Ritratto di Ernst Ludwig Kirchner |
Tra le vittime della
mostra sull’Arte degenerata, manifestata dalla politica nazista negli anni ’30,
oltre al già raccontato Otto Dix, configura un altro protagonista della
Rivoluzione stilistico pittorica tedesca contemporanea: Ernst Ludwig Kirchner,
un pittore che, nel corso della sua vita, provò, con successo postero, a
raccontare la società e la vita quotidiana tedesca del suo tempo, attraverso un
forte impatto cromatico.
Il pittore, nacque a
Aschaffenburg, in Baviera, nel 1880, vivendo la sua formazione accademica in un
periodo di forte interesse verso le novità ed avanguardie provenienti da tutt’Europa:
iscrittosi alla Facoltà di Architettura di Dresda nel 1901, sicuramente
incuriosito dalla forte emotività sprigionata dall’esplosione dei colori
dettate dalle larghe campiture della pittura di Gauguin e Matisse, ed allo
stesso tempo, dal compulsivo uso delle svirgolettate di Van Gogh, con alcuni
suoi colleghi studenti (Fritz Beyl, Erich Heckel e Karl Schmidt Rottluff), nel 1905 fondò una corrente artistica, atta ad inaugurare un nuovo Espressionismo
di stampo tedesco, il Die Brucke (trad.: Ponte).
E. L. Kirchner, Gruppo di artisti, 1926, olio su tela, Ludwig Museum, Colonia |
Una corrente avanguardistica
che, a differenza dell’Espressionismo fauvista francese di Matisse, Derain e De
Vlaminck, era connotato da un forte accento di denuncia politico sociale. D’altronde,
lo stesso nominativo della corrente, era un’esortazione a percorrere una sorta
di ponte simbolico la cui meta finale sarebbe stata un futuro migliore dell’attuale
(secondo i dettami nietzscheschi raccontati in “Così parlò Zarathustra”),
considerando per l’appunto, il periodo di ormai abbandonata integrità morale,
di alienazione degli operai sfruttati e trattati al pari di bestie da soma, di
smarrimento ed insoddisfazione storico – politiche.
E l’ambiente che si
respirava nel Die Brucke, era per alcuni versi simil-rivoluzionario, come si
può dedurre dalla malinconica tela di Kirchner Gruppo di artisti del 1926, raffigurante tre dei
quattro fondatori della corrente, più Otto Muller, pittore unitosi al contesto
nel 1910.
Bloccati in una stanza dalle pareti costrette dipinte di blu, i
quattro pittori sono intenti a discutere tra loro: Muller, seduto a gambe
accavallate, pare pensoso e perplesso mentre fuma la sua pipa, segue dietro, alla
sua sinistra, coperto dalla parete spiovente, lo stesso Kirchner munito di giornale,
ancora Heckel e Schmidt Rottluff, con le mani nella palta del pantalone; tutti
rigorosamente imborghesiti nei loro abiti e nelle loro cravatte, con barba e
capelli, rigorosamente precisi.
E. Nolde, La danza intorno al vitello d’oro, 1910,
olio su tela, Staatsgalerie moderner kunst, Monaco di Baviera |
Oltre a Muller, nel
1906, entrarono a far parte del Die Brucke anche Max Pechstein ed Emil Nolde;
quest’ultimo in particolare, dette al gruppo già di per sé esponente di una
vigorosità cromatica eccezionale, un’ulteriore spinta emotiva. Si veda uno su
tutti, La danza intorno al vitello d’oro, del 1910, in cui un gruppo di donne
balla freneticamente inneggiando al vitello d’oro: il movimento, la furia, l’esortazione,
sono tradotte visivamente da un buon connubio stilistico cromatico; da un lato
infatti una forte spinta è data dalle svirgolettate trascinate dal basso all’alto
di colori pastosi e vigorosi, dall’altra l’utilizzo dei colori caldi, accende
il sangue nel corpo di chi osserva.
E. L. Kirchner, Marcella, 1909, olio su tela, Moderna Museet, Stoccolma |
Il periodo del Die
Brucke, durato sino al 1913, perché sciolto dai suoi componenti in seguito al
problema binario del trasferimento di Kirchner a Berlino, e dello scontro di
opinioni dei suoi componenti, scandalizzati sia dalla pubblicazione delle
Cronache del Die Brucke dello stesso Kirchner, sia ormai indirizzati verso uno
stile più individualistico che di gruppo, per il pittore coincise con la
denuncia della società che guardava con i suoi occhi nelle città più popolate
della Germania imperiale.
