Facendo da chaperon con la mia amica Clizia, ad Alice, una ragazza di Cremona in vacanza in terra
di Bari, ho avuto modo io per primo di rivalutare il territorio in cui vivo,
rivelatosi a tutti gli effetti un vero e proprio scrigno d’arte bizantina e
medievale.
E se già alla Pinacoteca Provinciale Corrado Giaquinto ed alla Gipsoteca Provinciale nel Castello Svevo di Bari, ho
dedicato le mie attenzioni, in questa sede, prima di dedicarmi all'argomento trattato, non mi resta che accennare almeno
allo splendore artistico ed architettonico che caratterizza la città di
Bitonto, purtroppo più conosciuta per la sua criminalità che per gli aspetti
gastronomici e per i suoi beni, tra cui spiccano la Galleria Nazionale della Puglia,
il Torrione Angioino e la Basilica di Santa Maria Assunta, l’esempio più chiaro
dell’architettura romanica pugliese, al pari di San Nicola a Bari.
Panoramica del centro storico di Bitonto, con la Basilica di Santa Maria Assunta |
D. Janekovic, Dalla
zona balneare sul Sava, 1933, fotografia.
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Ad ogni modo, in quest’occasione,
ho avuto modo di ammirare nel Castello Svevo di Bari, oltre ad un paio di
installazioni temporanee di Arnoldo Pomodoro, una mostra dedicata ad un
fotografo poco conosciuto dalla gente, perché rivalutato soltanto negli ultimi
tempi nonostante la sua scomparsa avvenuta più di vent’anni fa: il suo nome è
Djuro Janekovic, classe 1912, nato e vissuto a Zagabria – in Croazia – sino al
1989 anno della sua morte.
[La mostra DJURO
JANEKOVIC. Fotografo Croato, Artista Europeo, durerà sino al 15 settembre, (si
è aperta il 15 luglio), ed è ospitata all’interno delle sale del Castello Svevo
di Bari, (orari: tutti i giorni 8.30 – 19.30; costi: intero €5.00, ridotto
€3.00)].
D. Janekovic, Scuola
di ballo
di Margarite Froman, 1934, fotografia.
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Di lui non si sa
molto. Appassionato di fotografia, iniziò a raccontare la sua Croazia già da
ventenne, quando, fotoreporter munito della sua macchina fotografica, immortalò
nei suoi scatti tutta l’evoluzione socio-demografica della città verso un
traguardo sempre più moderno e rivoluzionario. Scatti rivelatisi a tutti gli
effetti importanti e “storici”, perché considerevoli documenti stampati su giornali
di stampo nazionale come “Kulisa”, una rivista dal taglio moderno ed
avanguardista, attento alle dinamiche dell’arte e della fotografia.
Guardando ai suoi
meravigliosi scatti in bianco e nero, non si può ricondurre un pensiero
a due grandi fotografi a lui coevi: sicuramente sul piano
tecnico infatti Janekovic riprende l’idea costruttivista di Aleksandr Rodcenko,
nell’immortalare sagome e palazzi che si ergono dal basso verso l’alto in un
gioco di tensione lineare e volumetrica; mentre sul piano emozionale e
analitico, come non pensare a Robert Doisneau, che immortalò nei suoi scatti la
meravigliosa Parigi del secondo dopoguerra?
D. Janekovic, Il
direttore d’orchesta
Issay Dobroven, 1934, fotografia.
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Infatti analizzando la
composizione di alcuni degli scatti presenti alla mostra, non è difficile notare
un crescendo di forza e potenza nelle linee tese che caratterizzano lo scenario
catturato da Janekovic; addirittura il taglio netto di alcune situazioni
immortalate, lasciano allo spettatore la libertà quasi di immaginare un
proseguo dell’ambiente oltre il perimetro della fotografia, altresì addirittura
di immaginare possibili avvenimenti accaduti oltre lo sconfinamento dello
stesso.
D. Janekovic,
Automobili e autisti, autisti e automobili, 1934, fotografia.
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D. Janekovic, Fra le luci della grande città, 1933, fotografia. |
E nel complesso, l’idea
di raccontare Zagabria negli anni di stasi tra le due guerre, è encomiabile.
Zagabria non è mai stata profondamente documentata sul piano fotografico come
altre grandi capitali quali Roma, Londra, Berlino o Parigi; la sua storia non
viene mai raccontata nei manuali istituzionali di storia. Eppure Janekovic ci
dimostra con i suoi scatti non solo la volontà di consegnare alla sua città il
giusto tributo, ma anche (e soprattutto) la trasformazione della stessa in una
realtà cosmopolita e multietnica: la città croata nei primi anni ’30 si apre
alla cultura, alla novità, all’avanguardia, ed il fotografo ce lo racconta.
Ce lo racconta
attraverso fotografie che ritraggono insegne al neon, sprizzanti di una vita
notturna invidiabile, automobili per la strada, eventi memorabili nelle piazze;
così come lo fa, attraverso fotografie atte ad indagare il mondo invisibile
dell’anima: la preparazione di alcune ballerine prima di uno spettacolo, l’irruenza
di un direttore d’orchestra durante un concerto, la dolcezza del raccoglimento
di chi, nella notte, sotto la pioggia, aspetta il treno per tornare finalmente a
casa.
D. Janekovic, Stazione
di servizio, 1933, fotografia.
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D. Janekovic, Di fronte
alla borsa di Zagabria,
1934, fotografia.
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PS: Mi scuso per la qualità delle immagini, ma non avendo trovato materiale su Internet, ho dovuto postare le fotografie scattate con la mia macchinetta.
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