione di tempo indefinito bizantino;
al centro del dipinto, in alto, si erge il sole, una fiera e magniloquente
palla d’oro: da esso scaturisce tutta l’energia che inonda il quadro,
sottoforma di leggere ma intense pennellate parallele alla circonferenza del
sole, che trascinano da questo il calore ed il colore lucente dell’astro.
Quell’astro che
permette la vita e che scandisce ciclicamente il tempo dell’uomo, nascendo e
morendo ogni giorno, per poi rinascere ancora: una visione mistica quella dell’alba,
ripresa da più pittori, tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo, che regala alla
stella un’ode dipinta in cui proprio il sole è il protagonista assoluto, nel
bagliore accecante della sua sfera luminosa e nello straripante calore emesso
dai delicati raggi che inondano tutta la tela.
G. Pellizza da
Volpedo, The sun, 1904, olio su tela, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma.
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Un bellissimo excursus, in cui la mia preferenza va in assoluto a Van Gogh, a quel suo rendere materica l'irradiazione di luce, qui come negli astri della Notte stellata; la sua è un'interpretazione materica, di quella prospettiva aerea portata in pittura da Leonardo: luce e aria si fanno concreti grazie alle pennellate radianti e ai vortici di colore. Notevoli anche i dipinti di Vermeer e di Pellizza da Volpedo qui proposti, che non conoscevo e sono lieta di aver potuto ammirare in questo contesto. Complimenti!
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