Forte impatto ebbe
innanzitutto la serie dei ritratti di Marcella, (talvolta ricordata anche come
Franzi), una prostituta minorenne consapevole della bellezza e della freschezza
dei suoi anni, molto ambita dai signori di Dresda. Nei diversi ritratti
appartenenti al biennio 1908 – 1910, Kirchner la raffigura sfrontata e spavalda
nel suo sguardo sensuale, truccata esageratamente, spesso vestita, ma anche nuda, coperta però nel pube e nel
seno ancora acerbo, dalle sue braccia. Interessante è notare l’atteggiamento
della ragazza, vogliosa di sedurre e sempre attenta al particolare vezzoso come
il fiocco tra i capelli.
E. L. Kirchner, Marcella, 1910, olio su tela,
Minneapolis Institute of Arts, Minneapolis. |
Nei ritratti più tardi
del biennio, si può persino evincere come la modella bambina venga raffigurata
nella sua crescita, non solo fisica ma anche psicologica: quella che era una bambina
forte della sua influenza sugli uomini e divertita da tanto potere e dal gioco
di posare per i pittori, diviene un’adolescente consapevole della vita
sfrontata che sta alimentando. Marcella peraltro ormai è conosciuta nell’ambiente
del Die Brucke, perché non è solo la modella di Kirchner: anche Max Pechstein
la ritrae nella stessa posa e nelle stesse vesti indossate da lei per posare
per il primo pittore.
Confrontando le due tele, è
evidente che la ragazza abbia posato contemporaneamente per Kirchner e
Pechstein, seppure i due abbiano reso le sue emozioni in maniera differente:
Pechstein, posizionato frontalmente nella stanza, la ritrae seducente, con una
mano tra le gambe incrociate, l’altra sul viso, attenta però a non coprire le
labbra carnose; persino l’abito appare erotico nella cortezza della gonna e
nelle forme del fondoschiena. Kirchner invece, posizionato alla sinistra di
Marcella, la ritrae sì nello stesso
modo, ma ciò che ne deriva subisce una modifica percettiva: quella che è la
modella sensuale di Pechstein, sembra essere più pudica agli occhi di Kirchner;
l’abito appare più lungo di quanto non si direbbe nel primo, gli occhi
socchiusi sembrano non raccontare erotismo ma stanchezza, la posa sensuale pare
quella sciatta e casuale di una donna stesa sul divano.
M. Pechstein, Ragazza sul divano, 1910, olio su tela, Ludwig Museum, Colonia |
E. L. Kirchner, Marcella, 1910, olio su tela, Brucke Museum, Berlino |
Pechstein peraltro non
fu solo un semplice compagno del Die Brucke per Kirchner. Insieme nel 1911, convinti
delle loro idee circa l’arte moderna e trasferitisi entrambi a Berlino,
decisero di fondare un istituto accademico, l’Istituto MUIM, che per l’appunto
si prefiggeva di inculcare nei negli iscritti della nuova generazione, una
nuova metodica pittorica tipica di un’arte contemporanea in evoluzione. Ma il
progetto non ebbe i successi sperati, per cui un anno dopo, nel 1912, il MUIM
vedeva la sua chiusura. E a seguire, un anno dopo ancora, lo vide il Die
Brucke.
P. Picasso, Les Deimoselles d'Avignon, 1907, olio su tela, MoMA, New York. |
In quegli anni
Kirchner sviluppò però le sue idee più geniali circa la trasposizione visiva
della società del suo tempo. Ne sono esempio diversi dipinti esemplari, tra cui
molto interessante per il soggetto e la composizione è Cinque donne sulla
strada del 1913, al Ludwig Museum di Colonia.
La tela raffigura cinque
prostitute, lo stesso soggetto iconografico de’ Les deimoselles d’Avignon che
Pablo Picasso dipinse sei anni prima, agghindate di tutto punto e pronte ad
accalappiarsi gli uomini proponendo le loro pose più sensuali. I colori acidi e
freddi della tela contrapposti a quelli scuri degli abiti, i profili greci
stilizzati delle meretrici, i fisici longilinei sino all’inverosimile e le
linee spezzate dei loro cappelli, lasciano nello spettatore un senso di angoscia
e degrado, tipico di quella realtà borghese lasciata alla deriva di se stessa
che anche Otto Dix raccontava in quegli anni.
