Gabriele
Cioni è quello che si può definire un artista a tutto tondo.
Appassionato
di musica e storia della musica, studia “Organizzazione di Eventi” presso il
DAMS di Roma Tre. Parallelamente frequenta “ l’Accademia Professionale Percento
musica”, sempre nella città di Roma.
Ora
Gabriele suona nel Jazz Band dell'Università di Roma Tre, in duo chitarra e
voce, e raramente da solista. Ancora, scrive occasionalmente per
qualche blog.
Attraverso
quest’intervista proverò a estrapolare e a raccontare l’estro artistico di
Gabriele, un talento della musica sempre disponibile, educato e diplomatico.
D: Tre anni in un’accademia professionale, che
dal nome lascia trapelare un’induzione agli insegnamenti riguardanti la musica,
ha senza dubbio rifinito la tua passione. Come nasce il tuo amore verso la
musica e cosa hai carpito da questa esperienza?
R: Eh, sì.
E' una domanda davvero difficile, ma cercherò di spiegarla in breve. Il mio
amore per la musica è congenito e di famiglia. Sin da bambino sono cresciuto in
un ambiente familiare abbastanza ricco di stimoli. Non posso dimenticare una
recita delle scuole elementari in cui io mi cimentavo a cantare una canzone
tradizionale Salentina, con non poche difficoltà. Ho scoperto la chitarra, il
mio strumento, all'età di quattordici anni iniziando a suonare la chitarra folk
di mio padre; posso dire che sia partito tutto da lì. Ho iniziato a suonare da
autodidatta e frequentato per un anno una scuola musicale della mia città
Nardò, con un validissimo insegnante. L'anno successivo all'età di diciotto
anni mi sono trasferito a Roma, dove ho iniziato un percorso di studi
professionale presso l’accademia “Per Cento Musica”, che ho frequentato per tre
anni consecutivi. Credo che la musica sia una delle poche cose per cui vale la
pena di vivere, perché attraverso di essa ho imparato, e continuo ad apprendere
parecchio. Credo che la musica trasmetta la gioia di vivere, lo scorrere della
vita e le sue storie. La musica si può “sentire” percepirla, ascoltarla in
diversi modi; credo però che la cosa più bella sia viverla in pieno e lasciarsi
trasportare da essa. Adesso è difficile darti un resoconto preciso di cosa sia
per me la musica, ma ti posso dire definitivamente che la musica è parte di me
e credo che non potrei vivere senza di essa. Come diceva il buon caro Nietzsche
“Senza la musica la vita sarebbe un errore”.
D: In seguito ti sei iscritto al DAMS di Roma
in Organizzazione di eventi, un corso di studi volto a integrare probabilmente
la musica nelle sue finalità ma non a renderla unica protagonista delle tue
attività. Come mai hai deciso di intraprendere questo percorso, e come ha
influito sulla tua passione?
R: Sì.
Ho deciso di intraprendere questo percorso per crearmi una strada alternativa,
cercando di ampliare i miei orizzonti culturali. Adesso che mi trovo quasi a
conclusione di esso, posso dirti che è stata una buona scelta. Tornando
indietro però forse non lo rifarei, poiché ha influito molto sulla mia
“passione”, se così vogliamo chiamarla, togliendo ore importanti allo studio
dello strumento.
D: Eppure esiste un corso di studi DAMS anche a
Lecce, a non molti chilometri da Nardò, il tuo paese di residenza. Come mai hai
scelto di continuare a formarti a Roma?
R: Sì, a Lecce esiste qualcosa di simile. Ho visto Roma quasi
come una scelta obbligata perché la vita di paese mi è sempre stata stretta.
Sono una persona dalle ampie vedute e mi piace andare oltre le cose, cercando
sempre qualcosa di nuovo. Roma offre tanti stimoli e opportunità diverse, anche
se bisogna barcamenarsi affrontando tante difficoltà in questa giungla di
asfalto.
Non è facile vivere a Roma e se consideriamo come stanno
andando le cose in questo periodo in Italia, la scelta di stare in questa città
è molto rischiosa e dispendiosa. Sappiamo tutti che gli affitti costano
parecchio e per uno studente non è facile viverci, ma uno si arrangia come può
con l'aiuto anche dei genitori.
D: A tal proposito, il fil rouge che unisce questa e le altre interviste è
la domanda sul rapporto con il territorio.
