Rembrandt, La ronda di
notte, 1642,
olio su tela, Rijksmuseum, Amsterdam
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Seguendo il tema della
descrizione di un excursus che analizzi la rappresentazione delle diverse fasi
del giorno, dopo aver visto quanto accade nel giorno e nella notte, è la volta
di guardare a come nel corso dei secoli, diversi artisti hanno raffigurato l’idea
della notte nei suoi molteplici significati.
Perché la notte non è
da sempre stata vista solo come sfondo ideale a romantici paesaggi, ma anche
come emblema del buio e del mistero; il luogo in cui accadono avvenimenti
pericolosi o sovversivi: la più conosciuta La Ronda di notte di Rembrandt o il
meno noto San Pietro liberato dall’Angelo di Stom, ne sono un esempio.
M. Stom, San Pietro liberato dall’Angelo, XVII
sec., olio su tela, Pinacoteca Provinciale, Bari |
In pittura però,
esulando dal significato esoterico della notte, che è visibile in alcune
interpretazioni oniriche delle pitture parietali egizie e delle primitive
civiltà, tra le prime rappresentazioni della volta celeste vi sono i mosaici
paleocristiani bizantini. Volte stellate, semplici nella bicromia blu – oro che
riconducono alla dualità oscurità – luce divina; complesse nella composizione,
in cui la disposizione geometrica degli astri luminosi tocca livelli di armonia
assoluta: si veda tra tutti il mosaico della Volta stellata nel Mausoleo di
Galla Placidia a Ravenna, opera del V secolo d.C.
Volta stellata, V secolo d.C., mosaico, Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna |
Un modo di
rappresentare la notte, questo, fortunato e standardizzato per secoli, secondo
i precetti della pittura bizantina, che vede la sua evoluzione con l’avvento
della pittura latina, con Giotto. In diverse occasioni il
pittore apre i suoi pannelli ad uno scenario notturno, anche se nonostante l’innovazione
di una visione minimale del cielo scuro, il suo modo di rappresentare la
notte non rende giustizia alla complessità atmosferica dell’arco temporale: il
cielo notturno di Giotto è una semplice distesa di un blu verdastro molto
chiaro, che ancora per alcuni versi rende la scena estemporanea al momento in
cui sta accadendo, come ben si evince, per esempio, dal pannello riguardante il
Sogno di Innocenzo III, tratto dal ciclo della Vita di San Francesco nella basilica omonima di Assisi.
Circa 150 anni dopo,
sarà Piero della Francesca a rendere giustizia alle sfumature ed alla “luce”
che si diramano dalla notte: d’altronde il pittore è un artista che
rivoluzionerà il concetto di luce e luminosità nella storia dell’arte, per cui è
eccezionale notare come i suoi studi si siano resi validi anche al periodo
della giornata in cui paradossalmente regna l’oscurità. Piero della Francesca
però illumina il cielo con le stelle, viste come piccoli puntini di luce in un
cielo blu, e seguendo la stessa scia illumina la tenda in cui avviene Il sogno
di Costantino ed i personaggi presenti, con la luce prodotta da una luna, però
assente nell’affresco.
Giotto, Sogno di Innocenzo
III, 1295 – 1300, affresco, Basilica di San Francesco, Assisi |
P. della Francesca, Il
sogno di Costantino, 1458 – 1466, affresco, Basilica di San Francesco, Arezzo |
Circa dieci anni dopo l’esecuzione dell’affresco di Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco di Arezzo, sarà Paolo Uccello a consegnare alla notte una nuova visione, non solo atmosferica ma anche e soprattutto mistica: la Caccia notturna, custodita all’Ashmolean Museum di Oxford, racconta una scena venatoria che si svolge in piena notte, dove le stelle e la luna (un sottilissimo spicchio) che sono alti e ben visibili nel cielo, fanno da preludio ad un forte sentimento di angoscia e mistero, in una visione onirica che ben si sposa con il disturbo creato dallo spazio indefinito nella sua profondità, nella sua prospettiva e nella sua volumetria bidimensionale.