E. L. Kirchner, Cinque donne sulla strada, 1913, olio su tela, Ludwig Museum, Colonia |
Emozioni avvalorate nelle due tele di Scene di strada di Berlino dello stesso
anno e Postdamer Platz del 1914. In entrambe le tele, Kirchner introduce la sua
visione pittorica della denuncia sociale, così come aveva fatto con le Cinque
donne sulla strada. Le donne della Scena di strada a Berlino, sono donne
succinte e vanitose, accompagnate dai loro mariti e fidanzati dai pastrani
scuri e le bombette a tinta; tutto è frenetico, la gente sullo sfondo va e
viene, si fonde in un'unica grande macchia – nitida - di colore scuro. Più
angosciante Postdamer Platz, connotata dalla stessa tipologia di donne dal
corpo troppo longilineo e dai copricapi dalle linee spezzate delle piume, ma
arricchita del verde olivastro delle loro derma. Ancora, la città nello sfondo
sembra contorcersi come risucchiata da un buco nero creatosi nello
spartitraffico circolare dove sostano le due donne; il cielo è scuro e verde
come la strada, gli edifici sono tetri: tutto contribuisce a rendere la piazza
macabra.
E. L. Kirchner, Scena di strada a Berlino, 1913, olio su tela, Neue Galerie, New York |
E. L. Kirchner, Postdamer Platz, 1914, olio su tela, Neue Nationalgalerie, Berlino |
Con lo scoppio della I
guerra mondiale, così come fece incoscientemente Otto Dix (i due pittori nel
loro vissuto hanno molte cose in comune), anche Ernst Ludwig Kirchner si
arruolò volontariamente nell’esercito. Ma dalla vita di guerra ne uscì
psicologicamente distrutto: l’orrore a cui aveva assistito nella prima guerra
di trincea ad oltranza, la visione della morte e della mutilazione, lo
provarono sino allo sfinimento, tanto che nel 1915, ad un anno dall’inizio del
conflitto, subì un forte esaurimento nervoso e fu congedato al fine di curarsi.
. L. Kirchner, Autoritratto da soldato, 1915, Allen Memorial Art Museum, Oberlin |
Anche dai suoi
autoritratti del periodo bellico si può notare come egli avesse subito il
trauma della guerra: si veda l’Autoritratto come soldato, del 1915 in cui il
pittore si dipinge nella sua uniforme di soldato, accompagnato da una donna nuda, probabilmente una prostituta non necessariamente legata a lui da sentimenti affettivi.
Lo sguardo del
pittore, nella tela, sembra assente, alienato probabilmente dalla
consapevolezza che sul fronte la morte giunge inaspettata: a dimostrarlo il
moncone ancora sanguinante, simbolo della paura provata verso la guerra e delle conseguenze che questa, quindi, può procurare: una componente riscontrata appunto
anche nelle tele di Dix degli stessi anni.
E poi l’Autoritratto da ammalato, del 1918, che mostra un Kirchner scosso, angosciato, consapevole di cos’è la paura. Dalla finestra il paesaggio si tinge di colori sgargianti, la camera sembra rimpicciolirsi a vista d’occhio e in primo piano non resta che lui, il pittore dalla pelle livida e verdognola, preoccupato sul futuro.
E poi l’Autoritratto da ammalato, del 1918, che mostra un Kirchner scosso, angosciato, consapevole di cos’è la paura. Dalla finestra il paesaggio si tinge di colori sgargianti, la camera sembra rimpicciolirsi a vista d’occhio e in primo piano non resta che lui, il pittore dalla pelle livida e verdognola, preoccupato sul futuro.
E. L. Kirchner, Autoritratto da ammalato, 1918, olio su tela, Das Stadel Museum, Francoforte |
Con la fine della
guerra giunse un florido periodo di successi per l’artista, che però,
nonostante le diverse mostre monotematiche di cui fu protagonista e l’edizione
di un suo catalogo personale, risentì sempre dei forti problemi emotivi e
psicologici legati alla sua esperienza di guerra, come si evince da un più
pacato seppur instabile Autoritratto dipinto nel 1931. Trasferitosi dal 1918 in
poi a Davos, in Svizzera, nella cittadina visse il resto della sua sino al
1938, l’anno seguente alla sua disfatta professionale, derivata dalla messa al
bando di centinaia di sue opere per mano dei nazisti, nella denuncia sull’arte
degenerata. Lui, che con il Die Bruck aveva tanto combattuto per un’umanità
migliore, ritrovandosi invece nella mani della peggiore fattispecie.
E. L. Kirchner, Autoritratto, 1931, olio su tela, Bunder Kunstmuseum, Coira |