Sono del parere
che il territorio formi, motivi, educhi e plasmi in qualche modo alcuni lati
del carattere di una persona. Quanto ha inciso sul tuo essere, la terra in cui
sei nato e hai vissuto? Qual è il rapporto che vivi con il paese in cui
risiedi?
R: Io
sono nato e cresciuto fino all'età di diciotto anni in quella splendida terra
che è il Salento. Sento di farne parte a pieno, ma nello stesso tempo mi
distanzio su alcuni punti. Sai, ci sono molte persone che sono radicate al
proprio territorio in maniera eccessiva. Io non sono uno di quelli, voglio bene
alla mia terra, la rispetto, difendo tutte le tradizioni, cerco di farne parte
per quanto posso. Non dimentico le mie origini, ma il mondo è grande e ci sono
nuove culture e musiche da scoprire. Quello che voglio dire è che il Salento
non deve essere ricordato solo per “La notte della taranta”, ci sono veramente
tante altre situazioni, tradizioni, ricordi, storie e canti da ricordare e
riscoprire. Per quanto riguarda il rapporto con la mia città, questo mi rende
assai triste. Pian piano il mio paese si sta lasciando morire; la colpa è di tutti i cittadini che non fanno
nulla per cambiare le cose. Non c'è una vita culturale attiva; l'unico “movimento”
è quello provocato dai ragazzi residenti fuori che si ritrovano a casa per le
vacanze e da qualche bar che propone musica. Per il resto non c'è quasi nulla.
Abbiamo dei posti bellissimi che andrebbero rivalutati e soprattutto vissuti.
D: Suoni presso la Jazz Band di Roma Tre, come
solista o in duo, a dimostrazione che prendi sul serio la tua passione e la
rendi attivamente partecipe del tuo vissuto. Oltre al jazz, che altro tipo di
musica suoni? Qual è il genere che preferisci?
R: Sì,
come dicevo prima la musica, è una parte essenziale di me. E' vero il jazz mi
piace molto, ed è un mondo cangiante sempre in continuo cambiamento. La strada
per acquisire uno stile personale in questo genere musicale è però davvero
lunga e tortuosa. Per fare questo bisogna studiare, suonare e soprattutto
ascoltare tanta musica; è quello che sto provando a fare io. Parlando di altri
generi musicali, potrei dire che mi piace molto il blues, la musica brasiliana,
il country, il folk, il rock ... insomma non disdegno altri generi,
l’importante che si tratti di “buona musica”. In fondo la musica di oggi è un
connubio di tanti stili diversi, e rimanere fossilizzati in un genere o in determinate
etichettature sarebbe davvero stupido. Odio proprio per questo cover band, perché
bisogna cercare la propria strada ed esprimere qualcosa di personale.
D: L’ultima domanda è prettamente personale. Ho
avuto modo di leggere il tuo articolo Al centro della musica tra tradizione & innovazione e l’ho trovato molto interessante; a mio parere rende di te
l’idea di una persona che “ne sa” di storia della musica e che ha un modo
tutto suo di raccontare le cose. Senza dubbio una caratteristica positiva
quando questa si tramuta in un’evasione dagli schemi accademici che sono ormai
un cliché risaputo.
Allora
ti chiedo: hai un periodo storico che preferisci sugli altri?
R: Ti ringrazio per aver letto e citato il mio
articolo, questo secondo me è un buon modo per sfruttare le potenzialità
infinite che la rete ci offre. E ti ringrazio anche per questa fantastica
intervista in cui ho cercato di raccontare la mia esperienza senza troppi
orpelli, in modo da far capire veramente la mia essenza di persona e di
musicista. Se dovessi scegliere un periodo storico, sicuramente farei il
romantico nostalgico e sceglierei forse di vivere o in America negli anni '30, periodo
in cui esplodevano le big band e lo swing, quando le persone danzavano a ritmo
di questa musica che riusciva a far ballare veramente tutti. Non possiamo però
tornare indietro se non con la fantasia, se non inventassero una macchina per
viaggiare nel tempo come nel film “Ritorno al futuro”. Dobbiamo tener conto del
tempo in cui viviamo sfruttando a pieno le potenzialità delle nuove tecnologie,
costruendo idee semplici e coltivando a pieno le nostre arti, senza essere
assorbiti dalla tecnica, riuscendo a creare una strada per esprimerci e far
sentire a pieno la nostra voce. Ti ringrazio ancora Dario per quest’opportunità
che mi hai dato, spero che sia stato esauriente alle tue richieste un saluto e
un abbraccio grande. Buona musica a tutti, alla prossima!