venerdì 18 ottobre 2013

Apoteosi dell'ano: la mostra Ojo del culo ad Oporto

Questa è arte! Questa non lo è. E questa? Questa è arte? Io dico di si. Tu dici di no?
Le affermazioni succitate che sono solite indicare il nostro modo di intendere l’arte e che non di rado si trasformano in domande dettate da dubbi e perplessità, ben riconducono alle mie svirgolettate che trattano la concezione di arte secondo i filosofi Formaggio e Munari ed il sondaggio stolkeriano sulla visione di essa da parte dello studente/lavoratore medio italiano.

E sulla scia delle riflessioni effettuate sul trapasso dell’arte dall’accademismo, tipico diquella moderna, al concetto, tipico della contemporanea, - di cui ottimo esempio è la Fontana di Duchamp - e dei ragionamenti circa la differenza tra arte erotica e pornografia, - il concorso annuale al Kinsey Institute la fa da padrona – capita anche di ritrovarsi tra le mani una mostra di arte contemporanea incentrata sull’ano.

Deve aver pensato, l’artista a me sconosciuto nonostante le ricerche su internet, che se l’arte annovera con i sacrosanti crismi la vagina dell’Origine del Mondo di Coulbert, nonché le 90 scatolette di Merda d’artista di Piero Manzoni, allora può aprire le sue porte anche agli orifizi anali.
Ed è in virtù di ciò che nel 2006, presso la Fondazione Serralves di Oporto, in Portogallo, si è tenuta una mostra interamente incentrata su scatti fotografici aventi per protagonisti ani maschili e femminili; mostra che prese il nome di Ojo del culo. [Trad: Occhio del culo]

La scandalosa mostra non è rimasta in anonimato ma ha avuto effetto virale sui social network, per quanto dopo un periodo di incubazione di ben sette anni: in virtù di ciò, i mass media sono quindi divisi tra chi ritiene l’esposizione autentica come ben visibile dalle foto indicanti il trasporto, l’allestimento e la pulizia degli scatti, e chi la ritiene una bufala, forte del mancato riscontro sul sito della Fondazione Serralves, che però ad onor del vero, riporta solo le esposizioni degli ultimi due anni.

I dettagli delle macrofotografie senza dubbio sono catturati con meticolosità, mostrando non solo la diversità delle cavità naturali dei modelli che hanno posato per l’artista, ma anche il loro sesso – deducibile dalla presenza della peluria - ed il vissuto di questi attraverso la presenza di impercettibili particelle di feci. Particolari che come se facessero parte di un collage tipico di un Rauschenberg, raccontano l’intimità più recondita di ognuno di noi: scattare l’ano del modello è un po’ quindi, come scavare nella sua anima.

Ora, mi chiedo che ne avrebbe pensato Modigliani della mia ultima affermazione, perchè mi rendo conto di aver molto azzardato nell’analisi critica degli scatti della mostra Ojo del culo. Però mettendomi in gioco e considerando il mio lato perverso, curioso, attento, scrutatore e pragmatico – che è un po’ tipico di tutti gli storici dell’arte – preferisco sotto alcuni versi, credere che sia così come ho enunciato, che quella sia la concezione primordiale di un artista che ha voluto in qualche modo difendere l’idea di libertà ed espressione dell’arte.  

Dico che preferisco credere, perchè non posso esulare dal considerare che per quanto sul piano concettuale voglia sforzarmi di dare per veritiera la mia visione, sul piano concreto e reale, sono ben consapevole che agli occhi dei più, quelli mostrati altro non sono che buchi del culo; per cui sto ben attento a non fare il Carlo Giulio Argan con le teste di Modigliani, della situazione, inneggiando alla poesia che si cela dietro fotografie di semplici ani. 

In fondo il mio è stato un modo di sdrammatizzare quella che ai miei occhi è stata una vera e propria commercializzazione dell’arte, che ha poco di poetico e di etico, ma tanto di volgare e mondano.
Perché se come diceva Gertrude Stein “Una rosa, è una rosa, è una rosa”, allora non prendiamoci in giro: un ano è un ano, è un ano. 

12 commenti:

  1. Mostra mai avvenuta dentro gli spazi Serralves, come riferisce un comunicato stampa del museo.

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  2. Il problema è che tu, scrivendo de sta roba le dai importanza.. ottieni come risultato proprio ciò che critichi.
    per quanto riguarda la commercializzazione, il mercato è forse il filtro più potente ad oggi per definire cosa è arte e cosa nn lo sia
    siamo immersi fino al midollo nel mercato, quindi perché non accettarlo come filtro estetico?
    L' Arte è un termometro sensibile, per rimanere in tema de buci.. Segnala i tempi che corrono. Sta a noi mostrare imporre una funzionalità estetica, risvegliare la bellezza. Non facendo articoli sui buci..
    Nn penso che abbiano venduto una sola foto di quei buci.. c'è rischio che la prima te la sei comprata proprio tu che scrivi 'sto blog..

    Marco Deserto

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    1. In quanto storico dell'arte credo che sarebbe troppo facile deviare argomenti "antipatici" e raccontare solo quello che ci piace: mancheremmo di obiettività; praticamente quello che hai dimostrato tu, che hai giocato a fare la banderuola: prima dici che dovremmo accettare il mercato come filtro estetico, poi, subito a seguire, opti per imporre una funzionalità estetica "non facendo articoli sui buci".
      Decidi da che parte stare. E comunque se hai letto bene il mio articolo, non ho affatto difeso la "mostra bufala" anzi l'ho attaccata. Ma evidentemente non ti è chiaro il mio linguaggio; se così fosse non mi offendo: anche ciò che hai scritto te non sono riuscito a comprenderlo proprio fino in fondo.

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  3. io sinceramente non me ne intendo di arte ma onestamente sono proprio dei lavori fatti col culo, e non nel senso metaforico...forse sarò all'antica ma preferirei vedere un bel paesaggio al posto di un ocho del culo.....
    poi è anche vero che l'arte non va compresa ma interpretata...forse dietro certe immagini c'è un significato profondo... il significato profondo...non altro!!!!!

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    1. Premettendo che come avrai potuto leggere dai commenti, la storia si è rivelata essere una bufala, io per primo ho prestato una certa attenzione a definire arte quello che effettivamente non è: soprattutto negli ultimi anni, dove il mercato la fa da padrona, il pubblico è costretto a "soffrire" la presenza di un'artisticità che non è propriamente tale a favore di un'economia che può lucrarci sopra. Per cui la tua osservazione è più che lecita, in virtù del fatto che, significati a parte (estrapolati con molta difficoltà, in un gioco provocatorio che ha voluto per forza trovare loro un senso), effettivamente le foto non hanno nulla di profondo.

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  7. Mostra splendida,mi sarei offerto anche io come modello potendo

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  8. Non ritengo la "fotografia" assimilabile ad un'arte come la pittura, " L'origine del mondo" di Coulbert è un quadro, qui soltanto foto anatomiche, tutto qui.

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