P. Uccello, Caccia notturna, 1470, tempera su tavola, Ashmolean Museum, Oxford |
S. del Piombo, Pietà, 1516, olio su tela, Musei Civici, Viterbo |
Sicuramente i primi
secoli in cui prende piede, si sviluppa e si irradia la pittura latina, vede
sperimentazioni e valutazioni sul tema, nella tendenza a creare luce laddove vi
è assenza di luce: un atto dovuto in pieno Umanesimo e Rinascimento, in cui è
la curiosità, lo studio e la voglia di copiare perfettamente la natura a
spingere gli artisti a superarsi il più possibile.
Caravaggio, Conversione di San Paolo, 1601, olio su tela, S. Maria del Popolo, Roma |
Nella Conversione di
San Paolo, tela custodita nella Cappella Cerasi a Santa Maria del Popolo a
Roma, è ben visibile quanto detto: in un clima di oscurità notturna, il San
Paolo caduto viene illuminato da un’esplosione di luce divina, che illumina il
suo corpo e lo spazio che lo circonda. Una luce necessaria non solo a definire
il racconto, ma anche a definire la natura divina dell’evento.
D. Corvi, La morte di Seneca, 1790, olio su tela, Fondazione Roma, Roma |
F. Goya, Le fucilazioni del 3 maggio, 1814, Museo del Prado, Madrid |
I due pittori infatti
vedono il cielo notturno come una distesa di colore scuro, reso d'altronde tramite
larghe campiture di colore, che fa solo da accompagnamento alla scena che si
accingono a raccontare; scena che viene totalmente illuminata da fonti
artificiali: nel caso della Fucilazione del 3 maggio di Goya, la luce proviene
unicamente dalla lanterna dei soldati francesi, mentre il cielo nero è smorzato
nella cromia da nuvole diradate, create con tonalità leggermente più chiare;
nel caso del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, la luce arriva unicamente da
una fonte non visibile proveniente dal punto di vista dello spettatore, mentre
dietro il cielo, non è tetro come quello di Goya, ma appare comunque anonimo
nelle sue tonalità di viola e blu scuro che sfumano tra loro.
G. Pellizza da Volpedo, Il quarto stato, 1896 – 1901, olio su tela, Galleriad’Arte Moderna, Milano |
J. A. Grimshaw, In Peril, 1879, olio su tela,
Leeds Museums and Galleries, Leeds |
Monet, nella sua Le
port du Havre, del 1873, racconta invece una notte che è tutto un tripudio di svirgolettate
vigorose di blu e azzurri; una notte che è una fusione cromaticamente armoniosa
tra cielo e mare, il cui punto di rottura tra le due realtà viene definito
meramente da intensi punti luce bianchi e rossi, mentre quello di ulteriore
congiuntura viene reso dal groviglio indefinito delle barche a vela.
C. Monet, Le port du Havre, 1873, olio su tela, Collezione privata |
A seguire Van Gogh,
nel biennio 1888 – 89, si concede ad una visione della notte, che nelle sue
molteplici rivisitazioni, viene comunque resa luminosa dalla presenza di stelle
meravigliose.
E se la Notte sul
Rodano lascia negli animi il lontano ricordo delle stelle bizantine dei mosaici
ravennati, in un cielo reso da pennellate veloci ed estremamente materiche, la Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles,
dello stesso anno, vede già il modificarsi degli astri del cielo da stelle a
più punti, in circolari punti luce che aprono ad aloni più dolci, che si
stemperano nella notte scura.
V. Van Gogh, Notte stellata sul Rodano, 1888,
olio su tela, Musèe d’Orsay, Parigi |
V. Van Gogh, Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, 1888, olio su tela, Museo Kroller Muller, Otterlo |
Una modifica che
giunge all’apice nel dipinto custodito al MoMA di New York, La notte stellata,
il cui cielo notturno che sovrasta la città di Saint Remy de Provence, si
rivela un turbinio delicato e inquietante, luminoso, quieto ed esplosivo, di
luci e colori. La pasta materica del colore, le pennellate veloci ma metodiche,
l’andamento curvilineo ondeggiante preciso, lo rendono tra le rappresentazioni
notturne più favolistiche di tutti i tempi.
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V. Van Gogh, Notte stellata,
1889, olio su tela, MoMA, New York.
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